venerdì 25 marzo 2016

E' morto a Roma, dopo una lunga malattia, Paolo Poli - fantasia e genio di un poeta della scena

 
E' morto Paolo Poli, l'amico di tante sere televisive, io ragazzo; sere di fantasia in bianco e nero, prima del colore. Un ragazzino poeta che volava sulla scena  e davanti ai nostri avidi occhi con una leggerezza e una accattivante visione fiabesca del Mondo! 
Ciao Paolo, sono tutti li, oggi, a cercare di spartirsi la tua eredità culturale che non è di nessuno in particolare, ma di tutti noi che ti abbiamo seguito sempre con la gioia di bambini che vogliono e cercano la magia e la poesia per continuare il viaggio.
Così ti ricordo e ti penso, con un fantasioso vestito di scena e un cilindro o una parrucca, ma sempre col tuo cravattino, in doppio petto, col tuo sorriso e la tua gioviale maschera, mai corrotta o sporcata dal sistema.
 

martedì 22 marzo 2016

LA GUERRA ASIMMETRICA DEL TERRORE

La chiamano "guerra asimmetrica" dimenticando che  gli "arabi"  hanno costruito sempre modelli simmetrici e speculari; le apparenti asimmetrie altro non sono che i danni e gli errori del sistema "Occidentale" capitalistico e imperialista che ha sponsorizzato, attraverso internet  i social network e la CIA, una finta "Primavera Araba".
Eliminare i dittatori, la parola d'ordine, ma cosa resta dopo e, soprattutto, come si gestisce il passaggio tra dittatura e democrazia, questo nessuno poteva e voleva immaginarlo. 
Eppure, Busch padre, nella sua follia militare (la prima guerra per salvare gli amici petrolieri non meno dittatori e privi di scrupoli di Saddam Hussein) si era fermato senza sfondare la porta alle mura dell'ombelico del Mondo lasciando al suo posto (umiliato , ma in vita) proprio Saddam che,invece, fu impiccato all'alba del 30 dicembre di dieci anni fà da un altro Busch (figlio) che, nel 2003, decide, portando prove false all'ONU, che L'IRAQ deve passare, definitivamente, sotto il controllo degli Stati Uniti e dei suoi alleati inglesi (pirati e corsari per natura e interessi economici).
E' da Bagdad che comincia la campagna imperialista americana per imporre il gendarme corrotto americano al Mondo e da qui che ricomincia la guerra fredda e che trasformerà anche l'istituzione internazionale che ancora chiamiamo Organizzazione delle Nazioni Unite da Palazzo di vetro a Palazzo di fumo.
Busch, intanto, ha permesso di creare un organizzazione paramilitare, ben addestrata e organizzata con la formazione speciale data dai servizi segreti americani e inglesi, a un miliardario arabo cresciuto in seno alla Statua della Libertà: Bin Laden.
Bisogna ricordare sempre che in Medio Oriente c'è la spina ISRAELE, altro Stato generatore di tensioni nel Mondo Arabo che non ha il Petrolio e le Roll Roice.
La spirale fondamentalista cresce e si sviluppa e, ancora una volta, l'America si prende il ruolo di sbirro del Mondo e si impantana in quell'Afganistan da cui pure i russi in precedenza si erano impelagati ed erano, infine, andati via. 
La parola d'ordine: vogliamo la testa di Bin Laden. 
Ma Al Qaeda, la creatura fondamentalista si ramifica e si diffonde dall'Asia all'Africa, passando per quel Medio Oriente, dove i nazisti israeliani hanno assassinato l'unico uomo che poteva fermare la guerra (Yāser ʿArafāt), e arriva in Europa, sviluppandosi intorno alle periferie di Parigi e Bruxelles e Madrid.
La follia di una guerra contro i "dittatori" porta a compiere errori su errori, sottovalutando il fatto che cellule terroristiche nascono, come funghi, in tutto il Mondo "Occidentale" foraggiate dall'alleato medio orientale degli USA: L'Arabia saudita e gli emirati del golfo.
Eliminare Gheddafi è stato l'ultimo colpo al castello di carte messo a barriera delle democrazie occidentali.
Oggi, nessuno che sia lungimirante e razionale, può pensare di mettere piede in Libia per sconfiggere il califfato dei boia senza legge e religione che si fingono fondamentalisti e che drogano i loro stessi figli per mandarli come bombe umane in quell'Occidente che li ha sempre snobbato.

Ugo Arioti

lunedì 21 marzo 2016

Un giorno nuovo tra Usa e Cuba


Obama: "Un giorno nuovo tra Usa e Cuba". Castro "Restano profonde differenze. Revoca totale dell'embargo"

 


È il loro terzo incontro dalla ripresa delle relazioni diplomatiche nel 2014, il primo sul suolo cubano. Il presidente Usa rende omaggio con una corona di fiori al monumento di José Martí, eroe nazionale cubano. Google pronta a estendere rete wi-fi e banda larga sull'isola
L'AVANA - Malgrado gli sforzi di Barack Obama e della sua amministrazione "serve la revoca totale dell' embargo Usa" su cui l'ultima parola spetta al Congresso. Così il presidente cubano Raul Castro nella conferenza stampa congiunta con Barack Obama a Cuba, cui ha riconosciuti gli sforzi compiuti per riavvicinare i due Stati. Per Castro è "essenziale revocare l'embargo perchè ha effetti intimidatori". Obama, che ha raggiunto il leader cubano al Palazzo della Rivoluzione all'Avana nel quadro del processo di normalizzazione trai due Paesi, ha subito replicato: "L'eliminazione totale dell'embargo dipende dal Congresso".  "La tempistica" della revoca dell'embargo a Cuba da parte del Congresso, ha spiegato, "dipende dal superamento delle divergenze tra noi e Cuba sui diritti umani. Non so quando, ma l'embargo finirà".

