lunedì 27 novembre 2017

Egon Schiele, pittura, sensualità e scandalo. Vita e arte diventano cinema

Nelle sale per soli tre giorni il biopic del regista austriaco Dieter Berner che racconta la tormentata esistenza del genio dell'espressionismo viennese



 La biografia ispirata alla sua vita si intitola Il Pornografo di Vienna ed è già tutto lì, in quel titolo. C’è la tensione, lo scandalo, quello che sembra ma non è. C’è la predestinazione al tormento di un uomo che in nome dell’arte, e della libera espressione dell’arte, accetta di subire: umiliazione, sofferenza, incomprensione. Finora quello che sapevamo su Egon Schiele, che non derivava dall’osservazione diretta della sua opera, era quanto scritto in quel libro, ma adesso il regista Dieter Berner ci offre un racconto per immagini della vita dell’artista austriaco, deriso e offeso dalla maggior parte dei suoi contemporanei, agli inizi del Ventesimo secolo, oggi considerato "il genio del primo Espressionismo viennese".

 Egon Schiele: La morte e la fanciulla, distribuito da Draka, in collaborazione con Twelve Entertainment, sarà in sala solo il 27, 28, 29 novembre. Berner lo ha scritto insieme con sua moglie, Hilde Berger, autrice del romanzo che porta lo stesso titolo del film: "il libro è suddiviso in cinque storie – ci dice il regista – ognuna delle quali è il racconto di Egon Schiele dal punto di vista di una delle sue modelle. Per il film abbiamo scelto di unire la narrazione". Ma il punto è lo stesso: il rapporto di Schiele con le donne e il corpo delle donne. "Il film è quindi sì un omaggio alla sua arte, ma soprattutto è il racconto della vita di un uomo". Una vita in cui la sessualità era ciò da cui tutto partiva e a cui tutto tornava. Aspetto che nella pellicola è forse declinato in maniera troppo delicata rispetto alla frustrazione con la quale era costretto a convivere l’artista, in quell’epoca di repressione. Suo padre ebbe moltissime relazioni, morì di sifilide quando Egon aveva quattordici anni, "per lui la sessualità – continua Berner – era contemporaneamente pericolo ed eccitazione".

 In realtà, un tentativo non troppo convincente di portare la storia di Schiele sul grande schermo lo aveva già fatto, nel 1981, Herbert Vesely, quando per il suo Inferno e Passione aveva reclutato Mathieu Carrière per il ruolo di Egon e Jane Birkin per quello della sua musa e modella Wally. Oggi a indossare i panni non facili del pittore c’è Noah Saavedra che esordisce così in un ruolo da protagonista. Ci riesce ed è quasi tutto merito del suo sguardo, quello che si poggia sulle modelle alle quali poi Egon chiede: “resta ferma così”, come Moa, la ballerina nera con capelli corti e riccissimi che, quando non nuda, Schiele dipinge avvolta in tessuti coloratissimi. O lo sguardo che indugia sulle donne che non sono ancora sue modelle ma che lui già immagina, o meglio desidera che posino per lui. Wally, forse l’unico amore della sua vita, la vede per la prima volta nello studio di Gustav Klimt, all’epoca uno dei pochi, lungimiranti, a sostenere l’arte di Schiele. Lei e le sue calze verdi diventeranno protagoniste di numerose opere dell’artista, fino al definitivo La morte e la fanciulla, che ritrae i due amanti in un abbraccio ormai rassegnato, prima che Schiele lasci Wally per sposare Edith Harms, donna che gli chiederà di essere la sua sola musa.

Ancora, lo sguardo disgustato che Egon rivolge al giudice che lo accusa di aver mostrato immagini pornografiche a una minorenne e quello infiammato, sempre diretto al rappresentante della legge che sta bruciando pubblicamente il suo disegno  giudicato “osceno”. Non deve essere stato semplice cercare di guardare il mondo come lo guardava Schiele, quando le sensazioni erano tutte esasperate e il bisogno che urgeva era sempre quello di fissare quanto visto su carta. Se non fosse stato così forte, oggi non ci ritroveremmo con trecentoquaranta dipinti e duemilaottocento tra acquerelli e disegni realizzati in quei pochi anni. "Volevo trovare un attore molto giovane – continua Berner - perché il pubblico immaginasse cosa vuol dire morire a ventotto anni lasciando una simile eredità. Ho scelto Noah Saavedra quando ancora non era un attore, ma è stato lui stesso a convincermi che poteva essere la persona giusta. Abbiamo lavorato per un anno e mezzo prima che fosse davvero pronto per il ruolo".

 La stessa cosa con Maresi Riegner, l’attrice che interpreta Gerti, sorella di Egon e sua prima modella, anche lei giovanissima: "abbiamo ripetuto alcune scene varie volte, ma per altre ho lasciato che improvvisassero". E il lavoro fatto da Dieter Berner per questo film non è poi tanto diverso da quello che si trovava a fare Schiele ogni volta che allestiva un set: "Artisti come Egon o Caravaggio erano in realtà anche grandi registi. I personaggi dei suoi quadri sembrano seguire una sceneggiatura". Ma Schiele va oltre, “posava nudo per i suoi quadri, si fotografava e poi si ritraeva, era allo stesso tempo regista e attore. Credo che nessun altro, in quegli anni, lavorasse così”. Egon influenzava le sue modelle in maniera fortissima, certo anche loro esercitavano un potere su di lui: la sua pittura era il frutto di un’interazione e poi era qualcosa di estremamente mentale, al punto che, a volte, l’opera ci rimaneva nella sua testa: quando i corpi erano solo delineati o, addirittura, spezzati, non conclusi. Ma Schiele non ha influenzato solo le sue donne: “nella fotografia moderna – dice il regista - vedo che le pose non sono altro che un ripetersi. Guardate James Dean, nei suoi scatti assumeva posizioni assolutamente simili a quelle che Egon aveva nei suoi quadri”.

