giovedì 6 settembre 2012

La bella addormentata di Marco Bellocchio



Il regista è in gara a Venezia con il film ispirato al caso di Eluana Englaro.
«Non è un film pro o contro l'eutanasia. Sono rimasto molto colpito dalle parole della nipote del Cardinal Martini» M. B.

Sono tre storie intrecciate sul fine-vita. Dalla storia di Englaro vista attraverso l'occhio di un senatore di Forza Italia a quella di una donna tossico-dipendente, Bellocchio s'interroga sull'amore e la morte senza prendere posizione ma portando in scena tutti gli argomenti possibili. Coraggioso tentativo di aprire un dibattito concreto e non “consumistico” su un tema così delicato. Lo segnaliamo, quindi, perché rompe un muro di silenzio che succede al clamore di un azione sproporzionata e fatta su calcoli speculativi, politico-religiosi, che nulla hanno avuto a che fare col Dolore del padre di Eluana per la perdita dell’amata figlia e con la drammatica decisione di staccare la spina lasciandola andare verso la sua destinazione finale. Facile argomentare che la vita va difesa fino all’ultimo e che nessuno ha diritto di spegnere la macchina che sospende l’essere umano sulla soglia della morte dichiarata solennemente. Ma quale vita? Cosa resta dell’anima e del cuore e dei sentimenti di una persona in quello stadio che sembra sospeso tra l’essere e il non essere, ma che di fatto è già un passaggio obbligato. Oggi, con la tecnologia che abbiamo, potremmo far vivere, teoricamente, per altri duecento anni un essere umano in uno stato “vegetale” ( uso un termine già utilizzato anche se non mi piace, perché anche i vegetali hanno un anima e una vita affettiva, mentre un essere umano in quello stadio è solo un meccanismo che resta immobile nel limbo della morte dei sentimenti e dell’esistere) solo che il ritorno non c’è da questo Paese del Nulla, purtroppo.
Non vogliamo, ne possiamo, avere l’arroganza di suggerire un modello, anche perché non esistono modelli assimilabili, ogni individuo è un caso a se, ma soltanto segnalare l’importanza di un serio e non partigiano tavolo di dibattito su questo delicatissimo tema.
Ugo Arioti

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