"Un nuovo giorno tra Usa e Cuba". "Questo è un giorno nuovo tra Usa e Cuba", ha detto il presidente Usa. "Non guardiamo al passato - ha aggiunto - ma andiamo avanti".
È il loro terzo incontro dalla ripresa delle relazioni diplomatiche nel 2014, il primo sull'isola. Dopo quasi novant'anni, un presidente americano è tornato a Cuba.

domenica 20 marzo 2016

PROGRAMMA GENERALE DELLA BIBLIOTECA DI ETNOSTORIA PER L'ANNO 2016

PROGRAMMA GENERALE DELLA BIBLIOTECA DI ETNOSTORIA PER L'ANNO 2016 - dedicato alla CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO dalla MORTE di GIUSEPPE PITRE' e SALVATORE SALOMONE MARINO
 
 
12 marzo ore 18.00 - Presentazione del libro di Benedetta Tomasello "La maitresse du poète"
 
29 aprile ore 17.30 Vernissage della mostra di Francesco Silvestri ed Emilio Angelini " Coltivare l'Arte"
a seguire presentazione del libro di Francesco Laterza " Verbo di Dio"
 
30 aprile ore 11.00 nell'ambito della mostra dibattito sull’identità del lavoro artistico nei movimenti contemporanei e loro radicamento nel territorio
con Francesco Silvestri ed Emilio Angelini
Moderatore Ugo Arioti
 
20 maggio ore 16.00 “Il teatro si arrampica sul muro” di Riccardo Ascoli
Presentazione Ugo Arioti
 
27 maggio 2016, ore 11,00 - Comando Regione Carabinieri Sicilia – Caserma Carlo Alberto Dalla Chiesa – Palermo
CELEBRAZIONE CENTENARIO DALLA MORTE DI PITRE' e SALOMONE MARINO
Aurelio Rigoli – Pitrè, Salomone Marino e le identità siciliane.
A proposito delle Edizioni Nazionali di Giuseppe Pitrè e Salvatore Salomone Marino.
Francesco Cannatella - L’epistolario di Giuseppe Pitrè
nell'ambito della manifestazione avverrà:
la consegna del Premio Straordinario alla carriera “ Pitrè – Salomone Marino” ad Adelfio Elio Cardinale e ad Annamaria Amitrano.
 
27 maggio 2016, ore 17,00
Palermo – Biblioteca di Etnostoria – Complesso Steri
Seminario sul tema: Pitrè, Salomone Marino e la Storia della Medicina
Relazioni di Aldo Gerbino, Giuseppe Di Gesù e Renato Malta.
Presiede Adelfio Elio Cardinale
 
09 settembre 2016, ore 16,30
Fondazione Villa Piccolo, Capo d’Orlando (ME)
Convegno: Identità culturali e Aree Metropolitane
 
28 ottobre 2016, ore 16,30
Polo Museale Ucria (ME)
Presentazione del Volume (a cura di Aurelio Rigoli) “Cosmopoli. Perimetri Globali per le Scienze dell’Uomo”
per informazioni e prenotazioni telefonare al 3477752726 Sig.ra Daniela La Brocca o scrivere ai seguenti indirizzi di posta elettronica: labroccad@libero.it / ciepaler@gmail.com

sabato 19 marzo 2016

Il Progetto EPISTEME - Teatro Identità

Il progetto "EPISTEME - Teatro identità o Teatro delle Identità", muove i suoi primi passi nel laboratorio culturale della Biblioteca di Etnostoria a Palermo, nel Plesso storico di Palazzo Steri alla Marina. Il capo progetto è anche il Direttore della Biblioteca della Fondazione "Professore Aurelio Rigoli - Centro Internazionale di Etnostoria" e si propone, quindi, attraverso un attento studio e una approfondita ricerca, di mettere a nudo le fondamenta dell'identità teatrale palermitana, naturalmente, da più punti di vista (Etnostoria).
IL PROGETTO IN SINTESI:
Attraverso le vie dell’anima si ricompone il paesaggio del Mondo nel quale scorriamo come gli attori di un film. Tutto, allora, è noi e noi siamo la parte del teatro del Mondo che va in scena oggi, il passato dobbiamo conoscerlo, viviamo il presente il futuro possiamo solo immaginarlo con le ali di Icaro.
Il luogo esiste perché lo viviamo, lo rendiamo palcoscenico e platea di un corso immaginario e immaginato che compone la Storia umana.
Siamo il limite tra quella realtà che costruiamo ogni giorno e il sogno.
“Sul crinale del giorno/ le pietre parlano al sole/ il sole riflette il loro lamento:/segnano con sputi di colore riti e DNA./E l’uomo trova ragioni.” (Francesco Silvestri da Il volo di Icaro, la mia terra)
In questo teatro del Mondo, noi, bambini curiosi, scendiamo e giochiamo per ritrovare e per lasciare, per vivere e per sognare la storia, le visioni e i sogni della vita, attraverso questo grande caleidoscopio che è la parola e il gesto: teatro.
Da palermitano e siciliano, orgoglioso di vivere in una Terra di fuoco e di mare dove il segno dell’uomo è più forte e il dramma si fa presto tragedia, vivo la mia terra come il luogo dei teatri, dove anche la morte va in scena e vuole la sua parte e i decollati, i disgraziati, i condannati, ritornano a recitare preci e raccomandazioni presso l’altare di Dio per chi regala loro una preghiera. Il sogno  sconfina con la vita che conosciamo e si fa teatro.
Lo vogliamo raccontare con tre percorsi:
1-      L’epistemologia
2-      Le visioni
3-      L’arte
Il primo percorso, che è quello che da il titolo al Programma cerca, ragiona, scava, per rintracciare e segnare il senso, l’etimologia e i significati reali e sognati del teatro.
Epistème (dal greco ἐπιστήμη, composto dalla preposizione epì-, cioè «su», + il verbo ἵστημι, histemi, che significa «stare», «porre», «stabilire»: quindi, «che si tiene su da sé») è un termine che indica la conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel sapere che si stabilisce su fondamenta certe, al di sopra di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti.”
 Lo useremo come "scienza" o "conoscenza", affermando il termine epistemologia inteso come lo studio storico e metodologico del teatro e del popolo che lo ha costruito.
Il  secondo cammino “Visioni del teatro” è l’anello che tiene insieme territorio, popolo, arte e vita. L’interprete, attore o regista, arricchisce il genius loci con la sua rete di sentimenti e passioni, con le sue maschere e le sue facce nuove e antiche allo stesso tempo. Così, nasce il teatro, dalle strade, dalle voci, dalle improvvisazioni e dalle storie raccontate, dalle tradizioni tramandate, dai riti, dalle processioni. tutto questo per noi si contestualizza nella nostra città metropolita e cosmopolita: Palermo, città e teatro, musa e medusa, luogo dell’anima e del respiro classico, culla al centro del Mediterraneo, crogiolo di culture, religioni e tradizioni, ambito sempre al di sopra dei propri mezzi, confine tra la mera realtà e l’immaginifico e solenne sogno di una capitale. Qui nacque la prima Nazione europea moderna, sotto Guglielmo il buono, multietnica, multi religiosa, con un Parlamento che mediava tra il Re e le parti sociali. In questa città il respiro mediterraneo della Cultura è particolare per la sensibilità di chi lo sa ascoltare e globalmente umano, qua anche i morti parlano e le anime dei condannati intercedono presso Dio per un pugno di preghiere in loro favore (unica). Poesia! L’incontro di queste componenti è la traccia del nostro viaggio a ritroso verso la nascita, raccontando il tragitto e quello che poi i nostri figli potranno continuare o modificare.
Città poesia, territorio scritto e dipinto, forgiato e distrutto, crepuscolare e pasquale! E la poesia non è più inchiodata a un foglio, ma è arnese dell’Arte. È, essa stessa, parte del viaggio e del teatro della vita. Teatro della vita e dell’Arte!
Tutto rinasce dalle tradizioni popolari. Noi, figli del Pitrè e di Salomone Marino, oggi ne conosciamo, grazie a loro, le potenzialità e le sue viscerali interconnessioni. Come un ex voto, immagine e scritto, devozione e ringraziamento, scena e teatro, rito e scaramanzia. Tutto vive nell’uomo e l’uomo vive in tutto.
Il terzo percorso “ L’Arte” è il contesto e le facce in divenire di questo dialogo mai interrotto tra attore e spettatore. Tutto quello che è imperfetto è Arte e vive intorno e dentro il Teatro. Oggi le avanguardie del 900 ci hanno consegnato, con le loro installazioni e le loro provocazioni, un mondo che guarda la realtà attraverso la poesia e la colloca nel suo ambito umano e territoriale spostato nell’utopia di un vivere troppo leggero per essere banalizzato da guerre e tirannie. Potete uccidere il corpo, la città, le sue genti, ma non il pensiero forte dell’anima. Quello nemmeno tagliando gole o sgozzando animali innocenti si può fermare. Nessuno ferma la vita e l’Arte è la testimonianza di questo. Vive intorno e dentro e si esprime in tante forme. Tutte hanno dignità e potenza di descrivere l’uomo.




