di Giovanni Caprara
«Gli alberi mi hanno ispirata e così è nato il progetto della città marziana sostenibile che ha entusiasmato la Nasa». Valentina Sumini con il suo gruppo al Mit di Cambridge, vicino a Boston, ha vinto la «Mars City Design Competition 2017». La Nasa ha preferito il suo progetto, tra oltre gli 150 presentati, e ora è impegnata nel costruire un modello di colonia marziana. La Nasa sta lavorando al primo sbarco umano sul Pianeta Rosso programmato intorno al 2035. Nel 2019 il grande razzo SLS, il più potente mai costruito, compirà il primo volo di collaudo intorno alla Luna senza astronauti: sarà affidata proprio a SLS, assieme alla nuova astronave Orion, la missione di raggiungere il vicino pianeta. L’idea è di andare su Marte non per una veloce esplorazione ma per creare una colonia permanente. Per sopravvivere sul Pianeta Rosso i coloni devono avere ambienti adeguati che le idee di Valentina cominciano a delineare. «Il progetto che ho battezzato Redwood Forest, la foresta di sequoie, nasce dall’obiettivo di realizzare una città di 10 mila abitanti — racconta la ricercatrice —. La foresta risponde all’esigenza di avere un habitat interconnesso a diversi livelli che consenta agli abitanti di muoversi, protetti dalle radiazioni e dall’impatto di micrometeoriti, attraverso un rete di radici-cunicoli sotterranei».
La cavità nei rami
Gli
alberi-edifici di Redwood Forest hanno come elemento essenziale l’acqua
estratta dalla base delle «radici» sfruttando il ghiaccio presente nel
primi strati del sottosuolo marziano: viene distribuita all’interno
degli habitat, utilizzando le cavità presenti nei «rami», fino a
schermare l’intera biosfera dalle radiazioni cosmiche. «L’albero —
precisa Valentina — ha un significato anche dal punto di vista della
struttura in quanto il sistema di rami e radici aiuta l’edificio ad
ancorarsi al terreno. Proprio come gli alberi presenti in natura sanno
estrarre acqua e raccogliere i raggi del sole, i nostri sono progettati
per soddisfare le esigenze poste dal nuovo ambiente e dalle criticità
del suolo marziano». E ancora: «Nel nostro laboratorio stiamo già
sviluppando con la Nasa anche una nuova tecnologia per estrarre il
ghiaccio e produrre l’acqua di cui saranno dotati gli edifici. È il
primo passo indispensabile per garantire la sopravvivenza».
«Lo spazio mi ha sempre appassionato»
Valentina,
nata 32 anni fa ad Alessandria, è arrivata a Cambridge grazie al
Progetto Rocca: progetto di collaborazione del Politecnico di Milano,
dove aveva ottenuto il dottorato, con il Mit. Racconta la ricercatrice:
«Mi ha sempre appassionato lo spazio, ma soprattutto la possibilità di
vivere su altri corpi celesti. Per questo ho cercato di disegnare
ambienti autosufficienti e sostenibili. Un approccio utile anche sulla
Terra per non sprecare risorse preziose». Le agenzie spaziali di Cina,
Russia e la stessa Nasa studiano una base lunare analoga a quelle in
Antartide. «Gli edifici di Redwood Forest — dice —, possono essere
adattati anche all’ambiente lunare perché le necessità sono uguali.
Questo consentirebbe, tra l’altro, di sviluppare con maggior cura e
sicurezza anche il successivo insediamento marziano». L’ultimo pensiero
di Valentina va però all’Italia: «Essendo patriottica mi piacerebbe
rientrare nel mio Paese ma per il momento devo completare le ricerche
che qui impegnano con passione».
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