mercoledì 28 febbraio 2018

Alfredino Gullotta, il giorno che non fece ritorno - Ugo Arioti - racconti brevi





Ci sono posti nel Mondo che non bisognerebbe mai penetrare. Luoghi fantastici e surreali, ipnotici. Questo non vale per chi ha l'anima dell'esploratore, lui varcherà la linea dell'orizzonte e non ascolterà alcun consiglio pur di arrivare al centro dell'universo che sta invadendo con la sua ingombrante presenza. Fu così, almeno dicono in tanti, che sparì in una bella giornata di primavera Alfredo Gullotta, detto lo scout. Partì verso le dieci e trenta dal suo rifugio sul lago di non so dove e oltrepassò il limite tra cielo e terra verso mezzo giorno, cadendo, ricordano gli unici testimoni che non videro mai niente: “fu verso le dodici o tredici, non ricordo, ma fu, ne sono quasi certo, dalle montagne della Luna piena, apparve una sagoma nera che si stagliò, prima, contro l'orizzonte e poi precipiò tra le acque della Gora e le nuvole della volta celeste”.
Cadde in un vortice di emozioni e di ricordi che accesero la sua anima come un fiammifero. È tutto qui.
Questo è il racconto brevissimo che abbiamo tratto dalle bocche di quei pochissimi mistificatori, mezzo ubriachi e mezzo sordi, che per 50 centesimi di dollaro sono disposti a raccontarti, anche, che lo videro ascendere al cielo e se gli dai un buon bicchiere di vodka possono anche raccontarti del carroccio trainato da buoi alati che scese dal blu per rapirlo. Storie di poco conto.
Resta il fatto che non sappiamo neanche se si chiamasse, veramente, Alfredo Gullotta, esploratore e solipsista?

martedì 27 febbraio 2018

Senza il lavoro, con meno vita Ecco la poverissima Sicilia



PALERMO - La Sicilia è la regione con il più alto tasso di persone a rischio povertà in Europa: il 41,8%. Nell'isola un terzo dei giovani tra 15-24 anni (il 31,9%) non studia né lavora (Neet). Una bimba nata in Sicilia nel 2016 ha una speranza di vita di due-tre anni in meno di una bambina nata altrove. Anche rispetto al nord Italia: 83,8 anni a Palermo, 86,3 a Trento. Sono i dati di una ricerca sull'attuazione in Sicilia del Sia (Sostegno all'inclusione attiva), la misura contro la povertà adottata nel paese nel 2016 e che, da quest'anno, ha ceduto il passo al Rei (il Reddito d'inclusione). Quest'ultimo è la prima misura strutturale, non tampone, a essere stata adottata in Italia per fronteggiare le situazioni di marginalità sociale.

La ricerca è stata illustrata da Liliana Leone, direttrice del Cevas, il centro di studi sulle politiche pubbliche con sede a Roma. In Sicilia ha coinvolto 47 distretti sociosanitari su 55 scegliendo Palermo come il luogo di uno degli otto studi di caso svolti in Italia. I dati sono stati al centro del meeting "Contrastare la povertà per la crescita della Sicilia", organizzato a Palermo. Ad aprire i lavori, Rosanna Laplaca della segreteria regionale Cisl, che ha illustrato posizioni e rivendicazioni della Alleanza siciliana. "Il Rei - ha detto - è una grande sfida e assieme una grande opportunità. Perché punta ad affrontare il tema dell'esclusione sociale con un approccio strategico e in un'ottica complessiva che mette al centro la persona".(ANSA).

mercoledì 14 febbraio 2018

Fra Dolcino e le donne penitenti - racconti dell'iperspazio Ugo Arioti


Paenitentiagite, quia appropinquabit regnum caelorum





-        Ma che vuole, non sono una verginella! Ma il brodo è buono?,... o non lo gradite? - rilanciò Norina del Bricco, avvenente e procace figlia del capo villaggio uscito con i suoi dal caseggiato per obbedire agli ammonimenti del frate e del suo luogotenente, niente più che un bizzarro essere carnascialesco, sempre affamato di sesso e di pane. Lei, era furba...e, gradiva le avances del predicatore “fricchettone”!

-        Paenitentiagite, quia appropinquabit regnum caelorum! - gridacchiò, selvaggiamente lui e si lanciò nell'amplesso.

-        Maestro...ohoho...- biascicò il confrate del “fricchettone” - Io pure..mgnam! -

-        Idiota, devi fare penitenza! - gli urlò il suo priore – Mettiti a guardia della casa! Altrimenti ti punisco come sai! -

-        Noh, noooh...- piaggnuccolò il malcapitato adepto e si accucciò sull'uscio, con un occhio alle scene erotiche e uno al mondo esterno.