Schiele ha scelto di guardare il mondo in un certo modo, "quella scelta ha fatto di lui un artista, ma si trattava di un approccio del tutto nuovo e sconcertante per l’epoca, per questo a molti non piaceva". Non solo, per alcuni la sua opera era disturbante: "è vera pornografia" gli dirà nel film il giudice prima di condannarlo a scontare altri tre giorni in carcere, in aggiunta ai ventiquattro già passati, e prima di alimentare le fiamme con il suo disegno. "No, è un'opera d’arte erotica. Io sono un artista" riuscirà a rispondere "il genio dell’Espressionismo austriaco".

venerdì 24 novembre 2017

I voti che non decidono e le democrazie malate Che cosa sta accadendo dunque alla più antica forma di «governo del popolo, dal popolo, per il popolo»? E’ destinata ad avere un futuro, o rischia di essere insidiata dai modelli di «democratura», nei quali il «demos», accetta con le elezioni di avere un capo come se fosse in una dittatura?

Antonio Polito   (Corriere.it)

A che serve votare? È una domanda che molti cittadini europei cominciano a farsi. Da ultimi i tedeschi. Sono andati alle urne, la Merkel ha preso molti più voti di chiunque altro, il 60% nei sondaggi dice di auspicarsi un governo da lei diretto, ma il governo non si fa, e per farlo sarà forse necessario far fuori la Merkel. Qualcosa si è inceppato perfino nella democrazia tedesca, di proverbiale stabilità.
Oppure prendete i cittadini britannici. La bellezza di diciotto mesi fa decisero di uscire dall’Unione Europea. Sono ancora là. Uscendo volevano riprendersi i loro soldi, e invece il prossimo mese dovranno dire quanto sono disposti a scucire per poter andarsene. Procedure, compromessi, trattative, più inflazione e svalutazione della sterlina: sembrava così semplice mettere una croce sul «Leave». Per non parlare dei cittadini catalani, i quali hanno scoperto che neanche con il voto possono spaccare la Spagna.
La galleria potrebbe comprendere gli spagnoli, che dopo due elezioni e sei mesi di prorogatio di Rajoy si aggrappano a un governo di minoranza; o i belgi e gli olandesi, che hanno dovuto aspettare rispettivamente dodici e sette mesi prima che il Parlamento decidesse chi aveva vinto le elezioni. Va ovviamente aggiunto il caso italiano, dove se c’è una cosa certa delle prossime urne è che quasi certamente non daranno una maggioranza; e dove siamo ormai al quarto governo di fila (Gentiloni, Renzi, Letta, Monti) privo di un mandato elettorale.
Non è questione di tecnica. Nel Regno Unito nemmeno il leggendario «first-past-the-post», il più implacabile dei maggioritari, è riuscito a dare una maggioranza alla povera May, che aveva chiamato le elezioni per suonarle ai laburisti ed è stata suonata. E perfino il presidenzialismo, l’unico sistema in grado di garantire un vincitore, comincia a perdere colpi: Trump è diventato presidente con meno voti della seconda arrivata. Resta saldamente in sella il solo Macron, asceso all’Eliseo con appena il 24% del primo turno.
Che cosa sta accadendo dunque alla più antica forma di «governo del popolo, dal popolo, per il popolo» (Abramo Lincoln a Gettysburg)? La democrazia è destinata ad avere un futuro, o rischia di essere insidiata dai modelli di «democratura», nei quali il popolo, il «demos», accetta col voto di avere un capo come se fosse in una dittatura?
La vicinanza semantica tra «democrazia» e «populismo» («demos» è il greco per il latino «populus») la dice lunga su quanto sia sottile il confine che divide l’una dall’altro, già in passato spazzato via più di una volta. Bisogna dunque che gli uomini di buona volontà si mettano al capezzale della democrazia malata, e cerchino un modo per ripiantarla in un mondo così diverso da quello in cui nacque.
Il primo passo dovrebbe consistere nel qualificarla, nel darle l’aggettivo giusto. Democrazia non è solo elezioni: anche in Russia e in Iran si vota. Ma ciò che distingue una «democrazia liberale» è la «rule of law», e cioè la supremazia della Legge, cui ogni cosa è subordinata. È proprio questo che tiene in piedi la Germania o la Spagna mentre attendono un governo: tutto procede secondo la legge. Ed è esattamente la Legge ciò che ha impedito agli indipendentisti catalani di andarsene con un referendum, o che costringe gli inglesi a negoziare per uscire dall’Ue. Dovremmo dunque curare lo stato di diritto come l’asset più prezioso della democrazia, forse perfino più del voto popolare («La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», articolo 1 della nostra Legge fondamentale). E proteggerlo dalle mire dei politici di turno che vorrebbero dettar legge.
Il secondo punto è che difficilmente una democrazia liberale può prosperare senza partiti democratici e possibilmente popolari, i quali mediano il consenso dei cittadini, lo stabilizzano, lo indirizzano verso programmi di governo e selezionano i gruppi dirigenti. Più partiti personali nascono, più movimenti estemporanei si affermano, più le elezioni diventano un taxi per ambizioni private, più debole sarà la democrazia. E in questo campo, ahinoi, noi italiani abbiamo anticipato molte tendenze pericolose.
Infine c’è un problema anche più complicato da risolvere: l’emigrazione della sovranità dagli Stati nazionali verso consessi internazionali che per loro natura non possono decidere democraticamente (le sedi europee assegnate a sorteggio ne sono un esempio). Moneta, commercio, investimenti, circolazione dei capitali e degli esseri umani, politica estera, sono tutte materie sulle quali l’elettore sa ormai di non avere più molto potere. Bisognerebbe dunque riempire i parlamenti di altri poteri: di controllo e revisione, per esempio, in materia di nomine, di spesa pubblica, di allocazione delle risorse e di assegnazione degli appalti, per farne dei baluardi contro la corruzione e lo sperpero, garantendo tempi e strumenti alle opposizioni che vigilano sul potere. Rimpatriare una parte delle competenze affidate al Parlamento europeo. Ridare alle Camere il ruolo di sedi del dibattito informato, per esempio sulle delicatissime questioni bioetiche. Assegnare loro il potere di scrutinare i ministri prima della nomina e di convocare il primo ministro ogni settimana a rispondere in diretta tv. Bisogna trovare nuovi e validi motivi per convincere gli elettori a non disertare lo spettacolo della democrazia, e a non trasformare il parlamento in un’aula sorda e grigia.

