Potrebbe sembrare demagogia spicciola, però non lo è
affatto in una terra affamata di lavoro e con i giovani che emigrano a
frotte. Non lo è in una regione in cui il 50% degli elettori non va più a
votare nemmeno se li preghi in ginocchio. Non lo è lì dove vige la
regola devastante che se un rappresentante del popolo fa bene o male è
uguale, tanto viene rieletto comunque.
Mi spiego, facendo un ragionamento terra terra. Che
cosa accadrebbe se un dipendente pubblico o privato non andasse
ripetutamente al lavoro? Nulla se in congedo ritualmente autorizzato o
in malattia debitamente documentata (con trattenute sullo stipendio o
sul salario). Esaurite le ferie e in buona salute, deve andare a
faticare con il sudore della fronte, di biblica memoria, sennò è assente
ingiustificato con pesanti conseguenze economiche e giuridiche,
addirittura il possibile licenziamento.
Tutto ciò non succede nel parlamento più antico del mondo,
l'Assemblea Regionale Siciliana, che dati alla mano non è solo assai
antico ma pure assai improduttivo, da molto tempo infatti non approva
una legge. Per carità, spesso quando l'ha fatto ha combinato veri e
propri strafalcioni con riforme pasticciate, abortite e con
provvedimenti legislativi sovente impugnati (prima dal Commissario dello
Stato adesso da Palazzo Chigi), però almeno stavano lì a discutere e
votare.
Al di là delle stucchevoli, e ormai inutili,
disquisizioni sulla reale composizione e consistenza della maggioranza e
sui balletti di responsabilità tra maggioranza e opposizioni,
ultimamente Sala d'Ercole ha offerto uno scenario surreale con il
presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, assiso sconsolato sull'alto
seggio a ripetere di sentirsi ostaggio degli assenti e a implorare la
presenza dei deputati regionali, esternando il suo avvilimento a un'aula
a ranghi ridottissimi.
Ma dei signori onorevoli senza rossore in faccia non
c'è traccia, assolutamente sordi ad ogni appello, tranquilli in altre
faccende affaccendati perché tanto dalle loro tasche non cadrà un euro, o
pochi spiccioli, mantenendo intatte le laute indennità di cui godono,
senza alcuna conseguenza giuridica - per esempio la decadenza - per
l'ostinata e perdurante latitanza. No, lo ribadiamo, non è demagogia
spicciola affermare che si tratta di un vero schiaffo a chi non si può
permettere siffatta sfrontata "elasticità" in ufficio, a scuola, in
negozio, in fabbrica, in cantiere, a chi non ha un'occupazione e a chi
avendola arriva bocconi alla terza settimana del mese.
No, non è demagogia, è un richiamo a un minimo senso del pudore
verso gli elettori e di rispetto della carica pubblica ricoperta.
Rimane inteso che all'improvviso potremmo assistere a qualche seduta
d'aula affollata con scorrerie da una norma e all'altra per inserire
emendamenti vari a scopi eminentemente elettorali, squallori
crepuscolari cui siamo abituati.
In un Paese normale quasi nessuno di costoro sarebbe
riconfermato, spediti a casa senza complimenti. Da noi non è così e non
per colpa dei marziani ma nostra. In buona parte, al netto della
riduzione dei seggi da 90 a 70, li rivedremo comodamente alloggiati nei
Palazzi del potere siciliano pronti a comportarsi, nei prossimi cinque
anni, esattamente allo stesso modo. Forse qualche riflessione, prima di
entrare nella cabina elettorale il 5 novembre prossimo, la dovremmo
finalmente maturare. Lamentarsi dopo sarebbe troppo tardi... demagogico.
Pippo Russo
La scuola di ecologia Culturale è un luogo di scambio di esperienze e di costruzione di tecniche democratiche e pacifiche per lo sviluppo sostenibile delle società umane e si muove per realizzare iniziative (prevalentemente in partnership) per l’educazione dei giovani (la scuola del territorio e uno dei partner naturali della scuola) e lo sviluppo di un capitale umano di eccellenza che dovrà essere protagonista dello sviluppo culturale ed economico delle società e dei popoli Euro Mediterranei.
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