mercoledì 31 agosto 2016

Il doppio Festino palermitano: La festa della Madonna del Carmelo a Ballarò



IL “SECONDO FESTINO DEI PALERMITANI”
OVVERO LA FESTA DI MARIA SS DEL CARMELO A BALLARO’


L’ultima domenica di luglio, per il mercato di Ballarò, è singolare, nei giorni feriali vale la più grande confusione, una trama di merci e di gente, di vociare e fare gesti, ma il top è alla fine del mese di luglio: “Viva Maria Santissima del Carmelo”!
Il pomeriggio, quello di questa speciale ultima domenica di solleone, che vede ritualmente la fuga dei palermitani verso il mare, all’Albergheria è festa grande: “U secunnu fistinu”!, e per tutti gli abitanti vige “l’obbligo morale” di essere presenti.
Addirittura, molti fanno ritorno dagli altri quartieri e, altri, gli esuli, rimpatriano per stringersi alla Santa Patrona: la Madonna del Carmelo, dichiarata “Patrona della città di Palermo dalla corte senatoriale palermitana l’8 novembre del 1688”.
E Santa Rosalia? Nessuna paura, sono molto amiche…, e poi, devo confessarvi che tutti i palermitani hanno un culto particolare per le donne e per la madre…, la Madonna?, non è la madre di tutti noi?
A guardarla da fuori, la chiesa ci appare con una patina di degrado che la fa assimilare al contesto chiassoso, usurato e mercantile della zona, ma, allo stesso tempo, ne rivela l’immensa e possente mole!
In questo luogo si stabilirono i frati Carmelitani giunti a Palermo nel lontano 1238 e cocci, e, da allora, si sono attaccati all’Albergheria e poi a Ballarò, come una patella allo scoglio!
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Ugo Arioti

martedì 30 agosto 2016

l terremoto e l'informazione: il coraggio del rigore

l terremoto e l'informazione: il coraggio del rigore

Basta con la falsa par condicio: non ci interessano tutte le opinioni, ci interessano le opinioni di chi sa di che cosa parla. Altrimenti, davvero, basta un click: ma stavolta per spegnere questo frastuono assordante di falsità

ORA che abbiamo capito che sul web, insieme alla stragrande maggioranza di normalissimi navigatori, ci sono anche "hater" e "webeti", odiatori e creduloni, possiamo iniziare a fare il nostro lavoro. Possiamo recuperare una regola aurea, poco cinica, quindi se volete poco in linea con i tempi, ma che io credo debba essere il nostro punto di partenza e il nostro fine: avere rispetto per il lettore, per il telespettatore, per il cittadino. E ora che abbiamo tutti riscoperto la correttezza sui social, quella netiquette che sembrava ormai naufragata e irrecuperabile, cerchiamo anche di applicarla dove veramente serve e dove può fare la differenza: la televisione, la carta stampata, i siti di informazione e il nostro modo di conoscere e interpretare il mondo.

I social, si sa, mostrano sempre reazioni schizofreniche quando commentano un avvenimento, perché non hanno un'anima sola. Sui social c'è chi la pensa esattamente come me e chi la pensa nel modo opposto. Sui social c'è chi legge e basta e chi non legge e commenta. C'è chi ha un atteggiamento conciliatorio e chi cerca lo scontro. Non è detto che sui social chi è combattivo e alza i toni lo faccia anche nella vita relazionale, come è vero che ciascuno di noi cambia tono, argomenti, comportamento a seconda della situazione in cui si trova, del contesto, degli interlocutori. E i social, con la loro empatia, la loro rabbia, il loro livore, la loro delicatezza e la loro violenza, si sono confrontati con le conseguenze del terremoto. Ma come? Raccogliendo e rilanciando di tutto e di più, com'è nella natura di questa "rete" senza rete: anche tante accuse, offese, notizie non provate. Ma si può dire, forse, che tutto ciò che è venuto prepotentemente fuori sui social dopo il terremoto possa essere letto, quasi fosse una cartina di tornasole, come il conto presentato all'informazione italiana, cioè al modo in cui ha trattato i suoi utenti, oltre che agli utenti stessi, che hanno abdicato alla loro funzione di controllo.