Quando il mare non c’era (Francesco Silvestri)
Non c’era il male né il bene.
Eppure io c’ero.
Di me quel principio che principio non era.
Quando il mare non c’era
Non c’era la conoscenza né la virtù.
Eppure c’eravamo noi:
gusci molli
reti di cristalli che galleggiano
in regole in movimento.
 
C’eravamo noi all’inizio dei punti interrogativi
sbattuti dalla casualità
alla ricerca di coniugazioni.
Quando il mare non c’era
C’era il profumo di assoluto
Il segno dell’iperbole
Una strada da inventare



martedì 15 marzo 2016

ATTENTI AI CARTONI ANIMATI

Le esternazioni di Adinolfi in merito al cattivo esempio fornito da Kung Fu Panda alle nuove generazioni, sono state ingiustamente accolte con scherno. Eppure è tempo che il mondo dei fumetti cominci ad interrogarsi sui pericolosi modelli rivolti a minorenni indifesi, lasciati soli dai genitori insieme a coppie di cartoni animati contro natura, come Masha e l'orso, situazioni di convivenza ambigue come Paperino e tre nipoti, modelli femminili discutibili come Peppa Pig.
Di ...chi sono figli Qui, Quo e Qua?
Perche li cresce uno zio sfigato, nipote a sua volta di un ricco faccendiere dalle ricchezza di dubbia provenienza?
Adinolfi ha esagerato per difetto.
Cosa c'è realmente tra Asterix e Obelix? Perchè fanno continuo uso di sostanze che alterano le prestazioni, di qualsiasi tipo?
Le relazioni tra Orazio e Clarabella, Topolino e Topolina, Paperino e Paperina, non fanno che attentare al concetto di famiglia tradizionale.
Per non dire di Pippo e Pippa, evidente allusione alla masturbazione!
Come può il ministro Alfano stare tranquillo essendo a conoscenza del rapporto contro natura tra Yoghi e Bubu? Stessa cosa nelle favole, veicolo continuo di messaggi devianti.
La figlia di un mio amico, dopo avere visto più volte Biancaneve, ha detto che anche lei da grande vuole vivere con 7 nani, noti per le loro doti nascoste.
E sembra che da piccola Vladimir Luxuria fosse una seguace di Cenerentola, dalla quale ha preso ispirazioni per i suoi vestiti e le sue perversioni.
Proteggiamo i nostri figli dalle famiglie gender, come Geppetto e Pinocchio, non aspettiamo che sia Bugs Bunny a fare outing, ammettendo la sua omosessualità, non avalliamo ancora i giochini erotici di Silvestro e Titti, il suo uccello del desiderio.
Bravo Adinolfi, noi siamo accanto a te. Anche se non troppo, non si sa mai...

lunedì 14 marzo 2016

La SCUOLA DI ECOLOGIA CULTURALE ha presentato, sabato12, nella splendida cornice dello Steri: "La maitresse du poète" di Benedetta Tomasello

Episteme 2016 Teatro Identità
 
"La maitresse du poète" di Benedetta Tomasello (edizioni Qnat-Palermo)
 
 
Sabato pomeriggio alla "Vittorietti" una magnifica serata culturale dedicata ad un artista a tutto tondo, scrittrice e pittrice, Benedetta Tomasello che ci ha stupiti ed emozionati col suo ultimo libro: "la maitresse du poete". Un libro che è poesia e racconto, che ci trasporta dentro l'amore consumato nell'attesa che mostri il suo mistero. Dal giro domenicale, intorno al giardino recintato dagli alberi infiniti, dove cerchiamo, tra gli sguardi distratti o interessati dei cli...enti e dei venditori di oggetti di un passato che va dal Sacro al Profano (e la Maddalena amò Gesù), il capitano parte il viaggio. Un viaggio nell'eco interiore dell'amore sognato nella fredda torre della morte, che ci ama a tal punto da perderci. Un percorso che si avviluppa nel fuoco di un chiodo che graffia il muro della cella, ultima dimora terrena in quel tristo vicolo del Sant'Uffizio, dove scrissi la tua memoria per riscaldare la notte. Delicato e raffinato, interiore e reale il filo della narrazione si dipana con forza e delicatezza sulla stessa substanzia dell'Amore e riflette, come uno specchio, l'immagine della nostra anima. È uno di quei libri che si fanno leggere più volte perché sono sempre una scoperta e un avventura. Sono felice di averlo presentato ieri sera proprio nel sito dell'antico Vicolo del Sant'Uffizio, fantasma che si aggira tra le bancarelle del mercatino domenicale di Piazza Marina (come a Ballarò), e di aver presentato a una sala gremita ed attenta Benedetta Tomasello una scrittrice colta, diretta e forte come la vita.
Ugo Arioti

venerdì 11 marzo 2016

E' morto Keith Emerson

E' morto Keith Emerson, stanotte una strana e densa cupola di stelle ha visto la fine di uno dei miti del mio tempo. Emerson lake & Palmer ... Non voglio sentire come e perché, sono parole inutili. Voglio un bel ricordo e riascoltare quelle musiche rock che prorompono dalle sue tastiere. Ciao Keith ... 
 