martedì 21 novembre 2017

L’asteroide che viene da lontano e sembra il monolite di «Odissea 2001»

È lungo 400 metri e largo dieci volte di meno. È il primo oggetto scoperto di sicura provenienza da oltre il Sistema solare. Non può colpire la Terra

di Paolo Virtuani
 
 
 Viene da oltre i confini del Sistema solare, è lungo e piatto, assomiglia a qualcosa di conosciuto, al monolite di 2001: Odissea nello spazio, la presenza «superiore» che visita la Terra e dà la scintilla dell’intelligenza a una tribù di antenati dell’umanità. Lo scorso 19 ottobre il telescopio Pan-Starrs1 alle Hawaii ha scoperto un asteroide che, dopo l’analisi dell’orbita, è stato giudicato provenire dall’esterno del Sistema solare. Questa categoria di oggetti astronomici era stata ipotizzata da decenni, ma mai erano state trovate le prove dirette della loro esistenza. L’asteroide è stato prima chiamato 1I/2017U1 e poi battezzato Oumuamua, parola hawaiiana che significa «il messaggero che viene da lontano e arriva per primo».
 
 
Ora, grazie all’analisi dei dati ottenuti pubblicata sulla rivista Nature, è stata calcolata la forma di Oumuamua: è una sorta di lastra lunga 400 metri, larga dieci volte di meno e abbastanza piatta. Subito è scattato l’accostamento al monolite ipotizzato dallo scrittore Arthur C. Clarke e tradotto in immagini dal regista Stanley Kubrick, che compare più volte nel film e «guida» l’umanità dallo stato scimmiesco alla conquista del tempo e dello spazio. Il colore è rossastro, come gli oggetti che si trovano oltre l’orbita di Plutone.
Roccia e metallo
Secondo gli scienziati, nel Sistema solare i nuclei cometari e gli asteroidi con una forma simile si possono contare sulle dita di una mano sui circa 750 mila che sono stati identificati. Oumuamua gira rapidamente sul proprio asse di rotazione: compie infatti un giro ogni 7,3 ore e la sua luminosità muta rapidamente, come nessun altro oggetto spaziale finora scoperto. Tutto ciò porta a ritenere che l’asteroide sia composto quasi totalmente da roccia con una parte di metallo, senza acqua o ghiaccio. Il colore rosso è dovuto agli effetti di centinaia di milioni di anni di esposizione alle radiazioni cosmiche.
Viaggiatore interstellare
Attualmente Oumuamua si trova a 200 milioni di chilometri dalla Terra e viaggia a una velocità di 38.300 metri al secondo (quasi 138 mila chilometri all’ora). E soprattutto non ha nessuna possibilità di colpire il nostro pianeta. Nel maggio del prossimo anno passerà non lontano da Giove e nel gennaio 2019 oltrepasserà l’orbita di Saturno per poi proseguire il suo viaggio interstellare in direzione della costellazione di Pegaso. Un visitatore rapido, ma che può dare ancora molte informazioni utili alla scienza.

lunedì 20 novembre 2017

Vibrazioni metropolitane. Partite, concerti, traffico: quando la vita in città è come un terremoto

A Barcellona i geologi hanno registrato i gol di Messi e il rock di Springsteen. Nasce la sismologia urbana


ROMA. È un po' come quando si appoggia l'orecchio a terra. La città, a quel punto, inizia a parlare. 
A Barcellona se ne sono accorti quasi per gioco. "Avevamo installato un sismometro nella nostra sede, ma giusto per mostrare al pubblico come funziona" scrivono Jordi Dìaz e i colleghi dell'Institute of Earth Sciences su Scientific Reports.

Barcellona non si è fatta pregare e ha cominciato a far sentire le sue pulsazioni.