Sì, la realtà che il terremoto nel centro Italia ha portato alla luce è amara e tragica, e lo è ancora di più perché dopo la strage dell'Aquila (riesce qualcuno di voi ancora a chiamarlo semplicemente terremoto?) tutti sapevamo quali fossero i rischi, le probabilità che la strage si ripetesse, e nessuno, o quasi, ha fatto nulla. Certo, abbiamo avvertito i nostri lettori, spettatori e navigatori sui rischi della ricostruzione, abbiamo detto che si sarebbe dovuto mettere a norma gli edifici, almeno quelli pubblici, nei territori a rischio. Ma, poi, chi è andato davvero a controllare fino in fondo? Quanti di noi lo hanno fatto? Certo, un terremoto non si può prevedere: ma i danni si possono e si devono arginare, si possono prevedere i suoi effetti. E l'informazione ha avuto una progressione da manuale: il "rispettoso silenzio" - e sacrosanto - la netiquette, mentre ancora si estraevano i corpi dalle macerie, hanno lasciato il posto ai j'accuse soliti, sempre uguali. Alle interviste agli esperti, alle omelie dai pulpiti.

E nel momento della caccia alle streghe non c'è nessuno che sappia riconoscere la strega che alberga in se stesso. Ora tutti si affannano a dire che dopo L'Aquila (quindi dal 2009) i soldi c'erano ma che sono stati spesi male. Ma questo lo sapevamo già: lo immaginavamo. E lo sapevamo perché sapevamo che non c'è stato alcun serio controllo, sapevamo che i controllori hanno rapporti con i controllati, e che spesso hanno un tornaconto per cui quindi si chiude un occhio, e a volte due. Domanda: perché è dunque successo tutto questo? Che cosa non ha funzionato? Quali meccanismi sono scattati, o meglio non sono scattati, nel nostro sistema di difesa, che nel nostro caso si chiama anche sistema di informazione?

Intanto,?le vittime di oggi ?forsesono anche vittime della crisi, perché solo in pochi hanno ammesso che la messa in sicurezza di Norcia è avvenuta in un'altra epoca. Ma continuando ad analizzare il rapporto tra social e informazione, è evidente che non possiamo affidare la correttezza della seconda ai primi: sarebbe come voler arginare il mare, in mare. È ovvio che in un Paese come l'Italia tutto deve ripartire necessariamente dall'autorevolezza dei media. Ora che abbiamo evidenziato il webetismo ("webete", termine coniato da Enrico Mentana) facciamo dunque un passo avanti, e smettiamo di dare voce (non è censura, non lo è affatto) ai disinformatori di professione, a chi non ha alcun talento se non quello di andare in televisione, fare polemica, alzare quel tanto che basta la curva degli ascolti facendo danni che spesso sono irreparabili. La televisione è un opinion maker importantissimo, imprescindibile nel nostro Paese: si assumano allora le reti pubbliche e private la responsabilità di dare voce a chi parla perché sa, a chi dà informazioni verificate e verificabili. E si smetta di dare credito a chi diffonde leggende metropolitane (Giorgia Meloni che invita alla donazione del jackpot del Superenalotto per ricostruire Amatrice), a chi semina odio (Matteo Salvini sui migranti e i loro falsi soggiorni in hotel a cinque stelle).

Mentre seppelliamo i morti di Amatrice, sta per iniziare una nuova stagione televisiva, un nuovo anno per l'informazione e l'intrattenimento. Il mio invito, che è spero anche la pretesa di chi mi legge, si chiama rigore: rigore nell'intrattenimento e rigore nell'informazione. Certo, anche nell'intrattenimento: perché leggerezza e evasione sono cose legittime, ma il rigore e la correttezza devono esserne sempre la cifra. Il mio invito, e la pretesa di chi ci legge, è quello di chiudere la porta alle leggende metropolitane in tv (vaccini che causano autismo, scie chimiche, Club Bilderberg), a quei discorsi infiniti, a ore e ore di parole che dette con leggerezza fanno danni incalcolabili. Il mio invito, e la pretesa di chi ci legge, è la richiesta di una informazione che davvero "serva": servizio privato e pubblico vero, orientato a un dibattito pubblico oltre i dettami di questo storytelling forzatamente positivo, da strapaese, e che tollera anche la fandonia, la falsa notizia, quella che fa più scalpore - e magari più click.

