martedì 2 ottobre 2012

Cambogia, giornalista condannato a 20 anni per “insurrezione”




Vent’anni per un inesistente reato di “insurrezione”, un verdetto ispirato direttamente dal primo ministro.
È successo ieri in Cambogia, in quello che rappresenta un duro colpo alla libertà d’espressione nel paese asiatico.
Il cosiddetto “insorto” è Mam Sonando, 71 anni, giornalista, direttore di Radio Beehive, una delle poche voci indipendenti e libere del paese. Mam fa anche parte dell’Associazione dei democratici, un’organizzazione non governativa che promuove i diritti umani e la democrazia (nella foto membri dell’associazione manifestano in suo favore a luglio 2012).
Secondo quanto dichiarato il 26 giugno dal suggeritore della sentenza, il premier Hun Sen, Mam Sonando e l’Associazione dei democratici avrebbero complottato per la secessione dalla Cambogia di un piccolo villaggio della provincia di Kratie, Pro Ma. Tre settimane dopo le dichiarazioni di Hun Sen, Mam Sonando è stato arrestato.
La comunità di Pro Ma da anni è impegnata in una dura lotta per tenere i suoi terreni al riparo dallo sfruttamento dell’industria della gomma. Nel maggio di quest’anno il governo cambogiano ha ordinato lo sgombero dell’area, eseguito con estrema violenza, a tal punto che è stata uccisa una ragazza di 15 anni.
Insieme a quella di Mam Sonando, il tribunale di Phnom Penh (la capitale della Cambogia) ha emesso altre condanne: da 15 a 30 anni per crimini contro lo stato nei confronti di tre attivisti di Pro Ma e a cinque anni per tre abitanti del villaggio. Altri sette contadini, che avevano accettato di fare i nomi di altre persone in cambio di una pena più lieve, sono stati condannati con sospensione della pena.
Mentre il sistema delle concessioni dei terreni finisce sotto osservazione da parte delle Nazioni Unite (dal 2003 oltre 400.000 cambogiani sono stati sgomberati dalle loro terre), il 2012 è davvero un anno nero per la libertà d’espressione in Cambogia: manifestanti pacifici, difensori dei diritti umani, giornalisti che hanno idee critiche nei confronti del governo o che prendono parte alle lotte per difendere le loro terre e le loro case, sono sotto il mirino delle autorità e dei tribunali da loro controllati. Ad aprile, è stato ucciso un attivista per il diritto all’ambiente.


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