giovedì 10 marzo 2016

BENEDETTA TOMASELLO: La Maitresse du poète


Sabato 12 marzo 2016 – Biblioteca Etnostorica – Plesso Steri Piazza Marina, Palermo

 

PRESENTAZIONE DEL LIBRO

DI BENEDETTA TOMASELLO: La Maitresse du poète.

 


Annotazioni e presentazioni di Ugo Arioti Direttore della Biblioteca Etnostorica

Grazie a quanti risponderanno al tam tam dell’evento e soprattutto alla donna che ha permesso, con la sua capacità organizzativa e caparbietà, di realizzare questa serata culturale: Daniela La Brocca, Presidente dell’Associazione “SCUOLA DI ECOLOGIA CULTURALE EURO MEDITERRANEA”.

La nostra A.C. a gennaio di quest’anno ha siglato un protocollo di intesa con la Fondazione “Prof. Aurelio Rigoli – Centro Internazionale di Etnostoria” con cui condivideremo un cammino attraverso le Tradizioni Popolari, l’Arte e la Letteratura.

mercoledì 9 marzo 2016

Le quote del cuore di Maurizio D'Armetta - racconti brevi

Le quote del cuore
 
Perché gli ascensori sono così lenti?
Perché abito al 14* piano?
Alla prima domanda non avevo mai trovato una risposta mentre per la seconda la risposta la sapevo da tempo.
Ho passato la mia infanzia abitando in un pianterreno ma era un pied a terre come dicono i raffinati.
Una delle caratteristiche del piano terra è che i tuoi vicini sono i passanti con i loro discorsi,le macchine con le loro sgommate,i venditori ambulanti con le loro pittoresche proposte di vendita.
Uno,forse due,ma ventidue anni di domicilio in quel posto avrebbero messo a dura prova anche il Dalai Lama.
Oggi l'ascensore è più lento. Succede ogni volta che condivido il viaggio con lei.
Leggo un infinità di volte la targhetta "Portata massima 325kg. Capienza 4 persone" e tento di dividere per quattro i 325 chili dichiarati.
Non ci riesco,la matematica non è il mio forte,e poi davanti a me c'è un ottima ragione per deconcentrarmi.
Lei mi guarda provocandomi un prurito alla testa,sorride e aprendo impercettibilmente la bocca come fanno i ventriloqui scarsi mi sussurra "ottantunochiliduecentocinquantagrammi".
Stordito guardo il mio polso sinistro come per vedere l'ora ma mi ricordo che l'ultimo orologio posseduto era un regalo della prima comunione e che adesso lo avrei potuto usare soltanto come laccio emostatico.
Sdrammatizzo dicendo "La devo smettere di pensare ad alta voce" lei continuando a sorridere "Non hai pensato ad alta voce e non indosso tanga,mi danno fastidio" sottolineo che pecca di presunzione "Questo non l'ho pensato!" Lei alza il braccio e bloccando l'ascensore mi sussurra all'orecchio "Lo hai pensato ieri quando ci siamo incrociati giù nell'androne" deglutisco,alzo le sopracciglia per raccogliere più bellezza possibile e inspiro col naso per catturare quel profumo inebriante fatto di agrumi,spezie e fattura d'amore.
"l'avverto Signorina! Considerato che in sogno non sono mai riuscito a farmi una scopata completa probabilmente tra qualche istante mi sveglierò...non lo dico per me ma...per me."
"non stai sognando,sciocco come è vero che mi chiamo Elisa Terzi,figlia dell'amministratore di questo palazzo"
"Allora mettiamo in chiaro una cosa! Se è per quel discorso dell'antenna centralizzata,giuro che io non centro niente e che quei panni stesi non sono miei...anzi ne approfitto per chiederle dove li avete buttati affinché anche io possa guardarli con biasimo..."
"Shhhhhh"
"Allora mettiamo in chiaro un altra cosa! Se è per quelle quote condominiali arretrate,giuro che entro l'anno salderò tutto e che non è mia abitudine per..."
Due dita in bocca. 
Si,due dita in bocca e ringraziai il signore che m'ero tolto le tonsille se no me le sarei mangiate.
"...e non stavo salendo sul tetto ma mi piace scendere le scale e avere la sensazione di abitare a 500 metri sotto terra..."
"Shhhhh"
Questa volta mano sulla bocca e una sciabolata d'unghia sul naso mi provocò un dolore crescente che trovò la sua massima espressione in una lacrima che scese timida ed incerta sul mio viso.
Un dolore che scese dalle guance e,percorrendo tutto il mio corpo si era trasformato in un brivido di piacere come un messo smemorato che parte con una notizia funesta per arrivare con una lieta notizia inventata al momento.
"Tu!" Quasi gridando
"Io..." Sussurrando
"Tu sei un maledettisimo portatore sano d'amore...ma come cazzo fai!"
"Signorina questo linguaggio non è in armonia con..." Una lingua in bocca interruppe la mia frase. E non era la mia.
"Ecco...io...adesso dovrei finire il mio pensiero...che...sarebbe...cioè...è...era un bel pensiero...ma non..."
"No! La prego! La pancia no! Non mi tocchi la pancia! È il mio punto debole...potrei fare pazzie...potrei strapparle i sorrisi di dosso...cioè i vessilli...i vestiti per dio!!!"
Mi guardò con un viso che non riuscivo a decifrare;qualcosa che partiva dal mento con una incazzatura da stadio e che scivolando sulle guance assumeva contorni più morbidi per finire su due laghi di montagna che quel giorno avevano deciso di fare un gemellaggio col cielo. Quel giorno. Proprio quel giorno.
Quel giorno lo avrei ricordato per sempre. 
Quel giorno toccai il cielo con un dito e me ne portai un pezzo a casa.
Quel giorno impacchettai quel pezzetto di cielo.
Mi consegnò lo sfratto e portai quel pezzetto di cielo insieme a me.