Se crollano interi paesi, è anche (sottolineo anche: stiamo parlando di un terremoto) perché nonostante i fondi stanziati i lavori non sono stati mai fatti, e non sono stati fatti a dovere, nel silenzio di chi avrebbe dovuto controllare (e raccontare). Basta con la falsa par condicio: non ci interessano tutte le opinioni, ci interessano le opinioni di chi sa di che cosa parla. Altrimenti, davvero, basta un click: ma stavolta per spegnere questo frastuono assordante di falsità.

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Il capitano dei carabinieri si vede sparire il computer del suo ufficio, e dopo poco tempo lo trova in una cella di una prigione. Lo riprende per riportarlo in ufficio e il giorno dopo gli sparisce nuovamente e dopo di che lo ritrova di nuovo nella solita cella. Il giorno successivo ancora vede un carabiniere che all'atto di spegnere il computer lo prende e gli fa: "sei tu che sposti sempre il mio computer nella cella carceraria?" e il carabiniere: "sì capitano, sono io" e il capitano gli fa: "ma perché lo porti sempre nella cella" e il carabiniere: "quando lo spengo sullo schermo appare sempre la scritta 'il computer può ora essere arrestato' e io eseguo le istruzioni"

giovedì 25 agosto 2016

Identità culturali e aree metropolitane

   



Identità culturale e area metropolitana -   

Identità culturale e disegno del territorio sono, da sempre, la decodificazione e materializzazione del pensiero umano sul luogo dove risiede e vive, o, semplicemente, lavora.
Ragioniamo, allora, su questi due cardini, o, se avete altre visioni particolari, “piani paralleli”, della città contemporanea. Il tema dell'identità culturale è fondamentale per uno sviluppo “armonico” del territorio. Cos’è?, in parole povere, è il catalizzatore della cultura degli uomini in un luogo. Ricollegandomi al pensiero “classico” potrei dire che è la cultura degli uomini che abitano una regione geografica definita da confini naturali e che si amalgama con le potenzialità del luogo creando quello che i romani hanno battezzato: Genius Loci.       
    Da questo "centro" si sviluppa la trama urbana, il suo disegno etnostorico: quello che leggiamo quando visitiamo un paese e ci immergiamo nelle sue aree più "sincere", i mercati. L'altra parallela che dobbiamo considerare, in questo ragionamento sull'identità, è quella dell'area metropolitana.
Cos’è l’area metropolitana?

