Perché nessuno parla di carceri
di Roberto Saviano
Le condizioni di vita dei detenuti e degli agenti di custodia sono ai limiti di ogni immaginabile umanità. Ma la questione viene ignorata da tutti. E viene il sospetto che creare una 'discarica della democrazia', in fondo, a qualcuno sia molto utile
(03 settembre 2012 – L’Espresso.it)
Che fare p er interrompere subito il crimine in corso?", vorrebbe domandarmelo la parlamentare radicale eletta nelle liste del PD Rita Bernardini. E vorrebbe farlo mentre insieme a lei – è un invito che accetto volentieri – visitiamo una delle tante carceri italiane in cui le condizioni di vita dei detenuti e di lavoro del personale sono ai limiti di ogni immaginabile umanità. Cara Rita Bernardini ciò che scrive mi è noto, anzi, per quanto io possa forse essere inviso in alcuni penitenziari per le mie origini campane, per aver "tradito" scrivendo Gomorra la mia situazione di reclusione mi porta ad avere una certa empatia di fondo per chi la propria libertà l'ha persa e magari è ancora in attesa di un giudizio.
LA CONSAPEVOLEZZA che 66.500 detenuti e molta parte del personale penitenziario (ogni due mesi, in Italia, un agente di custodia si toglie la vita) vivano condizioni inumane, che il carcere non riesca a essere rieducazione e reinserimento ma solo privazione, punizione e tortura, mi porta, appena possibile, a dare voce alla nostra indignazione. Ho approfittato di qualunque spazio a mia disposizione. Ho parlato di carceri in recensioni, sui social network, in televisione e la reazione più comune è stata "Saviano, smetti di occuparti dei delinquenti, pensa alle persone per bene". Scrivo di tossicodipendenza? Mi si risponde che farei meglio a parlare di disoccupazione che di drogati. Parlo di Laogai? Sbaglio, la Cina è lontana: dovrei pensare all'Italia. Mi permetto di dire che esiste una Israele che è anche altro rispetto alle politiche dei suoi governi? Che non è solo guerra, così come per venti lunghi anni l'Italia non è stata solo Berlusconi o mafie? Mi danno del sionista. Del tuttologo. "Parla di camorra, Saviano". Ma la vita non è a compartimenti stagni. Non dovrebbero esistere temi di cui non ci si possa o debba occupare.
Allora una cosa l'ho capita. Una cosa semplice e dolorosamente vera nella sua semplicità. Una cosa che non deve scoraggiare, ma solo darci la dimensione del problema, che è molto più grave di quanto non appaia. In Italia necessitiamo di una discarica dove confinare tutto ciò che la nostra democrazia crede sia il peggio che abbia prodotto e da cui costantemente desidera distogliere l'attenzione: il carcere, per intenderci, ci è utile. In carcere mettiamo tutti i problemi che non vogliamo affrontare e risolvere. Mettiamo tutta la "spazzatura indifferenziata" (delinquenti comuni, assassini, tossicodipendenti, piccoli e grandi spacciatori, già condannati o in massima parte in attesa di giudizio) con la quale non vogliamo fare i conti. "Spazzatura" che se non trattata finirà per travolgerci. E io, da campano, di emergenze rifiuti incistate, trascurate, sfruttate, ne so abbastanza. Oggi la Campania è una terra che arde di rifiuti tossici, con falde acquifere e mare inquinati. Ci sono paesi dai quali le persone, pur amandoli, se possono fuggono per non ammalarsi. Ecco cosa sta diventando l'Italia, una terra dalla quale è meglio fuggire, una terra in cui l'unica occupazione del momento sembra essere quella di ridisegnare con ogni mezzo lo scenario elettorale, le alleanze o meglio le accozzaglie, con cui dovremo fare i conti da qui a qualche mese. Giornalisti e celebri giuristi, costantemente impegnati in questo, restano indifferenti al decesso del nostro sistema giudiziario, vero problema per noi che in Italia ci viviamo e per chi in Italia potrebbe decidere di investire.
LO SPERIMENTIAMO ogni giorno sulla nostra pelle e ancor più lo vivono sulla loro, le migliaia di detenuti e operatori carcerari abbandonati da tutti. Ma è evidente che i problemi non si vogliono risolti: le carceri rimarranno la cloaca che sono e senza informazione le persone continueranno a pensare e a dirmi che dovrei "piuttosto" occuparmi d'altro. La giustizia non si riformerà, perché è più utile così com'è, e all'occorrenza utilizzarla per ridisegnare gli orizzonti politici, sempre troppo angusti, del nostro Paese. Allora per una volta, questo lusso decido di prendermelo io e vi domando: ma perché non vi occupate "piuttosto" un po' tutti di carceri? Per scoprire magari che risolvere il problema dei "rifiuti", in fondo, potrebbe anche convenirvi.
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