lunedì 7 marzo 2016

BUON 8 MARZO a TUTTE LE DONNE

BUON 8 MARZO a TUTTE LE DONNE



Con immenso orgoglio, condivido con tutti voi la notizia che riguarda una persona speciale che ho avuto il privilegio di conoscere e che mi ha insegnato, come ...diceva spesso, “a tenere la testa alta e la schiena dritta”: Felicia Impastato è tra le sei donne protagoniste, quest’anno, della 4°Giornata europea dei Giusti.
Una tre giorni a Milano che l'8 marzo culminerà con una cerimonia pubblica in onore di sei figure femminili simbolo di "resistenza morale e civile"

Halima Bashir è un giovane medico del Darfur, che ha avuto il coraggio di denunciare e testimoniare gli stupri delle milizie Janjaweed e per questo è stata a sua volta violentata, le hanno ucciso il padre e costretta a fuggire. In Inghilterra, dove s’è rifugiata, ha scritto «Lacrime nel deserto», il suo libro denuncia.
Vian Dakhil, oggi deputata del Parlamento in Iraq, è la sola yazida a ricoprire questa carica e per aver rivolto un appello per gli yazidi e accusato l’Isis di genocidi ha subito attentati e rischia la vita ogni giorno.
Sonita Alizaden è la rapper afghana che si batte contro la pratica delle spose bambine ed è espatriata negli Usa.
Flavia Agnes è l’avvocatessa indiana attivista per le donne che ha fondato una organizzazione che si batte per i loro diritti e assiste le donne violentate.
Azucena Villaflor, attivista sociale argentina, una delle fondatrici dell’associazione delle Madri di Plaza de Mayo, che negli anni Settanta osò sfidare la dittatura argentina.
Felicia Impastato, che sfidò i clan rivendicando prima la propria estraneità all’ambiente delle cosche, contro il marito legato al clan Badalamenti, per poi chiedere verità e giustizia per il figlio Peppino ucciso dalla mafia nel 1978.

sabato 5 marzo 2016

I pupi siciliani (armati)


I pupi siciliani (armati)
 


 

Pupi (dal latino pupus, i) sono le caratteristiche marionette armate del teatro epico popolare, venuto probabilmente dalla Spagna dell'epoca dello scrittore spagnolo Miguel de Cervantes Saavedra (El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, più noto a noi come Don Chischiotte della Mancia), mosse da abili pupari, che diedero vita al teatro dei “pupi” a Napoli e a Roma, ma soprattutto, dalla prima metà dell’Ottocento, in Sicilia, dove raggiunse il suo massimo sviluppo. Ancora oggi, questo teatro è vivo nelle voci e nella forza di antichi e nuovi pupari che raccontano la tradizionale “Chanson de Roland” o che si evolvono verso nuove forme di rappresentazione sociale.

Con i pupi emergeva un’idea epica e drammatica del mondo a livello di cultura popolare, e affioravano conflitti e aspirazioni del “cuore paladino” della gente, unitamente alla questione dell’essere fedeli o infedeli, cristiani o pagani, dalla parte dell’Occidente o dell’Oriente, con gran tormento storico del Mediterraneo e, in particolare, della Sicilia, da sempre teatro di civiltà e di fedi religiose e politiche contrastanti.

Agli inizi del XIX secolo, quando l’interesse per il popolaresco e per le sue forme di vita spinse i dotti e la nuova classe borghese ad interessarsi di quello che si credeva fosse il vivaio più genuino delle patrie memorie, l’opra non fu più soltanto un semplice passatempo, ma una cosa molto più seria, quando cioè (scrive Ettore Li Gotti) "l’anima dei pupi divenne l’espressione dei sentimenti e delle aspirazioni di giustizia di una classe sociale". Lo stesso Pitrè ne raccoglie la storia e la inserisce nei suoi studi sulla cultura del popolo siciliano.

I contrasti, Bene e Buoni contro Male e malvagi, rende il teatro dei pupi un arena per manifestare consenso o dissenso in forme “reali”. Gli spettatori, un tempo, portavano con se uova marce o scarpe vecchie da tirare in faccia ai cattivi di turno per manifestare la loro intolleranza all'ingiustizia  che era prassi comune nella classe politica che governava (ieri come oggi) con arroganza e iniquità la cosa pubblica.

Il teatro diviene la sede della propaganda politica e della insurrezione popolare contro gli oppressori e, non è un caso che proprio nei teatri dei pupi  nasce e si diffonde il malanimo per i Borbone, ma non in quanto monarchi arroganti e iniqui, bensì come stranieri oppressori. Lo spirito di ribellione si muove all'interno di un ventre di popolo povero e malnutrito che aspira a migliorare le sue condizioni e per questo si allea con le classi borghesi più liberali (fra massoni) e con i “picciotti” delle campagne (la mafia), ciò permette a Garibaldi con la complicità della massoneria inglese di conquistare, con un pugno di uomini malvestiti e male armati, l'Isola e cacciare  borboni e compagnia briscola.

Non è da sottovalutare l'apporto dei cuntastorie allo sviluppo epico di questo teatro che ne acquisisce il “parlato” con le sue regole e le sue forme.  Si trattava quasi sempre di povera gente, che viveva alla giornata, e che non poteva permettersi di acquistare tutti gli attrezzi del mestiere per divenire puparo. Esso offriva, nelle sue rappresentazioni un comodo repertorio già in parte sceneggiato e dialogato.

Storicamente il cuntastorie era un narratore che non utilizzava alcuno strumento musicale (usato molto tempo dopo dai cantastorie), ma usava modulare la voce con una tecnica tutta particolare, con regole precise di tempo, ritmo ed esposizione orale che si tramandava di generazione in generazione. Non importava se era analfabeta o ignorante, la sua capacità era quella di apprendere e reinventare la vita usando forme epiche collaterali derivate da motivi storici quale lo scontro tra cristiani e pagani, dal ricordo cocente di lunghe lotte contro i pirati turchi, da un forte sentimento religioso che contrappone il trionfo del bene alla mortificazione del male.”