L’area metropolitana è una zona circostante un'agglomerazione (o una conurbazione) che per i vari servizi dipende dalla città centrale (che chiamiamo per definire l'innesco del sistema: metropoli) ed è caratterizzata dall'integrazione delle funzioni e dall'intensità dei rapporti che si realizzano al suo interno, relativamente ad attività economiche, servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 
   Elementi necessari affinché esista una vera e propria area metropolitana sono, in particolare, la presenza di una rete di trasporti che colleghi tra loro i diversi ambiti urbani e la presenza di forti interazioni economico/sociali/culturali all'interno dell'area stessa.
    È difficile individuare un chiaro confine dell'area metropolitana perché questo, spesso, è dato proprio dall'esistenza di forti interazioni tra le diverse parti che compongono l'area metropolitana (grande città e cittadine o paesi del circondario individuato come area metropolitana che gravitano sul centro principale).
   Le amministrazioni locali dei centri minori dell'area, gioco forza, devono delegare, molte volte,  parte delle proprie competenze ad un coordinamento centrale che superi gli ambiti locali al fine di garantire una corretta ed economica gestione dei servizi essenziali dell'area metropolitana. 
    In questo caso, laddove esiste un ente di coordinamento centrale, è possibile avere una chiara indicazione dei confini dell'area metropolitana, almeno dal punto di vista legislativo/esecutivo.
    Come è chiaro, allora, non ci sono e non sono stati creati i presupposti socio/culturali per l'integrazione e l'interazione tra le parti, ma parametri economici che rendono obbligatoria una maggiore disponibilità di tutti a partecipare a un servizio a sistema unico come quello dei trasporti e della raccolta dei RSU.
     Questo, naturalmente è un limite, seppur necessario, che pone tutte le città italiane nella condizione di una crescita disordinata e caotica. 
      Mi sposto, ora, nuovamente sul versante dell'identità culturale, perché credo che sia questa la chiave di lettura che i sindaci e gli amministratori dei comuni italiani devono ricercare, e la devono trovare, partendo da un fattore comune a tutti: la presenza di un vastissimo patrimonio storico - culturale.   
     Il tema dell’identità è diventato, oggi, un tema sempre più ricercato dagli urbanisti e dai tecnici della pianificazione territoriale. Spesso, però, viene posto come obiettivo finale delle politiche urbane e territoriali. Ciò, naturalmente, perché per molti dovrebbe risolvere le politiche dell'amministrazione locale, ... è, di più, un tema ricorrente nella ricerca scientifica, nei dibattiti pubblici, perfino tra la gente comune che non si interessa ai problemi filosofico-urbanistici, ma che vede nel luogo dove ha sviluppato la sua vita il centro del suo "piccolo universo", non incline a sperimentazioni dottrinali che, spesso, finiscono per creare i grandi guasti delle città metropolitane: periferie squallide e uguali, senza identità e, talvolta, anche senza servizi.
    Basti ricordare, ad esempio, i grandi interventi sulle cosiddette “centralità” a Roma, gli interventi in zona Garibaldi a Milano o gli interventi per le Olimpiadi invernali a Torino, dove spesso  le politiche pubbliche assecondano, soltanto, le grandi operazioni immobiliari. Realizzazioni che, non solo cambiano radicalmente e direttamente il volto della città, ma – come tutti i meccanismi di valorizzazione economica – determinano trasformazioni indirette ancor più radicali, influendo sull’andamento del mercato immobiliare e causando i grandi processi di espulsione della popolazione e di trasformazione sociale (con il connesso, spesso doloroso, fenomeno degli sfratti).

