Maiori
Clear the sky, clean. The sun was blinding and we were close to the sea, we
remained with ourtowels on our shoulders, like soldiers on boarding, to enjoy
this descent among the cliffs of this wonderful road that took the beach,
“amalfitana”. Calm and placid the wave and the wind almost
distracted; he murmurs away from the pebbles of
Maiori's little beach. Travel, strand silent, between
the three trees and white boats and Latin mules named “caciucchi”,carefully arranged, dormant, lying at
an anchor in an open field of light and sweet taste of holiday and sea, friendly coast and
laughing. She was splendid and happy, as I had not seen
her yet, her smile was light and nourishment for my soul who
was looking for her landing place. We had been together for a few
months, but we already managed to have a mature and passionate understanding of
each other, warm and full of emotions and kisses. Amalfi, our destination. Maiori,
waiting for us at the passage, where the road goes down to the sea, to embrace
it, before going up and down again for the delicious and severe bends
that cross and embrace the moon, Minori ,
Atrani and Amalfi , under the delicate gaze of the
terraces of Ravello . Our first trip, preview of a
honeymoon, still green and all to be discovered.
The verse of a friend seagull and the song of the fish, were an invitation to appease my young thirst
for love in the waters of the Tyrrhenian Sea, where a few strokes are enough
and the beach ends ... and the mountain plunges into pleasant depths. You,
my woman, did not like water. She remained on the shore looking
for rest in that thin sand, sand
that shine , for a mile, like a tapestry, hiding under
the sea blanket happy fish that roam cheerful and festive like
swallows in the spring sky.
Like
Ulysses, I wanted to be part of the world and feel like his son. I gave her a kiss, listened to her heartfelt
recommendations, and then run towards the boats that, drowsy,
greeted my entry into the sea. I wore my diving fins, Rondine!
This
was for me the time of my best physical form and, in apnoea, I descended
judiciously but with the certainty of being able to keep the time necessary for
the life and joy of a land fish, which measures its steps and controls its
impulses!
Before
diving, I had approached one of those boats at anchor that were lulling read on
the delicate habit of the sea, almost still: a three trees, beautiful boat,
long and powerful.
A
dip, and then the delicate silence,
a prelude to the voices of the water; the calm of the sea that
welcomes you, embraces you and pampers you with its
wonders to be discovered. So, as a son of the Ocean I immersed
myself to see with myeyes in love with the
thousand colours of the backdrop and to analyse the life of his
ancient and new people. A unique emotion.
Fish among the fish! A
crystalline water that the Sun penetrated and made disappear! Strokes
of rowing, strong and rhythmic: I went down. “Saraghi” and fish
with a yellow livery, like so many festive dogs, swam around me. This
is an atypical place for the Amalfi coast. Here there is a beach and
there is water, lots of water, you no longer see the mountain that plunges into
the waves and sinks its roots into the currents, covering itself with actinia
and corals. Water, lots of water and fish, lots of fish. I
slipped light and secure like a baby in the mother's womb. Each
stroke of fin descended for almost two meters.
So it was, that I began to see, preceded by a ray of
sunlight that penetrated the refuge of the sirens: the bottom of the sea of
Maiori, under the sleeping boats. It was there, close to me, two
or three strokes of kidneys and I could have touched it with my greedy hands,
friends of adventure. The sand, it seemed to me, seemed to form
delicious and already seen curves. Yes, the deserts, the moving
dunes! Or in May, the wheat fields,
immense, surrounded by the stacks of the friendly mountains, that
the wind makes a sea seem to be moving... sensations and colours that my
mind and the fixed image of that backdrop seemed ever closer, but unattainable.
I almost no longer thought of myself, but only of the joy of grabbing a fistful of that
magical sand. Then, suddenly, a whistle came to my ears: it was the
direction of a dolphin.
I stopped to see and sighted his
silhouette that escaped my field of vision, he moved away. Dolphin
friend, I owe you my life. I looked toward the line between sea and
sky and saw, like a small white dot, the keel of that big three-trees boat,
near which I had plunged. Too small and too far. Without
wasting time, I started the ascent. Another shot of fins towards
the bottom and I would not have made it to find the sun hanging from two lazy
clouds of August. The dolphin friend greeted me, jumping agile and
safe over the surface of the water, and I sensed that in his good-bye there was
a reproof, deserved, for my stupidity as a man on the ground. I
stopped, happy, tired and to catch my breath, and I reminded myself of the
ancient proverb: in the sea and in the sky, there are no taverns!
Traduzione di Alessandro Arioti
Maiori
Chiaro il cielo, pulito. Accecante il
sole e vicino al mare, restiamo con le tovaglie in spalla, come soldatini
all’imbarco, per godere di questa discesa tra le scogliere della diamantina
strada del mare, amalfitana. Calma e placida l’onda e il vento quasi distratto;
mormora lontano dai ciottoli della spiaggetta di Maiori. Viaggia, trefolo
silente, tra i tre alberi e le barche bianche e i caciucchi latini, sistemati
con cura, dormienti, all’ancora in una spianata di luce e di sapore dolce di
vacanza e di mare, costa amica e ridente. Lei era splendida e felice, come non
l’avevo vista ancora, il suo sorriso era luce e nutrimento per l’anima mia che
cercava il suo approdo. Stavamo insieme da qualche mese, ma già riuscivamo ad
avere una intesa matura e passionale, calda e ricca di emozioni e di baci.