Il traffico, certo, e i fuochi d'artificio per la vittoria del campionato. Ma soprattutto la "Remuntada", a marzo, ha scosso la Terra con un sisma di magnitudo uno: il valore più alto mai generato da piedi umani. I sismometri hanno registrato tutti i gol del Barcellona contro un Paris Saint Germain che all'andata aveva vinto 4 a 0. Ma solo la sesta rete, quella della qualificazione all'ultimo secondo, ha superato ogni record. E dire che smuovere uno di quegli strumenti è tutt'altro che facile. Nel 2001 in Gran Bretagna un milione di scolari venne arruolato per l'esperimento "Giant Jump": al segnale del via i bambini dovevano saltare tutti insieme. Lo scuotimento venne avvertito solo in prossimità delle scuole. Nessuno strumento della rete fissa si accorse di nulla.

Un paio di mesi dopo la Remuntada, al Camp Nou si è presentato Bruce Springsteen. Del concerto il sismografo ha distinto ogni singola canzone, con "Shout" che ha fatto registrare l'accelerazione del suolo massima, seguita da "Dancing in the dark" e "Born in the Usa". Né il Barça era la prima squadra a scatenare un sisma (nulla di pericoloso: le scosse vengono percepite dall'uomo a partire dal terzo grado). Il primo esempio, il "gol del terremoto", fu segnato in Argentina nel 1992. Erano invece le 21 e 41 del 9 luglio 2006 e tutto era calmo quando 75mila tifosi e il sismografo di Potenza fecero un salto simultaneo. L'Italia aveva segnato contro la Francia il rigore del Mondiale. Il geofisico Marco Mucciarelli pubblicò un articolo scientifico sul "terremoto del salto di gioia". Da allora i sismi causati dall'esultanza sono diventati talmente comuni nella letteratura scientifica da aver ricevuto il nome di "footquakes".

Assai più comuni dei "terremoti da Mondiale" sono le vibrazioni sismiche da traffico. A Barcellona hanno iniziato a interrogarsi quando hanno visto l'onda svanire e rigenerarsi ogni due minuti esatti. Ce n'è voluto prima di capire che quello era il ritmo su cui era impostato il semaforo. "A Roma notavamo ogni treno della metro che frenava, si fermava in stazione e poi ripartiva" racconta Giuliano Milana, il ricercatore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che a luglio, con alcuni colleghi, ha pubblicato su Annals of Geophysics i risultati del monitoraggio sul traffico del Colosseo. "Rispetto a un vero terremoto - spiega - le onde sismiche della metropolitana sono più simmetriche. Vedi il segnale che si avvicina, raggiunge un picco e poi diminuisce quando il treno si allontana". Ma il Colosseo, nel complesso, pare ben protetto. "Le vibrazioni svaniscono a pochi metri di distanza e il monumento è costruito su una fondazione di calcestruzzo spessa 12 metri" spiega ancora Milana. E poi, anche appoggiandosi al suolo, c'è orecchio e orecchio. Quello di Virgo per esempio è in grado di sentire il passo di un uomo. A Càscina (Pisa), si trova l'antenna per captare le onde gravitazionali: uno strumento che deve essere completamente isolato dal rumore sismico. Jan Harms è il fisico del Gran Sasso Science Institute e dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che si occupa della progettazione. "Quando Virgo è in funzione, nessuno può avvicinarsi. Anche le vibrazioni di un singolo passo possono disturbarlo ". Se la prossima onda passerà durante una partita, finirà per diventare parte del tifo anche lei.

giovedì 16 novembre 2017

Un amore impossibile, ovvero Peppino Caramella e Ciccina Troja - racconti brevi - Ugo Arioti





Siamo abituati a sentire al telegiornale o a leggere sul quotidiano cittadino di rapine e furti in tabaccherie. Cose del tipo “Il giovane ha chiesto di poter acquistare un pacchetto di sigarette. All’atto del pagamento però, proprio nel momento in cui la tabaccaia ha aperto il registratore di cassa per dargli il resto, il ragazzo con mossa fulminea ha allungato le mani in direzione della cassa nel tentativo di appropriarsi del denaro contenuto”. Io, invece, è giusto che ve lo dica, sono legato al ricordo di uno dei più bei film della mia vita, e la tabaccaia è quella di “Amarcord” dell’immenso e fantasmagorico poeta dei sogni: Federico Fellini! Bella e prosperosa come Ciccina Troja, l’esercente di Via Bonello, la rivendita n° 23 che sta vicino al Panificio di Rosa Calandra, di fronte alla fermata dell’autobus.
Ora, dovete sapere che, ogni giorno semifestivo o festivo, un venditore di pane abusivo si ferma proprio di fronte alla tabaccheria e, ogni mattina di vendita, prima di cominciare il suo lavoro entra nel Sali e Tabacchi per comprare una o due buste di tabacco per il naso. Ma questa, come avrete già capito, voi siete furbi di sette gotte, è un scusa! Cosa vuole rubare il giovane Peppino Caramella nella rivendita di Ciccina Troja?