  Nel suo saggio sulle identità urbane: pratiche, progetto, senso dei luoghi, Maurizio Carta, ci ricorda che: "I problemi legati all’identità esplodono proprio in quei contesti urbani dove “si perde l’identità”, dove le tensioni trasformative sono più forti e si traducono in conflitti accesi. Tant’è che la presenza di importanti e significativi movimenti urbani e la formazione di comitati e associazioni locali sembrano spesso, più che (o non soltanto) l’espressione di un tessuto sociale attivo, consistente e radicato in culture e dinamiche preesistenti, il segnale di quanto questo tessuto si senta minacciato e reagisca in qualche modo alle trasformazioni che sente sempre più incalzanti e inarrestabili. Ne sono esempi il quartiere San Salvario a Torino, il quartiere Isola a Milano, il rione Monti a Roma, San Berillo e il Quartiere Fiera a Catania, il Quartiere Brancaccio a Palermo,".
     Ciò ci porta, quindi, a parlare di identità e contesti urbani socio/culturali, perché la conformazione degli spazi influisce fortemente sull’identità, ma analogamente i processi sociali e culturali conformano gli spazi. Cosa che già il nostro antropologo e medico palermitano, Giuseppe Pitrè, ai primi del Novecento aveva capito, indicando nella cultura popolare un patrimonio immateriale da tutelare e valorizzare. Certo, non è un parametro o una variabile semplice e univoca, ma si tratta di un rapporto biunivoco, che va  oltre la locuzione “fatti sociali formati nello spazio” (Bagnasco, 1994) che ha poi avuto fortuna in Italia negli anni ’90, ma che ancora interpreta lo spazio come uno “sfondo” o che comunque mantiene separate le due dimensioni, quella spaziale e quella sociale in dipendenza dell'unica linea politica scelta dal sistema "Occidentale" del Mercato libero: La Finanza generale (non l'economia territoriale). 
    E qua, rifacendomi proprio agli studi del Pitrè e di Salvatore Salamone Marino, che indicano la strada principale nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio immateriale voglio fare un accenno all'identità e agli immaginari urbani. 
   Non bisogna sottovalutare le dimensioni immateriali che influiscono sulla formazione delle identità e sul progetto urbano. Importante è sottolineare la rilevanza degli immaginari urbani e delle rappresentazioni sociali, sia quelle prodotte localmente nell’ambito delle collettività interessate, sia quelle prodotte in contesti più allargati riguardo ad ambiti specifici. Perché, detto in parole povere, anche la città e l'area metropolitana si comporta come un accumulatore di culture e di pensieri. Tutti possiamo pensare ad  un suo specifico territorio, un quartiere  e, di quello, ne dichiariamo le nostre idee e tabù e, allo stesso tempo, dal quartiere, la gente che lo abita, crea le sue immagini del centro ... più storico, più commerciale, più ufficiale ecc. ecc...
      Il discorso, come si può constatare da questi brevi appunti che vi sto esponendo, è vastissimo e si presta a interpretazioni e interventi multidisciplinari e diversi. Vorrei, allora, riportarlo al suo inizio e concludere! Abbiamo visto che è il luogo che crea una sua gerarchia di rapporti ed è l'uomo che genera i piani su cui questi rapporti trovano sviluppo e soluzione. Che il danno della funzionalità urbana e della sua Economia finanziario/immobiliare ha, sempre più spesso, trasformato queste aree in dormitori e contenitori disordinati di cose che non hanno un identità precisa. Questo è sotto i nostri occhi, ma vediamo, al contempo, che questo disagio crea dibattito e antagonismo con il potere centrale, quindi porta verso una nuova o, semplicemente, diversa interlocuzione amministrativa. 
     Infine, riscopriamo, che è la valorizzazione di questo immenso patrimonio immateriale di culture popolari che va tutelato e valorizzato. Perciò, permettetemi di tirare le fila del discorso dicendo che  si intravede l’opportunità di una riflessione interdisciplinare spinta ad interpretare l’identità in termini di un processo evolutivo, in cui interagiscono componenti ambientali, urbane, sociali e culturali. 
     Abbiamo visto come su questo incidono non solo le componenti legate alla memoria e all’identità storica, ma anche quelle derivate  dalle forme di appropriazione materiale e simbolica, dai processi di significazione, dalle "idealizzazioni" sociali e dagli immaginari collettivi.
    Il problema, dell'area metropolitana e della sua identità, quindi non è  la mancanza di identità, scusate il gioco di parole, in sé e per sé, o l’identità minacciata, o la resistenza ai processi di omologazione globale, tutti fenomeni che pure possiamo facilmente riscontrare nei processi di costruzione della città contemporanea, quanto piuttosto la problematicità delle forme di espansione e riappropriazione di quella capacità progettuale che è già diffusa nel tessuto sociale. 
     Scusatemi l'impertinenza, ma noi siamo talmente ricchi di identità storico culturali che potremmo ridisegnare da capo le nostre città, solo ripartendo da questa eredità attivata, questa volta, dal dibattito culturale territoriale, sviluppato su base paritaria e non obbligato a regole fisse che servono a incrementare o svalutare il costo delle aree metropolitane! La Legge urbanistica del 1942, se da un lato è servita a organizzare la ricostruzione, dall’altro ha cancellato con gli standard unici il meccanismo di riappropriazione identitaria dei luoghi attraverso la cultura dei popoli insediati.
Allora, se, da una parte, è pericoloso pianificare e progettare l’identità, o con l’identità, dall’altra, l’obiettivo che si pone al pianificatore attento è piuttosto quello di favorire le forme e i processi di riappropriazione materiale e simbolica della città, sia in termini partecipativi (cittadinanza attiva), sia in termini di modalità e pratiche concrete di costruzione della città e di definizione dei luoghi che non devono essere legati solo da sistemi macroeconomici e servizi.
    Grazie, per la pazienza, Ugo Arioti architetto

