venerdì 17 dicembre 2021

Don Pisciotta e Saro Panza @UgoArioti2016

Delle strane avventure e accadimenti di Luigi Pisciotta, inteso don Pisciotta e Rosario Panza, detto Saro.

Ovvero, riusciranno i nostri due eroi a portar giustizia e decoro umano

nell’antica capitale guglielmina?

Ispirato, liberissimamente assai, al Don Chisciotte della Mancia!

Sceneggiatore, scrittore, ideatore letterario (e chi più ne ha più ne metta)

 l’architetto e scrittore panormita Ugo Arioti, Conte di Sant’Ermete,

illustratore il rinomato pintore palermitano l’architetto Stefano Zangara

Prima puntata – Incipit ( Accumincia accussì!)

 

Ricordate, miei Signori, l’opera del grande Cervantes, il Don Chisciotte della Mancia? È considerata una delle opere più importanti della letteratura mondiale. Lo scrittore spagnolo principia il primo libro con un pretesto. Narra di aver ritrovato, casualmente, un manoscritto in arabo dello storico Cide Hamete Benengeli, in cui è narrata tutta la vicenda cavalleresca del nobile don Chisciotte della Mancia. Bene, anche a me e al mio amico Stefano, camminando per le strade di antica memoria e di lunga storia arabo-normanna del centro di Palermo, vicino ad un edificio semi diruto, è capitato di rinvenire un vecchio libro. Ora vi racconto!


 

Derelitto e pietoso, stava sulla balaustra di una finestra, pronto a spiccare un “salto” verso il cassonetto. La cosa, naturalmente, ci colpì perché non doveva succedere nel 2018, nella Capitale della Cultura, che un testo, seppur vecchio e malmesso, finisse nella spazzatura come un volgare rifiuto solido urbano!

- Stefano! - richiamai la sua attenzione - lo vedi?

- Il libro?

- Sì, poverino, se non lo prendiamo finirà nel cassonetto!  

- Prendiamolo!

Avevamo, nelle tasche, casualmente, un paio di guanti da chirurgo usa e getta. Così, io raccolsi quel disgraziato tomo che pareva un ammasso di fogli ingiallito, ricco di polvere e di insulti del tempo e dei piccioni.

State pensando che è una volgare presa in giro, ordita per arrivare ad asserire che il volume era scritto in arabo, e, magari, che era firmato, in un angolo spiegazzato, da Cide Hamete Benengeli. No, non è così! Stefano, col suo basco da pittore, e il sottoscritto, Ugo di Sant’Ermete, vedendo quel libro decidemmo di salvarlo dall’eterno oblio, tutto qua!

Aprendo con cautela qualche pagina pensai che si trattasse di un manuale di educazione sessuale pubblicato nel Secolo della “Grande guerra mondiale”, da un magrebino di nome Ràmmj Chiavì da Màghinà!, perché questa era l’unica scritta che si poteva leggere sul dorso del volumetto!

Per farla breve, per quel vecchio libro, “menzu spaiddatu”, è nata una competizione cripto letteraria tra me e Stefano. Oltre quel nome sbiadito, c’era un testo con immagini e sovra iscrizioni.

- Che te ne pare, c’è un numero: Ottocento e una lettera, la “A”! - gli dissi.

- “Ottocento A”?

- Sembrerebbe proprio così!

- Allora è un manuale di filosofia del sesso! Attipo, il Kamasutra! - esclamò, Stefano, prendendolo in mano per esaminarlo. Milioni di dubi e perplessità ne vennero fuori a un primo acchito. Eravamo in una zona di massimo degrado dove il tempo e il ciclo delle stagioni e scandito dall’orologio da “munnizza”. Il libro abbandonato, in fin di lettera, era in sintonia con l’ambiente.

- Mah! Stefano, a mia mi pari un esclamativo poetico, di uso comune a Palermo! - esclamai, dopo aver considerato superficialmente il tomo.

- E siddu è u titolo? Ugo! Secondo me, è un trattato filosofico!