Il teatro dei pupi siciliani, nella seconda metà dell’ottocento, volendo mantenere la valenza epica, si è specializzato in questa direzione, ereditando tutto il patrimonio dei cuntastorie.

Nella prima metà dell’ 800 i marionettisti girovaghi, rafforzano il carattere professionale del loro lavoro. Nascono  due  scuole, quella palermitana e quella catanese. L'evidenza più forte è rappresentata dalle dimensioni del palcoscenico e dei pupi, quella più squisitamente tecnica dal repertorio e dalla movimentazione delle marionette armate.

giovedì 3 marzo 2016

Il Museo dell'Inquisizione a Palermo racconta la storia del Seicento della città.


Il Museo dell'Inquisizione a Palermo racconta la storia del Seicento della città.   

Presentiamo l'intervista alla storica Giovanna Fiume, consulente del Rettore per il costituendo museo dell'Inquisizione spagnola in Sicilia e docente di Storia moderna dell' Università degli Studi di Palermo

 

Il costituendo museo dell'Inquisizione, sorgerà nei locali un tempo destinati a carcere dei penitenziati. Protagonisti indiscussi dello spazio museale sono  i graffiti e i disegni lasciati dai prigionieri dell'Inquisizione dello Steri di Palermo. Per saperne di più su " la più viva e diretta testimonianza del dramma che l'Inquisizione è stato per i popoli ad essa soggetta” , come lo stesso  Leonardo Sciascia considerò tali testimonianze,  abbiamo intervistato la storica  Giovanna Fiume,  consulente del Rettore per il costituendo museo dell'Inquisizione spagnola in Sicilia e docente di Storia moderna presso la facoltà di Scienze Politiche dell' Università di Palermo.

di Anna Casisa 

 Professoressa Fiume, cosa è stata l'Inquisizione in Sicilia?

L’Inquisizione di rito spagnolo è stato un tribunale di fede istituito da Ferdinando e Isabella di Spagna per perseguire le eresie, onde adeguare la corona alla logica unitaria di un rey, una fé, una ley. Venne estesa nell’isola nel 1487 e cominciò a funzionare regolarmente solo quando, attorno al 1500, venne dotata di risorse economiche. Vorrei ricordare però che in Sicilia, sin dal Medioevo si era esercitata l’Inquisizione vescovile e dal XIII secolo gli inquisitori erano stati delegati dal papa (Inquisizione legatina). La giurisdizione sui delitti di fede veniva normalmente esercitata dal vescovo, coadiuvato talvolta dagli inquisitori papali. Il re Ferdinando II di Aragona si avvaleva del privilegio dell’Apostolica legazia, concesso da Urbano II a Ruggero I nel 1098 in forza del quale i sovrani dell’isola erano “legati nati” del pontefice. I re di Sicilia potevano rivendicare in tal modo il controllo di tutta la materia ecclesiastica e, nel 1579, Filippo II istituì il Tribunale della Monarchia con diritto di intervenire in tutte le controversie riguardanti i rapporti tra i fori laici e i fori ecclesiastici. In virtù di tale privilegio nessun atto della Santa sede poteva avere vigore senza le lettere esecutorie del viceré. Dunque, abbiamo nell’isola un tribunale di fede, non alle dipendenze del papa o dell’autorità ecclesiastica, bensì della monarchia spagnola.

 

Chi erano gli inquisitori?

Gli inquisitori erano spagnoli, non per forza aristocratici. La loro nazionalità fu una delle ragioni per cui l'Inquisizione in Sicilia non venne accolta bene. Questi giudici non possedevano i requisiti richiesti dalle consuetudini e dalle prammatiche siciliane che, sin dal periodo aragonese, stabilivano che i giudici naturali dei siciliani dovessero essere siciliani. Per consuetudine e diritto ogni cittadino di Sicilia aveva come suo giudice naturale il giudice della propria municipalità. Per consuetudine e legge costituzionale, ogni funzione pubblica del regno, meno la carica di viceré, doveva essere svolta da un siciliano nato. Il Sant’Ufficio era al contrario rappresentato da un inquisitore spagnolo. Nell’isola la giustizia secolare era distinta dalla giustizia ecclesiastica; l’Inquisizione pretendeva invece di cumulare l’una e l’altra in un'unica giurisdizione.

Nel corso dei secoli reazioni e proteste contro lo strapotere dell'Inquisizione si levarono anche da parte del Senato palermitano e perfino di alcuni viceré. La lotta, contro l’“eretica pravità” degli ebrei convertitisi al cristianesimo (i neofiti), non era particolarmente sentita in Sicilia. Nel 1492 l’editto di espulsione degli ebrei dalla Spagna aveva provocato, anzi, la contrarietà del Senato palermitano e dello stesso viceré, preoccupati del danno che queste drastiche misure avrebbero prodotto all’economia e al commercio siciliano. La soluzione di richiedere la conversione degli ebrei alla religione cattolica, ricevere il battesimo ed essere considerati cittadini e sudditi e, soprattutto, conservare parte del patrimonio sembrò ragionevole a molti siciliani e fu accettata dagli ebrei come una amara necessità. Ma nel 1500 Antonio la Peña, regio inquisitore per la Sicilia, emise un editto di grazia con il quale chiese la collaborazione di tutti i buoni cristiani per denunciare e rivelare questi presunti eretici e quanti si adoperavano per nasconderli, metterli in salvo, consigliarli, sostenerli in qualunque modo e misura. Cominciarono ad accendersi i primi roghi (sono già 39 al 1513). Il parlamento siciliano del 1514 elevò una vibrata protesta e chiese una limitazione della giurisdizione inquisitoriale. Tale richiesta rimase inevasa e gli inquisitori, che già abusavano dei beni confiscati ai condannati, vennero addirittura nominati custodi di tali beni e le loro competenze si estesero fino agli aspetti patrimoniali delle inchieste.

 

Qual era la prassi giudiziaria?

L’Inquisitore emanava l’edictum fidei e chiedeva ai fedeli di denunciare chiunque fosse sospetto di eresia, di intrattenere “commercio” con il demonio o possedesse libri proibiti. Il presunto reo veniva fatto catturare senza preavviso; solo alle persone di rango veniva recapitato, invece, un ordine di comparizione. Ufficiali e familiari del Sant’Uffizio provvedevano a reperire prove e testimonianze di colpevolezza e il notaio procedeva all’inventario dei beni del presunto reo, sequestrandoli preventivamente e tenendoli sotto custodia. Con il primo interrogatorio dell’imputato, dei testimoni e la ricognizione dei luoghi, si chiudeva la fase del processo informativo e si apriva la fase difensiva con nuovi interrogatori.