martedì 23 agosto 2016

Roma brucia Roma


"Roma brucia già da ieri quando nella zona della Magliana si è sviluppato un incendio di grandi dimensioni che ha danneggiato 50 carcasse di vetture in un autodemolitore, lambito abitazioni, negozi, strutture sanitarie ed anche il canile municipale della Muratella, dove però non è stato necessario sgomberare gli animali. Fiamme che hanno impegnato i soccorritori fino alle 2 di notte. Ed ancora oggi incendi di grandi dimensioni da Civitavecchia a Ladispoli da Nettuno a Castel Fusano e tanti altri nella Capitale, dalla Salaria alla Magliana a Corviale, fino ad Ostia Antica.
Quella del 2016 a Roma è stata un'estate da dimenticare, solo dal 15 giugno a metà agosto sono stati 500 gli incendi, il doppio rispetto all'anno scorso. Il momento più critico a luglio: un vasto rogo ha interessato la via Pontina all'altezza dell'uscita di Castel Romano e ha impegnato per diversi giorni squadre di volontari e operatori di protezione civile che distribuirono 15.000 bottigliette d'acqua ai poveri automobilisti rimasti incolonnati".
(da repubblica)

Sembra che "qualcuno", magari legato a un partito prima al potere a Roma, voglia mandare un segnale di ALT alla Raggi, impegnata a capire come si può governare una città non comune, la capitale d'Italia. Mai si è assistito ad un impegno su diversi fronti dei PIROMANI a Roma dopo NERONE! La MAFIA si sta mobilitando per difendere quello che ritiene suo e che il PD e, ancora prima Alemanno (PDL), le avevano regalato a discapito dei romani e di tutta l'Italia che paga i debiti della sua capitale.
Ugo Arioti

lunedì 22 agosto 2016

E' morto a 94 anni Toots Thielemans

Aveva 94 anni. E' stato uno degli armonicisti più celebri della storia: aveva suonato anche nella colonna sonora di 'Un uomo da marciapiede'

 E' morto a 94 anni Toots Thielemans, uno dei jazzisti più celebri del panorama internazionale. Leggendario armonicista e chitarrista, Thielemans era nato a Bruxelles nel 1922. Il musicista, che viveva a La Hulpe, si è spento nel sonno nell'ospedale dove era ricoverato da un mese per i postumi di una caduta.

Theliemans aveva iniziato a suonare la fisarmonica a tre anni. Passò all' armonica a bocca nel 1939. Due anni dopo ascoltò Django Reinhardt, il grande chitarrista gitano, e comprò la sua prima chitarra. Scoprì più tardi il be bop di Charlie Parker e volò per la prima volta negli Stati Uniti nel 1947. Iniziò le sue collaborazioni straordinarie con Benny Goodman, che lo scritturò per un tour in Europa. Dopo, gli incontri ravvicinati a suon di swing divennero sempre più frequenti: con la cantante Dinah Washington, con il pianista George Shearing dal 1953 al 1959, e poi come richiestissimo sessionman con Peggy Lee, Quincy Jones, Paul Simon, Oscar Peterson e altre star di prima grandezza.

L'elenco delle sue collaborazione è comunque lunghissimo e comprende Ella Fitzgerald, Charlie Parker, Bill Evans, Gilberto Gil, Dizzy Gillespie, Pat Metheny e tanti altri. Il suo merito principale è aver portato nel jazz l'armonica cromatica, elevandola al rango degli altri strumenti.

"Toots" ha lasciato il segno anche nel cinema, contribuendo a molte colonne sonore, tra cui quella del cult movie Un uomo da marciapiede, Sugarland express e Getaway!. E uno dei più apprezzati modelli di armonica cromatica porta il suo nome: la "Toots" della Hohner.

sabato 20 agosto 2016

Twitter contro il terrorismo: bloccati 235mila account


Twitter contro il terrorismo: bloccati 235mila account

Sono 360mila i profili bloccati in un anno, ma negli ultimi sei mesi le sospensioni sono raddoppiate
LA LOTTA lotta al terrorismo sui social network non si ferma. Negli ultimi sei mesi Twitter ha sospeso 235mila account che promuovevano il terrorismo sulla sua piattaforma. Un'azione di censura per impedire l'uso del social network a fini estremisti che già in passato, tra la metà del 2015 e febbraio, aveva portato alla chiusura di 125mila profili. Lo ha affermato l'azienda con un comunicato stampa, ribadendo la condanna verso ogni forma di violenza ed estremismo: "Il mondo sta assistendo a un'ondata di mortali e aberranti attacchi terroristici. - si legge. - Condanniamo con forza questi atti e rimaniamo impegnati a eleminare ogni sorta di promozione di violenza o terrorismo dalla nostra piattaforma".