In quella stanza le donne erano tre: la madre di Norina, lei e la sorella Tica, poco più che una ragazzina. L'apostolo dell'Apocalisse, ebbe un attimo di tentennamento, ma pensarono le donne a togliergli il dubbio, spogliandosi e offrendosi al desco vespertino,...per espiare i peccati. Fu così, che sciolsero i pensieri al duce e lo convinsero, ancor di più, che era nel giusto e quando si è nel giusto, non si sbaglia! Per la cura dell'anima bisognava,... e lui, abbisognava!, perchè era l'Angelo della Giustizia!

giovedì 8 febbraio 2018

'Ndrangheta, un racconto mancato

Ha dirompente forza militare e impareggiabile disponibilità economica, si muove con disinvoltura nella globalizzazione e cura ossessivamente le tradizioni, sa essere ciò di cui ciascun territorio ha bisogno e gode di trasversale consenso sociale. E poi, naturalmente, dispone di preziose relazioni ad alto livello, in Italia e Oltreoceano. Tasselli fondamentali ma non sufficienti. Per comprendere appieno l'immenso patrimonio di potere della 'Ndrangheta ne manca almeno un altro: il silenzio.
Nessuno la nomina, la conosce o la capisce davvero, la 'Ndrangheta. Al punto che  sbagliano persino a scriverla o a pronunciarla. La scrivono n'drangheta, la pronunciano andrangheta. Capita a giornalisti e politici, intellettuali e presentatori televisivi. Persino a chi di mafie si occupa per mestiere. Era così dieci o venti anni fa, è ancora così. Nonostante la 'Ndrangheta sia divenuta protagonista assoluta della scena mondiale.
Non una banale questione di forma, piuttosto il segno inequivocabile che mai è stata presa sul serio: l'hanno derubricata a questione di banditi e cafoni e confinata in fondo allo Stivale persino quando – nella stagione dei sequestri  – ha costretto il Paese a occuparsi di lei.
Probabilmente è accaduto perché la Calabria – e con lei la 'Ndrangheta – è rimasta a lungo coperta da un'ombra che le ha negato una rappresentazione di sé. È una regione piccola e poco popolosa, economicamente fragile e priva di tradizione informativa. Tutti elementi che l'hanno resa vittima di una sorta di patto non scritto per cui il Paese l'ha considerata una terra persa e quindi non meritevole di attenzione, racconto e investimenti. E quindi il luogo perfetto per le operazioni politiche o imprenditoriali più spregiudicate.
Ma c'è di più. La Calabria ha avuto – ha – una classe dirigente delegittimata dai fatti, spesso compromessa, incapace di affrontare le contraddizioni di una terra orgogliosa eppure rassegnata, rancorosa eppure capace di generosi gesti di accoglienza e cittadine e cittadini incapaci di decidere collettivamente del proprio futuro.
La 'Ndrangheta – mente raffinata e braccio violento – ne ha approfittato: ha scelto l'inabissamento, sfruttato la crisi di Cosa nostra, cavalcato le leggi del capitalismo, lo strabismo interessato delle classi dirigenti e la poca curiosità dei media ed è diventata la mafia più ricca e potente restando la più sconosciuta e impenetrabile.
Strano, e vero. Per verificarlo basti pensare a quanti nomi di boss, vittime innocenti, luoghi della 'Ndrangheta sono conosciuti oltre il Pollino. E poi ripetere questo banale esercizio con Cosa nostra o la camorra, persino con la mafia americana. Lo stesso discorso vale per la produzione culturale: c'è un filone importante (anche dal punto di vista dei numeri) che riguarda le mafie – siciliana e campana, statunitense o sudamericana – ma non ancora, non abbastanza della 'ndrangheta. Per almeno tre concause: per molto tempo non è esistito un mercato (i  recenti segnali di cambiamento non sempre sono premiati dal pubblico), non c'è ancora un sistema Calabria capace di sostenere gli sforzi creativi, i media italiani o internazionali non sono stati sinora abbastanza curiosi o interessati a vincere i pregiudizi.
Per questo hanno fallito il loro racconto persino un maestro del cinema come Luigi Comencini con il suo “Un ragazzo di Calabria” o, addirittura, la Bbc che a Reggio Calabria è divenuta famosa per il falso reportage degli Anni 90. Non ha cambiato le cose neppure l'enorme visibilità di alcuni magistrati.
Le eccezioni almeno sul piano della qualità naturalmente non sono mancate – l'opera di Corrado Alvaro e  “Il selvaggio di Santa Venere” di Saverio Strati, sicuramente lo straordinario “Africo” di Corrado Stajano, alcune altre opere letterarie e cinematografiche più recenti – ma c'è ancora un terreno sterminato da esplorare, e su cui misurarsi.
L'immaginario della Calabria e della 'Ndrangheta (magari anche dell'anti-'Ndrangheta) è tutto da costruire: è un tema di libertà e giustizia sociale e al contempo una sfida creativa e culturale, un'interessante prova produttiva. È una grande opportunità, che non andrà sprecata soltanto se si sceglierà di evitare le scorciatoie, di superare (anche da parte dei calabresi) resistenze e pregiudizi, di percorrere strade insicure, di accendere una luce sugli assetti perversi e per nulla tranquillizzanti del potere, di affrontare senza certezze le contraddizioni del Paese
Soltanto così il racconto della 'Ndrangheta – le sue storie inedite e spiazzanti, così silenziosamente presenti nelle dinamiche sociali, economiche e politiche oltre che nella vita concreta delle persone – avrà un valore artistico oltre che civile. Soltanto allora – usando gli occhi e le parole giuste – avremo compiuto il passo necessario alla lettura del nostro tempo: dire la 'Ndrangheta. Tag:

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