-          Ciccina, ... mi dai un soldo di tabacco per soffiarmi il naso?! - esordì, Peppino Caramella entrando nella bottega di Francesca Troja, in tabaccheria. Peppino vende il pane all'angolo tra Via delle Cappuccinelle e Via Matteo Bonello, proprio di fronte alla rivendita di sali e tabacchi.
-          Lo vuoi profumato? - lo interrogò lei, retoricamente, sorridendo ammiccante. Dovette ripetere la domanda due volte, perché Peppino era rimasto incantato e stordito dal balconcino della giovane venditrice di Sali e tabacchi, la Troja, aperto e in bella mostra, a portata del suo sguardo affamato d’amore e delle sue naturali conseguenze.
-          Allora, lo vuoi profumato o naturale? - ripetè la donna, allungando il sorriso, sorniona!, era un copione già recitato!
-          Che profumo ... di pri - ma - verahh! - balbettò, sospirando, con lo sguardo bloccato sul davanzale prosperoso e promettente della tabaccaia, Peppinello.
-          Oh, … - cercò di destarlo lei, e rideva quasi!, – Peppino, abbiamo Ozona President e Ozona Menthol, in confezioni da cinque grammi. Quale vuoi? -
Per tutta risposta il “panivendolo ambulante”, tirò un respiro e spalancò la bocca, mostrando alla donna il suo miglior sorriso.
-          Siete splendida, donna Ciccina! Datemi quello che più vi aggrada, perché oggi io vorrei morire sopra il vostro petto, come fosse il mio ultimo cuscino! – Certo, non è proprio una bella immagine, ma il trasporto con cui Peppino, recitò la sua parte, faceva capire che lui non ci pensava affatto a morire, in senso biblico, ma d’amore sì!
-          Sei scemo o ti ha mozzicato la mosca verde? - lo rimproverò, bonariamente, lei, muovendo il petto, come fosse una bandiera che il vento apre e chiude, apre e chiude, apre e chiude …
-          No, sono pazzo. Fuori di senno. Non capisco più niente, quando guardo i tuoi occhi verdi, come un lago di montagna ...-
-          Il gusto ci guadagna! Ma va! Peppinello, tu hai “appizzato” i toui fari sul mio seno e … -
-          E?... – speranzoso!
-          Niente, che vogliamo fare? Lo vuoi questo tabacco, sì o no? – sadica!
-          E datemelo voi, regina dei miei sogni d'amore! – lirico!
-          Anche poeta! – deridente!
-          Sarò lo scendiletto su cui cammini tu.... – buttò sul tappeto, come fosse la carta per vincere la mano di tresette. Peccato che il tresette, in questa disputa amorosa, è sempre col morto!
-          Menthol o President? – chiese lei, fissando i suoi occhi, spietatamente!
-          Tutti e due. Vi amo … sì, vi amo, Ciccinella bella mia! – Era l’ultima carta, sperava di far punto!
-          Vedi che sono tre soldi e due centesimi! – implacabilmente netta, come se la voce non fosse la sua, quella di un essere umano, ma di un computer, sintetizzata!
-          E che sono i soldi? Il vil denaro? La vostra leggiadra sostanza d'amore è più bella e importante di una fortuna in zecchini d'oro, di palazzi, di terre, di grandi imprese … - era all’ultima spiaggia e tentò pure la via della compassione per un pover’uomo innamorato!
-          Stai calmo, Peppino! Stai dando di testa. Ti incarto il tabacco. – secca e precisa come un orologio svizzero!
-          Fai pure! Mettilo insieme alle altre buste nella scatola mia! – le rispose, di conseguenza. Poi, tornò all’assalto della diligenza, col garbo di un bandito cortese che mira al cuore della bella passeggera: - Che occhi hai, piccina innamorata! Ahhh … – già vedeva, profilarsi all’orizzonte, una nuova sconfitta.
-      Oh, Peppe Caramella, la scatola che mi hai dato è già piena! – Quella, incurante dei suoi assalti!
-          No, che sentono le mie orecchie? Hai le scatole piene? Spero non di me, che come un gentil pastorello vengo, ogni mattino, a cantar le tue lodi o mia Signora!? – voleva buttarla in scherzo e risalire la china, ma ….
-          Peppino, te lo dico per l’ultima volta e non mi voglio ripetere: tu a me non mi puoi dare niente … perché io sono … - stava per dire “lesbica”, ma il giovane, che non sopportava che si tanta grazia di Dio venisse sprecata, secondo lui, era già uscito dalla tabaccheria.
Questa scena, ormai, si ripeteva da mesi e Peppino aveva investito una fortuna in buste di tabacco da naso, che poi teneva, per cortese concessione di lei, in una scatola di cartone nel retrobottega della tabaccheria, senza farne mai alcun uso.
Certo che la mente umana segue percorsi contorti e strani e non è mai paga di vivere situazioni e sentimenti lineari, di pianura. Ama le montagne, “le discese ardite e le risalite”!