 L’iter procedurale era coperto dal più stretto segreto. Segrete erano le accuse e i testimoni, a causa di questa segretezza potevano essere usate anche le informazioni raccolte in confessione. Le sentenze erano inappellabili, non esisteva una seconda istanza di giudizio, per quanto ripetutamente richiesta, insieme all’abolizione dei testimoni segreti; gli inquisitori giustificavano i verdetti solo di fronte alla Suprema. La tortura era lo strumento per raggiungere la prova plena del reato. Per suo tramite si arrivava alla sentenza: di assoluzione (con formula piena o ad cautelam) a cui seguiva l’auto da fé.

Cos'era l'auto da fè?

Una cerimonia di riabilitazione pubblica, nel corso della quale si sfilava in processione per le vie della città, tenendo in mano la palma (“il giusto fiorisce come palma”, recitano i Salmi) e una candela, a simboleggiare la luce interiore della fede. Il penitente veniva così riconciliato con la fede, avendo ormai ritrattato i suoi errori dottrinari. Diciamo che era un atto pubblico di ricomposizione dell’unità dei cristiani e di riammissione nel grembo della chiesa di quanti ne erano stati esclusi: essi venivano ora assolti pronunciando una abiura de levi, per le colpe meno gravi oppure de vehementi, che, sì, riconciliava l’imputato, ma gli imponeva di indossare il sambenito per un certo tempo, lo sottoponeva al continuo controllo del tribunale, gli sequestrava i beni, lo interdiceva dai pubblici uffici, non poteva stilare atti pubblici, in una parola, gli sottraeva la responsabilità civile. Ciò per un reato di natura religiosa, per i suoi errori di fede. Se si trattava di un recidivo, scomunicato in un precedente processo a cui era seguita una abiura, il condannato, ricaduto negli stessi errori, veniva scomunicato e, considerato impenitente e pertinace, relapso al braccio secolare che si sarebbe occupato dell’esecuzione della sua sentenza capitale.                   

 E quindi il rogo?                                                                                                                                     

Sì. Non potendo mandare a morte un “fratello in Cristo” i giudici del Sant’Uffizio affidavano il reo al braccio della giustizia secolare che si occupava di accendere il rogo nel Piano della Marina, di fronte allo Steri, nel Piano di Sant’Erasmo o nel Piano della Cattedrale. Al rogo vengono mandati ebrei e luterani, musulmani e negromanti, non solo le streghe. E occorre, comunque, ridimensionare per la Sicilia il persistente stereotipo della strega: qui donne e uomini, dediti a una ricca congerie di pratiche magiche, non confessano il sabba satanico né accoppiamenti diabolici e finiscono in pochi casi sul rogo.

Contro quali reati di fede si esercita il Santo tribunale?                                                                    

La prima ondata repressiva fu nei confronti degli ebrei ( criptoebraismo): ci furono 30 roghi già nel 1513. Poiché l’editto di espulsione degli ebrei dalla Spagna aveva concesso loro di tenere parte dei beni e di avere salva la vita qualora si fossero convertiti, molti, fingendo di averlo fatto, continuavano a mantenere usanze e pratiche religiose della loro vecchia fede. Ma il Sant’Uffizio era particolarmente sospettoso nei confronti dei neofiti e accettava volentieri le delazioni dei vicini che non vedevano il fumo del camino durante lo shabbath o ne sindacavano le abitudini alimentari.   Furono 1.965 i “giudaizzanti” processati e tra di essi solo 5 furono assolti. Tra i criminali di fede troviamo anche i rinnegati, cioè coloro che, catturati dai Turchi e portati in schiavitù in Barberia, si convertivano all’islamismo e, se ricondotti in patria, erano considerati colpevoli di avere per l’appunto rinnegato la vera fede, come il giovane Francesco Mannarino. Era forte, tra XVI e XVII secolo, l’attrazione per l’Islam non solo da parte di chi voleva disertare o sfuggire alla giustizia o ai debiti, ma anche per chi desiderava una religione più libera in paesi noti per le loro opportunità di ricchezza e di mobilità sociale che premiavano l’audacia e l’ambizione. Molti funzionari della Grande Porta erano cristiani rinnegati e divenivano pascià, alcaide, raìs di navi corsare, giannizzeri, gran visir. Per queste ragioni molti cristiani diventavano “Turchi di professione”, come li chiama un frate inviato in quei paesi a riscattarli, si convertivano all’Islam per convenienza, per alleggerire il loro stato di schiavitù, “per il piacere della vita libera e dei vizi della carne dove i Turchi vivono”. E notoriamente “con Turca viene Mahoma”. Sono 846 i rinnegati che si presentano davanti agli inquisitori che per lo più li assolvono (392) e li riconciliano (282). Via, via troviamo anche i protestanti: nel 1541 viene pronunciata la prima condanna a morte per eresia luterana e nel 1547 viene eseguito il primo auto da fé con neofiti e luterani. Ma agli eretici in senso stretto vanno aggiunti i 496 indiziati a cui si attribuiscono proposizioni ereticali, senza che si riesca dalle loro deposizioni a inquadrare esattamente le loro idee religiose dentro eresie codificate. Costituisce una colpa pronunciare la frase: “Chi è mai tornato dall’Inferno con i piedi bruciati?” oppure affermare che la Madonna era una profetessa o anche pensare che la fornicazione non sia peccato. L’eresia si mischia frequentemente con la magia, quando gli aspetti magici conducono alla adorazione del diavolo, alla messa nera, ecc. Per questa ragione vengono processati 90 imputati che, se sommati ai 976 processati per stregoneria danno un contingente di 1.066. Ma è la blasfemia a reclutare un contingente persino maggiore, a dimostrazione della vocazione pedagogica del tribunale: tra i 636 blasfemi ci sono anche quelli che sono stati sentiti dire “Santu diavuluni!”, imprecazione molto diffusa nell’isola. Pertanto si cominciava il processo per una bestemmia, ma poi finivi per essere punito come un negromante perché quel “santo diavuluni” veniva considerato un'invocazione del diavolo quindi una fattispecie giuridica estremamente grave. Un altro reato particolarmente perseguito è la bigamia, ma anche la trigamia e la quatrigamia: sono soprattutto marinai, soldati e mercanti. Gli altri reati sono di natura sessuale (fornicazione, sodomia e la sollecitatio ad turpia ad opera di sacerdoti).

