domenica 11 maggio 2014

ETICA DELLA BELLEZZA (argomento 2014) - L’ETICA AMBIENTALE COME ISPIRAZIONE PER IL “NUOVO ABITARE"


ETICA DELLA BELLEZZA (argomento 2014)

 

L’ETICA AMBIENTALE COME ISPIRAZIONE PER IL “NUOVO

ABITARE” ( parte prima)  Luciano Valle

 

LA “CITTÀ DELL’UOMO” E LA PERDITA DELLA BELLEZZA

 

Se le vecchie “forme” dell’Abitare del “moderno” hanno avuto il carattere di quello che Sofocle chiama il “deinos”, il “perturbante”, dove la presenza dell’uomo si è caratterizzata come insopportabilmente invasiva, senza il dialogo, quindi il dovuto rispetto ai luoghi naturali e/o ai luoghi storico-culturali e alle forme sociali a questi aderenti, le nuove forme dell’Abitare ispirate ai nuovi scenari epistemici ed etici, sono lì a ripensarne il Progetto. Quindi oltre Socrate, quando afferma “gli alberi non hanno nulla da insegnarmi”, o oltre Cartesio, per il quale il programma è fare dell’uomo il “padrone e dominatore del mondo” per rimanere sul piano delle essenze epistemiche.

Nella ripresa, pur nella diversità dei timbri epistemici (dall’ontologia all’antropologia,

all’epistemologia, all’etica), del Progetto dell’umanesimo neoplatonico-cristiano che mirava a mantenere la Polis, la Città, il suo senso come proporzione, ordine, armonia, come Kosmos, come tensione e rapporto permanente con l’ordine della natura.

Un umanesimo in cui non si perdono forma, suoni, colori (A.N. Whitehead), il “contatto col mondo della vita”. In cui con G. Bateson, pur nella speranza che comunque permanga “l’idea di una bellezza unificatrice “fondamentale”, tuttavia si avverte la perdita di bellezza: “La maggior parte di noi ha perso quel senso di unità di biosfera e umanità che ci legherebbe e ci rassicurerebbe tutti con un’affermazione di bellezza. (…) Abbiamo perduto il nocciolo del cristianesimo. Abbiamo perduto Shiva (…) la cui danza (…) è bellezza”.

 

DALLA CRITICA ALLA RIFONDAZIONE DEL “MODERNO”

 

Oggi, riprendendo un tema già nell’agenda della filosofia critica seguente la tragedia della prima guerra mondiale, la “civiltà” umana appare ancora e ancor di più di fronte “ad un bivio”: o perire o ricreare un “nuovo umanesimo”.

Per la terza volta si torna negli ultimi cent’anni a parlare di “rifare il Rinascimento” (Mounier), di rifare l’umanesimo.

Dopo il primo appello che è risuonato negli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso (da Freud a Einstein, da Jung a Bergson, da Rosenzweig a Buber, da Florenskij a Berdiaev, da Maritain a Mounier a Guardini, da Gandhi a Tagore, a Aurobindo, da H. Hesse a T. Mann, da B. Croce a J. Huizinga, dopo il secondo appello che si è concentrato tra anni ‘40 e ‘60 (dalla Scuola di Francoforte a Heidegger, da Einstein, Oppenheimer, Heisenberg a Teilhard de Chardin, da Schweitzer a G.Bateson) si sente ancor più drammaticamente l’esigenza di ripensare alla radice lo statuto dell’”Abitare”.

Caduto il “mito” ottocentesco di una società giunta alla sua pienezza etica e razionale con la guida della borghesia (Hegel ripreso oggi da Fukuyama); o di una liberazione antagonista, tutta storica e sociale (Marx), rimane sulla scena, come tentativo di egemonia, un patto non costruito, ma fattuale, che è nelle cose, tra strapotere pratico della scienza e della tecnica (quindi trionfo della posizione positivistica di Saint-Simon e di Comte) e relativismo culturale, ossia di un niccianesimo senza Nietzsche, come insorgenza autoaffermatesi di principi di edonismo, soggettivismo, pragmatismo.

Ora, dopo Einstein, Oppenheimer, Wiener, l’ultimo Popper, l’apertura progettuale ha un segno molto più impegnativo, direi tragico.

Einstein: “Un nuovo modo di pensare è essenziale se l’umanità vuole sopravvivere e raggiungere livelli più alti.”

“Dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di pensare, rivoluzionare il nostro modo di agire, e

dobbiamo avere il coraggio di rivoluzionare le relazioni fra le nazioni del mondo”.

Oppenheimer: Con Hiroshima l’umanità ha conosciuto quel vero “peccato” di cui la Genesi era stata solo intuizione anticipatrice.

Wiener:

L’umanità deve evitare tre cadute:

1) che la conoscenza si trasformi in onniscienza

2) che la religione si trasformi in totalitarismo

3) che il potere si trasformi in onnipotenza

Popper:

Tre sono le “bombe” che minacciano gravemente l’umanità: atomica, demografica, televisiva.

A questi quattro monumenti culturali di così alto lignaggio va aggiunta l’ultima riflessione sullo stato di salute di “Gaia”, del Pianeta che è Madre ospitante della civiltà umana. R. May (biochimico), E.O. Wilson (biologo), P. Crutzen (chimico), M. Rees (astronomo), J. Diamond (storico), oggi tra le figure maggiori della ricerca e della cultura mondiale concordano su un punto con la ricerca che è propria della maggior parte degli scienziati: il Pianeta rischia un “collasso” irrimediabile.

Addirittura quel grande scienziato e tecnologo e epistemologo dell’ecologia che è J. Lovelock, rovesciando le interpretazioni ottimistiche della sua prima fase di ricerca (1979) è arrivato ultimamente (febbraio 2006) a sostenere che la vita dell’uomo sul Pianeta rischia di scomparire prima della fine del secolo.

Ecco, perché più che mai calzanti appaiono le soluzioni di A. Einstein: là dove ammonisce che scienza e tecnica, senza la eccezionale ricchezza culturale espressa nella storia in figure quali Mosè,

Buddha, Socrate, Gesù, S. Francesco, Spinoza, Goethe e nel novecento, Schweitzer, Gandhi, Tagore, non sono sufficienti a governare la complessità della storia verso il meglio.

 

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