mercoledì 15 novembre 2017

Odio la bugia patologica - da Marìmalamour di Ugo Arioti @2004



Odio la bugia patologica che è bugia sgradevole per chi la subisce. I maschietti hanno la  tendenza  a raccontare fatti inverosimili, gonfiare in maniera chiaramente incredibile dei fatti che si vogliono sostenere, e negare l'evidenza di fatti che gli altri scoprono o contestano. Nei miei compagni di genere mi viene facile scoprirlo, perché lo fanno senza una strategia generale. Maschi siamo, esseri troppo semplici e semplificati! Più difficile è scoprire una donna che falsifica la tua vita per averne un suo risultato, buono o cattivo non si sa, ma a lei pare giusto e così, lei diventa una bugiarda patologica che ha fortuna solo all'inizio, quando chi ancora non la conosce le dà fiducia. Il termine, infatti, è dato dalla durata del credito. Ovviamente, noi uomini, mariti, partner, amanti o amici siamo le figure più colpite da questa “disgrazia”. La bugiarda patologica non ha un fine pratico, concreto (come il truffatore) ma ha come fine quello di provocare reazioni di ammirazione e stupore negli altri, o anche di compassione e rispetto per racconti di torti o ingiustizie subite da lei, la povera vittima (predatrice famelica!). Ci ho messo dieci anni ad uscire dalla bugia della mia ex moglie, una famiglia di facciata (uno status sociale per lei a suo uso e consumo che non prevedeva la mia presenza se non per dare una parvenza di rispettabilità “sociale”ad una condizione di disastro psico-sentimentale). Ora non ci voglio cascare più. I sensi di colpa chi ce li ha se li tiene e non li esporta, a suo uso e consumo. 
Cara la mia Marì, non sono il tuo infermiere, il tuo tutore, il tuo factotum. Io sono un uomo e se mi vuoi, devi metterti in gioco anche tu per me. Lo dico a me stesso, tanto lo so che non lo farai mai. Anche tu hai la sindrome di Munchausen. Bisognerebbe fermarti con la verità, dite? 
No, troppo facile ... è inutile. Non ci provate.
Quando si arriva alla fase maniacale, un rifiuto, uno stop, sono una stilettata al cuore; lei non riesce a concepire che esista una ragione, e vede come unica ratio un rifiuto "personale", cioè una manifestazione di ostilità! 
Capite? 
Insomma, nella dimensione egocentrica della fase maniacale io non ho diritto ad aver ragioni per dirle di no, se non per una sorta di contrapposizione personale e ostile, una provocazione ingiusta, una svalutazione immeritata e paradossale del suo diritto ad avere quello che desidera per andare avanti. Se le nego qualcosa che lei vuole, può avere reazioni violente o cambiamenti d'umore bruschi e ostili, dopo insistenze infinite con modi gentili e tentativi di seduzione e persuasione. 
Capite in che casino sono? 
Dalla padella nella brace! 
Spero per voi che non vi troviate mai in questa situazione. Ne ho parlato con un mio amico medico e mi ha aiutato, terrorizzandomi. “La tua Marì è narcisista”! Mi ha sparato e ha aggiunto:“è un'abilissima seduttrice che usa l'arma della colpevolizzante e micidiale manipolazione del tuo cuore e della tua testa”! 
 Grazie! E allora? 
“Pazzo uomo, allontanati da lei! Questi soggetti, Marì è un prototipo da manuale, sono inguaribili masochiste e presuntuose ... presunte salvatrici di chi non vuole per nulla essere né salvato né cambiato.” Si ferma, come se avesse trovato un indirizzo che non trovava da chissà quanto in fondo alla tasca, si volta, mi guarda dritto negli occhi e spara: “Dimenticavo: il narcisista seduce non perché è interessato alla “vittima”, ma perché più vittime ha, più bella figura fa”. 
Cazzo!, ora capisco il discorso dei rami secchi che vanno tagliati e della potatura che lei mi fa spesso, come un disco rotto. 
Non sto straparlando, sono i suoi discorsi. 
Tre o quattro volte sono riuscito a portarla da uno strizzacervelli, ma lei riesce a truffare anche quelli più smaliziati e preparati. Se nasco di nuovo, voglio fare lo psicologo, tanto, per questa professione ricca, basta saper ascoltare e fare qualche test di colori e di macchie strane, e ti becchi dei bei cachè,  come rate di un mutuo perenne che i pazienti ti devolvono senza lamentarsi o protestare. Devono solo sdraiarsi e parlare un ora, per dirti cose che potrebbero dire a chiunque altro essere umano, ma non lo fanno perchè hanno paura, vanno dal loro confessore a pagamento. 
Solo quando non ne puoi più, stacchi la spina e li mandi da dove sono venuti con una parcella e un consiglio di quelli che si trovano su quelle belle macchinette da luna park, dati da la sibilla che a soli 2 euri ti consegna un fogliettino di carta con filastrocche e segnali di fumo a cui tu credi come un allocco! 
Alla fine della giostra la frase che ci rappresenta come genere umano è: Chi non ha peccato scagli la prima pietra e qua tutti dovremmo restare fermi, ma siccome, siamo inguaribili bugiardi patologici, armiamo il nostro braccio e spariamo. Tanto, tutti lo sanno, tutti lo fanno, tutti hanno scheletri negli armadi, tutti sono narcisisti e arroganti, tutti, nessuno escluso.

lunedì 13 novembre 2017

La solitudine fa sta male come un dolore fisico: ma sappiamo difenderci

L’ evoluzione ci spinge a creare nuove reti di amicizie o a recuperare quelle vecchie. Ma c’è anche chi ha bisogno d’aiuto per (ri)attivare le proprie capacità relazionali