 

Quali erano le torture praticate all'interno di questo carcere?                                                     

La tortura è un altro aspetto di questa tecnica giudiziaria, ma qui non erano efferate. La tortura del tribunale dell'Inquisizione siciliana era quella della corda. Da una trave pendeva una corda, la vittima veniva lasciata cadere coi polsi dietro la schiena producendole così slogature alle braccia e alle spalle. Durava trenta minuti, il tempo veniva misurato con una clessidra e durante la “somministrazione del tormento”, come lo definiscono le fonti, il boia esortava il reo a confessare e a dire la verità. Prima della tortura il medico visitava il prigioniero e se lo trovava in grado di subire la tortura veniva registrato che se fosse accaduto qualcosa durante quei trenta minuti era da imputare al prigioniero. Tale pena veniva somministrata anche per tre volte. Era un carcere fatto per far soffrire, ma non per far morire. Ricordo un caso in cui un rinnegato, non volendosi pentire, comincia lo sciopero della fame. E' stracco, e l'inquisitore in persona lo va a trovare nella sua cella e lo esorta a mangiare, tanto che accetta perfino la richiesta del rinnegato, ossia ricevere il cibo, riso e datteri, da mani musulmane. La tortura era lo strumento con cui si otteneva la confessione e con essa la prova plena del reato. Dopo la tortura, se si confessava, si veniva condannati. La pena più diffusa è al remo sulle galere, ma i remieri non resistevano più di cinque anni nelle dure condizioni delle galere e dunque una condannarli a sette-dieci anni di remo equivaleva a una condanna a morte. Una seconda punizione era l'esilio oppure si poteva essere reclusi temporaneamente in ospedale, in convento o ancora condannati alla prigione perpetua. Tra le punizioni più atroci c'era ovviamente il rogo.

 

Bestemmiatori, streghe, eretici ma nelle celle si trovano preghiere e espressioni di devozione.

 

Perché i prigionieri erano credenti, gli eretici non sono atei. Solo che non professavano la religione cattolica che per i giudici era l’unica “vera fede” diversa e superiore alle altre, considerate alla stregua di “sette” che bisognava “confondere” e “convertire”: la chiesa del tempo si arroga il monopolio della Salvezza. Tra le tante immagini sacre dipinte troviamo soprattutto la passione di Cristo e molti santi martiri. La ragione è molto semplice: i penitenti considerano il carcere come il personale Calvario che li assimila a Cristo e ai santi che per la fede diedero la vita. Si convincono di stare in una sorta di purgatorio, ma hanno la speranza della salvezza come si legge su una scritta lasciata in una cella: “ogni peccato al fin giustizia aspetta”, anche se su un muro un altro scrive “Nixiti di spiranza vui chi intrati”… 

                                                                                                                  

Ripensando ai metodi di tortura previsti per le donne è possibile parlare di femminicidio?   

 

No, le donne del nostro tribunale subivano la tortura della corda meno degli uomini, non venivano denudate, i medici si accertavano prima se per caso fossero gravide e si esentavano le più vecchie dalla atroce tortura. La caccia alla stregoneria è stata oggetto di studio di Maria Sofia Messana e nel libro Inquisitori, negromanti, streghe nella Sicilia moderna sostiene che in Sicilia essa è una pratica prevalentemente maschile. Le nostre streghe erano piuttosto delle medichesse e si dedicavano alla magia bianca, una magia ad amorem (e non ad mortem) che serviva per far ritornare l'innamorato, per propiziare una gravidanza, per proteggere i neonati. Da noi i roghi di streghe non sono stati molti.

    

Qual è il valore di queste testimonianze strazianti?                                                                      

 

Dentro quel carcere e sulle sue pareti ci sono fonti per la storia della lingua, dell’alfabetizzazione, della conoscenza religiosa, delle devozioni, della storia del costume, c'è una ricchissima iconografia, dai santi alla genealogia di Cristo, alla battaglia di Lepanto, insomma c'è una piccola summa della cultura del Seicento e non soltanto siciliana. E se si considera Palermo un crocevia del Mediterraneo ci si rende conto che si ha uno spettro di informazioni che è veramente ricchissimo.

 

 

In una cella si legge “O tu chi trasi ccà chi speri?” Oggi lo Steri compensa la sua triste memoria: sede del rettorato dell'università di Palermo e, presto, del museo dell'Inquisizione.

 

La compensa se si riesce davvero a fare di questo edificio un museo e un centro di ricerca, di dibattito, di incontro che è ciò a cui tendo con grande determinazione. Io vorrei che qui si confrontassero le religioni che hanno avuto una vita molto conflittuale in passato, prime fra tutte le tre religioni monoteiste del Mediterraneo, in fondo è quello che recita la targa posta dal rettore Roberto Lagalla, in occasione della visita di Giorgio Napolitano: “Questo che vide reclusi ebrei, luterani, musulmani, quietisti, rinnegati, negromanti, guaritrici, bestemmiatori è oggi luogo di dialogo tra religioni, popoli e culture”.

 

Quando si concluse questa triste pagina della nostra storia?

 

Il 16 marzo 1782 fu firmato il decreto di abolizione del tribunale del Sant’Uffizio e il viceré Caracciolo lo eseguì il 27 successivo, ritenendolo un gesto rivoluzionario, equivalente alla presa della Bastiglia. Ne informò orgogliosamente i suoi amici francesi, ne diede personalmente notizia al suo amico D’Alembert con una lettera sul “Mercure de France” il 1° giugno 1782, confessando di avere dovuto per la sola e unica volta “ringraziare il cielo di averlo tolto da Parigi per servire a questa grande opera”; liberò dal carcere una decina di condannati, poligami, “eretici formali”, “sortileghe recidive”. Un anno dopo l'intero archivio del Tribunale venne – disgraziatamente - dato alle fiamme. Tuttavia è stato possibile nonostante il rogo dell’archivio conoscere la storia del tribunale e dei suoi inquisiti palermitano attraverso la corrispondenza tra il tribunale palermitano e la Suprema e generale Inquisizione con sede a Madrid, conservata presso l’Archivio nazionale spagnolo. Si tratta di 6.393 processi che Maria Sofia Messana è riuscita a censire, informatizzare in un database e studiare, offrendoci insostituibili elementi di conoscenza dell’attività del tribunale.

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