mercoledì 30 gennaio 2013

MAFIA E BANCHE

“IL MONDO DELLE BANCHE IN ITALIA”

Operazione contro la 'ndrangheta
quelle banche compiacenti a Roma
Sequestri della Dia per venti milioni. Società, locali, ristoranti nelle mani delle cosche: con la complicità di insospettabili
di GIOVANNI TIZIAN

ROMA - C'è un cartello criminale targato 'ndrangheta che a Roma gestisce decine di società, locali, ristoranti. Lo fa attraverso una rete diffusa e invisibile di complici. Sono gli insospettabili romani. Notai, immobiliaristi, direttori di banca. Gli arresti di oggi nell'ambito dell'inchiesta "'Ndrina Happy hour" della Procura antimafia di Roma confermano il quadro. Ma l'esercito imprenditoriale dei clan calabresi di stanza nella Capitale è ancora molto forte.

Il cartello. Il duo Alvaro-Gallico, entrambe cosche della provincia di Reggio Calabria, i primi di Cosoleto e i secondi di Palmi, hanno riversato nell'economia capitolina un fiume nero di denaro. La Direzione investigativa antimafia di Roma coordinata dalla procura romana guidata da Giuseppe Pignatone  ha arrestato due persone legate al clan Gallico, da tempo residenti e in affari a Roma.  "'Ndrina Happy hour". E' il nome dell'operazione che conta due arresti- Carmelo Saccà e Francesco Frisina- nove indagati e un sequestrato di beni per  20 milioni di euro. L'ennesimo colpo al cuore economico della 'ndrangheta. "L'indagine dimostra la concreta presenza della 'ndrangheta a Roma", ha dichiarato Arturo De Felice, direttore della Direzione investigativa antimafia



Gallico connection.
Ancora una volta a essere colpita è la famiglia Gallico, che a Roma ha saputo mimetizzarsi molto bene. Nell'ultimo anno diverse indagini hanno intaccato il loro immenso patrimonio. Padroni dei subappalti nei cantieri della autostrada Salerno-Reggio Calabria e imprenditori in grado di gestire locali in pieno centro. Tra gli indagati, anche i prestanome di fiducia di Francesco Frisina e Carmelo Saccà.  I personaggi attorno a cui ruota tutta l'inchiesta. Cognati e soci in affari per contro della stessa famiglia, i Gallico. Lasciano la Calabria per la Capitale nel 2000. E iniziano a investire "sia direttamente che indirettamente in immobili e società notevoli somme di denaro di verosimile provenienza illecita", scrive il gip Simonetta D'Alessandro nell'ordinanza di custodia. Ufficialmente negli elenchi del fisco risultano "prossimi alla soglia di povertà". Eppure acquistano. In brevissimo tempo Frisina porta a termine "una serie di operazione immobiliari e commerciali" con lo scopo di gestire appartamenti, bar, ristoranti, pasticcerie.

Roma attira capitali mafiosi. Perché hanno scelto Roma? La risposta la danno gli investigatori del centro Dia guidato dal colonnello Gregorio De Marco: "Probabilmente la fonte originaria e che ha impresso le direttive generali sugli spostamenti di uomini e capitali (dei Gallico ndr) è da ricercare nel clan Alvaro". Un gemellaggio criminale, quello tra Gallico e Alvaro, che ha radici lontane. Ma che a Roma ha portato grandi risultati per l'organizzazione. L'apripista, l'uomo che avrebbe indirizzato i Gallico verso i circuiti economici della Capitale,  è Vincenzo Adami, cugino di Vincenzo Alvaro, considerato organico alla 'ndrangheta. Adami e Alvaro sono gli stessi a cui è stato confiscato in via definitiva il Cafè de Paris, il centralissimo locale della Dolce Vita. "Ciò che emerge è che l'Adami svolga il ruolo di apripista per gli investimenti di tutti gli affiliati tra cui Frisina e Saccà, nonché parenti e affini degli uomini del clan che intendono concludere affari nel settore della ristorazione, quello ad oggi certamente più affetto da infiltrazioni 'ndranghetiste", si legge nell'ordinanza. Di proprietà della 'ndrina Gallico, secondo gli investigatori, era anche l'Antico Caffè Chigi sequestrato dalla Dia nel 2011 e gestito da una società, la "Colonna Antonina 2004", finita nuovamente sotto sequestro nell'operazione di oggi insieme alle società che gestiscono il ristorante "Platinum" in via Leone IV e al bar Antiche mura, anch'esso sulla stessa via a due passi dal Vaticano. Tra gli indagati anche un "insospettabile" immobiliarista romano, Andrea Porreca. I sigilli sono scattati anche per la sua "Genzano immobiliare". Il gip lo indica tra "i collaboratori e prestanome fidati" di cui Frisina si avvale per gestire gli affari. Un "consigliere", insomma.

Le indagini proseguono. Ma il punto su cui gli investigatori vogliono fare chiarezza è il comportamento di alcuni istituti di credito di Roma. Come è stato possibile, si chiedono, concedere dei mutui a persone con redditi irrisori. Potrebbe essere un secondo filone di inchiesta, ma ci vuole molta cautela. Avrebbero chiuso un occhio almeno tre banche. Su due di queste gli inquirenti non credono alla loro buona fede. Sospettano che la facilità con cui hanno concesso il mutuo agli indagati non sia dovuta solo a superficialità, ma che ci sia stata piena consapevolezza. Una prassi riscontrata anche in altre indagini patrimoniali portate avanti dagli investigatori della Dia di Roma. " Ulteriore anomalia-è stata riscontrata nell'acquisto di un villino", precisa il gip, per il quale Carmine Saccà e la moglie hanno ottenuto un mutuo bancario "prima casa" di 350 mila euro. "Nonostante risultino persone praticamente indigenti a cui è stato negato perfino un piccolo prestito per l'acquisto di un'autovettura usata". Si riferisce alla richiesta di un prestito da parte di Saccà alla Findomestic. Mancando le necessarie garanzie, gli era stato negato. L'opposto di quanto ha fatto la banca per il mutuo del villino. La società finanziaria ha dimostrato di essere più attenta alla provenienza dei soldi di quanto non lo sia stato l'Istituto di credito.

( DA www.repubblica.it DEL 30 GENNAIO 2012)

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