Amalfi, la nostra meta. Maiori, al passaggio ci aspettava amica, dove la strada
scende fino al mare, per abbracciarlo, prima di risalire e riscendere per i
tornanti deliziosi e severi che attraversano e abbracciano la luna, Minori, Atrani
e Amalfi, sotto lo sguardo delicato e amico delle terrazze di Ravello. Il
nostro primo viaggio, anteprima di una luna di miele, ancora verde e tutta da
scoprire.
Il verso di un amico gabbiano e il
canto dei pesci, erano un invito a placare la mia giovane sete d’amore nelle
acque del mar tirreno, là dove bastano poche bracciate e finisce l’arenile … e
la montagna si tuffa nelle amene profondità. Lei, la mia donna, non amava
l’acqua. Restava a riva cercando riposo in quella sabbia sabbia sottile che
splende, per un chilometro piano, come un arazzo, nascondendo sotto la coperta
del mare pesci felici che scorrazzano allegri e festosi come rondini nel cielo
della primavera.
Come Ulisse, volevo
far parte del mondo e sentirmi suo figlio. Le diedi un bacio, ascoltai le sue
accorate raccomandazioni, e poi mi spinsi verso le barche che, sonnecchianti,
salutavano il mio ingresso nel mare. Indossai le mie pinne da sub, Rondine!
Era quello, per me,
il tempo della mia forma migliore e, in apnea, scendevo giudiziosamente ma con
la sicurezza di poter restare il tempo necessario alla vita e alla gioia di un
pesce di terra, che misura i suoi passi e controlla le sue pulsioni!
Prima di immergermi,
avevo avvicinato una di quelle imbarcazioni all’ancora che si cullavano leggere
sul vezzo delicato del mare, quasi immobile: un tre alberi, bella imbarcazione,
lunga e possente.
Un tuffo, e poi il delicato
silenzio, preludio alle voci dell’acqua; la calma del mare che ti accoglie, ti
abbraccia e ti coccola con le sue meraviglie da scoprire. Così, figlio
dell’Oceano mi immergevo per vedere con i miei occhi innamorati i mille colori
del fondale e scrutare la vita del suo popolo antico e sempre nuovo.
Un'emozione unica.
Pesce tra i pesci! Un acqua
cristallina che il Sole penetrava e faceva scomparire! Colpi di remi, forti e
ritmati: scendevo. Saraghi e pesci dalla livrea gialla, come tanti cagnolini
festosi, mi correvano attorno. Questo è un luogo atipico per la costiera
amalfitana. Qua c’è spiaggia e c’è acqua, tanta acqua, non vedi più la montagna
che si tuffa nei flutti e affonda le sue radici nelle correnti ricoprendosi di
attinie e coralli. Acqua, tanta acqua e pesci, tanti pesci. Scivolavo leggero e
sicuro come un bambino nel ventre della madre. Ogni colpo di pinna scendevo per
quasi due metri. Fu così, che cominciai a vedere, preceduto da un raggio di
sole che penetrava il rifugio delle sirene: il fondo del mare di Maiori, sotto
le barche dormienti. Era lì, vicino a me, due o tre colpi di reni e l’avrei
potuto toccare con le mie avide mani, amiche dell’avventura. La sabbia, così mi
appariva sembrava formare curve deliziose e già viste. Sì, i deserti, le dune
che si spostano! Oppure di maggio, i campi di grano, immensi, circondati dai
faraglioni delle montagne amiche, che il vento fa sembrare un mare in movimento
… sensazioni e colori che cullavano la mia mente e l’immagine fissa di quel
fondale che sembrava sempre più vicino, ma inarrivabile.
Quasi non pensavo più a me stesso, ma
solo alla gioia di afferrare un pugno di quella magica sabbia. Poi,
improvvisamente, un fischio giunse alle mie orecchie: era il verso di un
delfino.
Mi fermai per vedere e avvistai la sua sagoma che sfuggiva dal mio campo
visivo, si allontanava. Amico delfino, ti devo la vita. Guardai verso la linea
tra mare e cielo e vidi, come un piccolo puntino bianco la chiglia di quella
grande imbarcazione a tre alberi, vicino alla quale mi ero immerso. Troppo
piccola e troppo distante. Senza perdere tempo, cominciai la risalita. Un altro
colpo di pinne verso il fondo e non ce l’avrei più fatta a ritrovare il sole
appeso a due pigre nuvole allegre d’agosto. L’amico delfino mi salutò, saltando
agile e sicuro sopra il pelo dell’acqua, e percepii che nel suo arrivederci
c’era un rimprovero, meritato, per la mia stupidità d’uomo di terra. Mi fermai,
felice, stanco e per riprendere fiato, e ricordai a me stesso il proverbio antico: in mare e in cielo, non ci
sono taverne!
Ugo Arioti