di Danilo Di Diodoro


Tante seccature della vita quotidiana nascono dall’interazione con altre persone, ma uscire da queste rete di relazioni può portare a un situazione da tutti temuta: sentirsi soli. E il sentimento di solitudine fa stare male e può farci persino ammalare, a dimostrazione di quanto la nostra natura sia profondamente sociale. Una ricerca sugli effetti deleteri che la solitudine può avere sullo stato di salute è stata pubblicata da psichiatri e cardiologi tedeschi che hanno studiato oltre quindicimila persone, tra i 35 e i 74 anni, seguendole per cinque anni, durante i quali è stato tenuto sotto costante controllo il livello di salute psicofisica associato alla valutazione della presenza di un sentimento di solitudine. 
Depressione, ansia e fumo
«La solitudine crea significativi rischi in termini di salute mentale, sia per quanto riguarda la depressione, sia per quanto concerne il livello di ansia» affermano i ricercatori tedeschi, guidati dal professor Manfred Beutel del Department of Psychosomatic Medicine and Psychotherapy della Johannes Gutenberg University di Mainz. «La solitudine aumenta anche la probabilità di essere fumatori, un classico indicatore di uno stile di vita sbagliato. La ridotta qualità della salute mentale può poi essere causa di un maggior numero di visite dal medico, di ricoveri e di utilizzo di psicofarmaci. Presi nel loro complesso questi risultati danno un solido supporto alla convinzione che la solitudine dovrebbe essere considerata di per sé una significativa variabile di salute».
Stato emotivo soggettivo
Ma questo sentimento non è però semplicemente l’equivalente dello stare da soli, si tratta piuttosto di uno stato emotivo che riflette l’esperienza spiacevole del soffrire di isolamento sociale. Viceversa, se non esiste questo specifico stato emotivo, anche se si hanno pochi contatti sociali, non si producono effetti negativi sulla salute. Per la vera solitudine, insomma, deve esistere una discrepanza tra i nostri bisogni sociali e la loro possibilità di realizzazione nell’ambiente in cui ci si trova a vivere. Fortunatamente quando si percepisce davvero un doloroso senso di abbandono si attiva una spontanea ricerca di contatti sociali.
Ricerca spontanea di contatti
Secondo Pamela Qualter, della School of Psychology dell’University of Central Lancashire, autrice di uno studio su come evolve la solitudine nelle varie età della vita, proprio l’attivazione di questa spontanea ricerca di contatti fa sì che la vera e profonda solitudine sia spesso un’esperienza transitoria. L’evoluzione ci ha infatti portato a sviluppare una serie di meccanismi interiori che ci spingono a ricercare connessioni per vincere la sensazione di isolamento, un processo che è stato chiamato spinta alla riaffiliazione. Spiega la professoressa Qualter in un articolo pubblicato in Perspectives on Psychological Science: «Proprio come il dolore fisico è un segnale che si è evoluto per spingere una persona ad avviare azioni per minimizzare il danno al proprio corpo, così la solitudine motiva la persona a minimizzare il danno al proprio corpo sociale». È questa spinta alla riaffiliazione che motiva a rimettersi in gioco, a riallacciare vecchi contatti, a cercarne di nuovi.
Età diverse, bisogni diversi
Tutte le età della vita sono soggette al rischio di solitudine, ma le caratteristiche del rischio sono diverse con il passare degli anni. Se nella prima infanzia è la capacità di condividere le attività e i giochi a determinare la possibilità di stare nel gruppo dei pari, presto i bambini procedono verso più articolate esigenze dello stare insieme. «I piccoli passano dal semplice desiderio di stare fisicamente vicini gli uni agli altri al bisogno di un’amicizia più intima caratterizzata da una sensazione di “validazione di sé”, di reciproca comprensione, di possibilità di aprirsi con l’altro, di sentirsi in empatia » chiarisce Qualter. «Un’amicizia con maggiori aspettative si sviluppa poi durante l’adolescenza e fino alla prima gioventù, quando aumenta il bisogno di intimità. E se la “quantità” di amicizie può essere importante nel predire un senso di solitudine nell’infanzia, la “qualità” sembra contare di più nell’adolescenza». Attorno ai 14-16 anni il bisogno di stare con gli altri diventa ancora più complesso: c’è bisogno di amici intimi, ma anche di un intero gruppo di riferimento, finché la situazione diventa ancora più articolata con la necessità di relazioni amorose. Sensazioni di solitudine si possono provare per il malfunzionamento di ciascuno di questi aspetti della vita relazionale. Poi nella fase centrale della vita, almeno per chi non è rimasto single, è la qualità della relazione con il partner a definire soprattutto il rischio di sentirsi soli.
Il ruolo dei social network
«Infine negli anziani emergono altri specifici fattori di rischio per la solitudine — aggiunge la ricercatrice britannica —. Sono la possibile perdita del partner, il ridursi delle attività sociali a causa delle disabilità fisiche e della salute compromessa, l’eventuale condizione di fragilità del partner». Una curiosità: nella nostra epoca i social-network sono un antidoto efficace contro la solitudine? Si sarebbe portati istintivamente a dire che con tanti amici virtuali siamo meno soli, ma secondo David Sbarra, psicologo dell’University di Arizona, curatore di un numero della rivista Psychological Science sulla solitudine, finora non ci sono prove che l’amicizia virtuale abbia davvero effetti positivi su benessere psicologico e salute.
 