- Potrebbe anche essere! - risposi, senza esserne pienamente convinto. Bisognava togliere la polvere del tempo, per un migliore approfondimento, ma ce ne guardammo bene. Nsa mai!

In conclusione, non ci capimmo un granché! Ergo, necessitava trovare uno scienziato, alla portata delle nostre tasche, che potesse ripulire e sbrogliare la matassa e spiegare a noi la natura del manoscritto. La scelta fu rapida e immediata, quasi indolore. Entrambi, guardando il libro e considerando il luogo del ritrovamento, esclamammo: - Il professore Giustino Ridisco!

Un anziano insegnante di lettere e francobolli, in pensione da sempre, che abita a Ballarò!

Così, sic et simpliciter, per dirimere la faccenda, siamo andati a bussare alla porta dell’illustre ed erudito filosofo dell’Albergheria Giustino Ridisco, detto Tino, un libero pensatore, libero da ogni “travagghiu”, libero da ogni lobbie economico finanziaria capitalistica e liberi tutti!

Lui, dopo due settimane di “spacernamento” (lavoro mentale), è riuscito a decifrare quell’opera. Dopo averlo ripulito e sistemato alla meno peggio, il vecchio e illustre professore, Tino Ridisco, ci espose il suo pensiero.

-Picciuotti, semu iu Vicè e u zu Tatò, vuavutri u capiti ca almenu una manciata na ‘nGrassciata, l’avissimu a fari!

- Chi veni a diri prufissuri! Mancanza!

Così si sciolse la sua lingua e ci espose la sua tesi. Non era, a dir suo, come in un primo momento avevo pensato, un manuale di “educazione sessuale”, bensì un romanzo cavalleresco. Non era scritto da un arabo, ma da un certo Panfilo Filibustelli, noto a Palermo nel XVII Secolo come filosofo, lettore di nuvole e narratore eccelso! Restava il mistero di quel bisillabo di uso frequente in queste contrade dell’Isola:800A?! Tino Ridisco asserì che doveva trattarsi di tre numeri e una lettera: 800A!, un codice di classificazione archivistica! Mah?

Ora vorrei dirvi qualcosa sull’uso cavalleresco, non so perché, magari solo per allungare il sugo e levarci quel coccio di piccante r’astrattu! La cavalleria errante è viva ancora oggi. Sono individui che pensano di poter modificare in meglio la realtà, tristemente conosciuta da tutti, dello sfruttamento e della furbizia seriale; insomma, questi residui di rivoluzionari da cavalletto e ricamo, piuttosto che cercare di organizzare una controrivoluzione per abbattere il sistema capitalistico di sfruttamento dell’individuo, lo ammoniscono e lo multano con le loro avventuresche scorribande! Questi eroi, siano essi professori universitari o scaricatori di porto, cercano di ottenere un risultato utile, a senso loro, per far giustizia. Si lanciano nella mischia, sicuri di salvare qualcuno o punire chi fa un torto, ma, il più delle volte, creano più rumore che danno:  cavalieri “erranti”! Che state pensando? Che questa è una storia da medio evo? No, questo è il racconto di quello che succede ancora oggi. Qua la domanda sorge spontanea, cosa è un cavaliere “errante”? È un uomo forte e valoroso, incurante dei pericoli e dei rischi, pronto a mettere a repentaglio la propria vita per fare del bene? No, è un cavaliere che erra, nel senzo di “cummina minchiati”! Il massimo esponente di questa illustre categoria è Rolando, nipote e paladino di Carlo Magno, ma questa è un’altra storia!

Signori miei illustrissimi ecco perché ci ispiriamo al “Don Chisciotte” di Cervantes!  Stimolati da questo modello, vogliamo raccontarvi, amati lettori, la storia di don Pisciotta, al secolo Luigi Pisciotta e Sariddu Panza, detto Saro.

Oh mi stancavu. Haiu a lingua surata, basta, firmamunni ‘ca, ma vi aspettiamo il prossimo mese per raccontarvi le avventurose avventure di Luigi e Saro, bedda matri, picciotti, chi cuosi! Salutamu!

 

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