Tra nuovi e vecchi numeri, in totale sono 360mila gli account bloccati quest'anno. A preoccupare è il numero più che raddoppiato delle sospensioni giornaliere aumentate dell'80% rispetto allo scorso anno, con picchi registrati soprattutto nei giorni successivi agli attentati. Motivo per cui l'azienda ha deciso di ampliare gli "squadroni" addetti al monitoraggio del flusso e delle segnalazioni: non solo nel numero, ma anche nelle ore di lavoro. Saranno attive h24 e gli addetti avranno a disposizione strumenti anti-spam e di traduzione ancora migliori, dal momento che un terzo degli account sospesi è stato individuato proprio grazie ad essi. "Non esiste un algoritmo magico in grado di identificare contenuti terroristici su internet. Per questo continueremo a investire nella tecnologia e a impegnarci".
Da quando è nato il social media si è imposto come una "piazza globale" in cui l'opinione di tutti è ben accetta. Eppure i buoni propositi vengono spesso messi in discussione da troll, estremisti e ora anche terroristi pronti a spargere paura e minacce. Motivo per cui la piattaforma è spesso finita sotto i riflettori con l'accusa di non fare abbastanza per contrastare il fenomeno e l'odio. Tramite "cinguettii" l'Is e i suoi affiliati pubblicano la propaganda del terrore, ma non solo: di recente anche Boko Haram ha rilasciato via Twitter un video che riprendeva le studentesse di Chibok, in Nigeria, rapite nell'aprile 2014.

mercoledì 17 agosto 2016

Racconti in pillole: Lettere dall'iperspazio



Racconti in pillole si arricchisce di un "terzo stadio", quello delle e-mail di persone sconosciute che piovono su tutti noi, sono quelli   che scrivono (con l'ausilio di traduttori on line gratuiti) da altri Paesi del mondo per trovare agganci o per truffare o, almeno, soffiare....!!! Credo che siano delle "autocitazioni comiche", con tutto il rispetto per le ragioni di chi le invia, invece, per necessità, con sincerità e coraggio. Ne raccoglieremo in questa rubrica alcune, ovviamente trasformando i nomi e gli indirizzi e-mail in alias di fantasia!
Ugo Arioti


Ciao!
Te come stai? Ti auguro tutto meraviglioso!!
Ti ricordi di me (ma chi è?, dico io!), so che il vostro email,
non poteva rispondere presso voi (e presso di chi?, allora?).
Chi sono, ciò che scrivo, probabilmente siete confuso?(Assai!)
Spero che tu mi risponda? (Perchè?)
Il mio nome è Alena. Volete darmi il vostro nome? (No!)
E 'difficile parlare di me, ma cercherò di scrivere un po', donna
allegra, socievole, di bella presenza...  allegra e spiritosa...
Mi piace conoscere gente nuova, fare amicizia.... Lei non è stanco?(No! Ma a te...?)
Continuo? Sto scrivendo su di me, perché e meglio che mi comprenda per quello che sono. Le dispiace? (A mia?, veramente un mi...ma...!?)
Mi piacciono i ragazzi! Sono una persona attiva, propositiva e positiva e che amo viaggiare e stare in compagnia degli amici.
Voglio incontrarmi con te, sarò lieta di ricevere la vostra lettera.
Io mostro le mie fotografie e tu vedi. Io continuerò a scrivere di me
stesso nella mia prossima lettera, ora sto aspettando la tua storia.
Se facciamo amici incontrare e prendere una tazza di te. Rispondimi a questa email: alena.nacchoanciova@gimail.compiacere
See you soon!

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