mercoledì 8 novembre 2017

Gli Impresentabili e il vizietto della destra retrò

Le elezioni del 5 novembre ci hanno consegnato un governo di gentaglia e vecchi fantasmi fascisti del trascorso triste ventennio.
Un Presidente, Nello Musumeci, che più fascio non si può, nemmeno col DIXAN, e una manica di impresentabili e figli poco più che adolescenti di impresentabili, che si protestano grandi attivisti politici, per il solo fatto che qualche annetto prima, nella pancia della madre scalciavano per far capire che sarebbero stati dei politicanti protesi verso una protesta che avrebbe avuto il suo giusto posto nel parlamento siciliano!
Ergo, la destra unita vince con il vecchio e becero cavaliere Berlusca, seppur ridotto al 15%, la dove godeva di maggioranze bulgare. e deve, questa destra lavata con PERLANA, ringraziare l'elettorato che ha scelto di non recarsi a votare, non credendo più nel teatrino politico e dopo cinque anni di devastazioni e bugie del PD e del Presiniente Crocchetta.
Aggiungiamo che, il buongiorno si vede dal mattino, già pronto per montare in sella e sgovernare la Sicilia per i prossimi cinque devastanti anni TraNello Musumpetra ha già perso un pezzo, un arrestato per frode fiscale, peccato sarebbe stato un Assessore all'Economia e Finanze perfetto se la Magistratura, questi rognosi, non lo avesse tradotto in Carcere....il primo dei non eletti, ringrazia, almeno fino a quando non lo arrestano ha un posto all'ARS!
Povera gente e poveri i nostri ragazzi, dovranno continuare ad emigrare per trovare un po' più di dignità con un lavoro e cercare di costruire un futuro possibile, meditate gente, meditate.

Also sprache Zaratustra (u siculo)

martedì 7 novembre 2017

Encelado, il suo oceano bollente ha miliardi di anni

Un nuovo studio fa luce sull'intensa attività geotermale che avrebbe riscaldato l'immenso oceano della luna di Saturno



NEL sottosuolo di Encelado, una delle lune più famose di Saturno, si nasconde un immenso oceano di acqua caldissima. Un oceano profondo decine di chilometri e che, secondo uno studio recente, è continuamente riscaldato da miliardi di anni. E’ questa la conclusione di un team internazionale che ha indagato sui fenomeni capaci di riscaldare un corpo così lontano dal Sole.

Il lavoro è in accordo con l’ipotesi più accreditata, cioè che il calore sia una conseguenza della forte interazione gravitazionale fra il satellite e Saturno. Assumendo che il nucleo di Encelado sia costituito da rocce porose e facilmente deformabili, gli scienziati hanno calcolato la temperatura e lo spessore dell’oceano, in accordo con quanto suggeriscono i dati raccolti dalla sonda Cassini prima del suo "tuffo" finale nelle nubi di Saturno. Lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, fornisce un nuovo importante contributo per capire la natura dell'oceano sotterraneo di Encelado, fra i luoghi più promettenti dove cercare la vita nel Sistema Solare.

GEYSER SPAZIALI
La presenza di un oceano sotterraneo riempito da acqua caldissima è suggerita soprattutto dagli enormi geyser osservati dalla sonda Cassini nel corso della sua missione. Le immagini della sonda mostrano infatti dei giganteschi getti che partono dalla superficie del satellite e si estendono per centinaia di chilometri nello spazio. Analisi più dettagliate mostrano che questi geyser sono formati da vapor d’acqua  misto a sali e silicati, e ciò fa pensare che si siano formati dal passaggio di acqua caldissima attraverso vari strati di roccia.

Grazie alla sonda Cassini è stato possibile determinare anche la struttura delle regioni interne, mostrando che questo oceano si trova in profondità, sotto una crosta ghiacciata spessa circa 20 chilometri, che si assottiglia nei pressi del polo sud del satellite.

TUTTA COLPA DI SATURNO
Per produrre geyser come quelli osservati è necessaria la presenza di acqua in profondità a temperature di almeno 90 gradi. Per riscaldare l’oceano sotterraneo fino a queste temperature non basta l’energia prodotta dal decadimento degli elementi radioattivi presenti nel nucleo del satellite, pertanto gli scienziati hanno pensato a ipotesi alternative.  “Da dove Encelado prenda la potenza necessaria a rimanere attivo è sempre stato un po’ un mistero, ma ora abbiamo considerato in maggior dettagli come la struttura e la composizione del nucleo roccioso potrebbe giocare un ruolo chiave nel generare l’energia necessaria”, ha commentato Gael Choblet dell’Università francese di Nantes, primo autore dello studio.

Secondo il modello più accreditato infatti, Encelado sarebbe riscaldato dagli attriti interni generati dalle forze di marea esercitate da Saturno, che continuamente deformano il satellite nel corso della sua orbita.
NEL sottosuolo di Encelado, una delle lune più famose di Saturno, si nasconde un immenso oceano di acqua caldissima. Un oceano profondo decine di chilometri e che, secondo uno studio recente, è continuamente riscaldato da miliardi di anni. E’ questa la conclusione di un team internazionale che ha indagato sui fenomeni capaci di riscaldare un corpo così lontano dal Sole.

Il lavoro è in accordo con l’ipotesi più accreditata, cioè che il calore sia una conseguenza della forte interazione gravitazionale fra il satellite e Saturno. Assumendo che il nucleo di Encelado sia costituito da rocce porose e facilmente deformabili, gli scienziati hanno calcolato la temperatura e lo spessore dell’oceano, in accordo con quanto suggeriscono i dati raccolti dalla sonda Cassini prima del suo "tuffo" finale nelle nubi di Saturno. Lo studio, pubblicato su Nature Astronomy, fornisce un nuovo importante contributo per capire la natura dell'oceano sotterraneo di Encelado, fra i luoghi più promettenti dove cercare la vita nel Sistema Solare.



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