Nel pomeriggio della
domenica Tansichi, sgrassati i piatti e sistemata la cucina, indossa un vecchio
paio di jeans e una maglietta con le maniche lunghe, rossa, regalo di Paolino
Cilestra, che dietro le spalle porta scritto in bianco “TIENI PULITA PALERMO”,
ed esce a fare quattro passi senza una meta precisa, tanto per camminare.
Magari vado a comprare il Corriere da Nico! Pensò.
Scese le scale come
un monello, saltando i gradini a due a
due e si avviò per via Casa Professa e via Ponticello in Via Maqueda verso il
Municipio passando davanti al negozio di abbigliamento di Jing, un cinese
naturalizzato, terzo negozio a destra dopo la bottega di Giorgio Scarpavecchia,
il ciabattino cieco.
Osserva, senza
vederla per quello che è, la munnizza
che lo circonda con amore, formidabile esempio di globalizzazione dell'
assuefazione al “la douleur de vivre”, e procede con gli
occhi al cielo e la testa chissà dove.
Alla svolta su Via
Maqueda incontra uno che vende galline nella Piazza del Carmine mescolandosi,
per non farsi riconoscere dalle guardie che invece sanno tutto di lui e dei
suoi parenti e amici sdilinquenti tutti, ai colori e ai sapori delle bancarelle
del mercato.
Gnazio Zichitella che,
oltre alle galline, dicono rubate, vende canarini al mercato nero, gli sorride
e gli mostra una gabbietta piccola con un povero canarino disgraziato che stava
portando presumibilmente a un cliente.
- Don Callo, ci u dugnu unu, ca si canta chistu canta puru
chiddu suu macari e vossia cummina..!-
- Screanzato e
villano, statti arrassu vasinnò ti fazzu mettiri ju a tia nta na aggitedda
accussi nica comu a chista. Vigliacco mondo ... Vatinni … va!- rispose adirato
e non poco Tansichi. Lui amava gli animali e non sopportava che si speculasse
sulla loro “povera vita racchiusa in una gabbietta di dieci centimetri per
dieci.
Il suo volto, sereno
non appena uscito di casa, si rabbuiò. Guarda caso anche il cielo sin qui
limpido e sgombro da nuvole appariva ora striato da alcune “strisce di nuvole” che ingabbiavano la luce del Sole.
Nella mente di
Callisto volavano voci e angosce vecchie e nuove e tanta rabbia per quei farabutti che mercificavano ogni cosa
viva senza averne rispetto.
E gli tornò in mente
quello che diceva la sua Marì: non
conoscono il valore di una vita … anche loro sono merci che si vendono per
trenta denari …
Mentre rimuginava
questi pensieri i suoi piedi, in piena autonomia dal cervello, o forse in
diretta corrispondenza col cuore lo portarono verso Sant’Antonino.
Un piccolo negoziante
indiano Abhisar,
un indiano del Kerala di
origine siriana, ossequiosamente lo salutò.
-
Signore Carlo io saluto con grande piacere! Fate passeggiata lunga?-
Tansic
si fermò davanti a quel buco di putia,
sciacquò via le sue brutte intenzioni e guardò con impegno l’indiano e sua
moglie che preparavano cibi da asporto in quella che una volta doveva essere
stata una bottega d’orafo o di ciabattino o chissà ché!
- Ti
saluto Abbisar! Mi fai mezzo pollo?-
- Porta
via o mando io a sua casa?-
- No,
passo tra quindici minuti contati. Attraverso il vecchio ghetto ebraico e vado
a comprare il giornale da Nico Bonasera, quello sposato con tua cugina. –
- Ah!
Signor Nico partito … -
-
Allora è inutile questa passeggiata per il giornale?-
- No. Anisha
lavora certo che non come suo marito.-
- Buono
a sapersi … quindi in edicola non c’è nessuno.-
- No.
Scusa io volere dire che in giornaliera
lavora sua moglie Anisha! Non brava come lui … ma quasi!- e fece un gesto col
palmo della mano tipico palermitano( l’integrazione dei gesti!).
Altro
che Ghetto ebraico, questo è diventato il ghetto indiano di Palermo, pensò
Callisto, un passaggio di consegne avvenuto nel dopoguerra.
-
Allora io vado a comprare il giornale e torno!-
- Come
vuole Signor Carlo. Io quasi pronto!-
La città cambia ma nessuno intende rendersene
conto. Cambia pelle e colore e si divide per zone, proprio come la capitale
normanna dove c’erano più razze e religioni della Torre di Babele! E dove c’era
un re saggio che lasciava ad ognuno il diritto di essere, nel rispetto degli
altri, della sua religione e con i suoi usi e costumi.
-Bei tempi!- scappò di dire a Callisto mentre
attraversava via Maqueda dove, tra qualche sparuto gruppo di giapponesi e
tedeschi turisti di ronda, il resto
della popolazione aveva una carnagione che virava dall’olivastro fino al testa
di moro.
Spiccava Tansic con
il suo metro e settanta di statura e la sua pelle bianca come la Luna piena
quando è molto vicina alla Terra.
- Dicete Don Callo?!-
gli chiese Paolino Cilestra che era andato, anche lui a comprare il giornale.
- Si dice “che dite”
non dicete … Paolino!-
- Scusate Don Callo
mi sono imparpagliato!
- Ma che compri il
Giornale di Sicilia?-
- Si è per via del
fatto che nel Giornale di Sicilia, che io non leggo mai perché come dite voi è
un giornalaccio da quattro soldi, c’è un articolo sull’omicidio di quella
povera prostituta nigeriana.-
- Paolino quando ti
vedo penso sempre a qualche disgrazia e tu puntualmente mi accontenti! Di che
si tratta?-
- La prostituta nigeriana trovata morta ieri nei
pressi del Monte di Pietà. Poveretta … nemmeno vent’anni!-
- Ma scusa la zona dei nigeriani non è quella
vicino al Corso Tukory?-
- Vossia, lo dico sempre io, è
troppo intelligente!-
- Amunì Paolino svuota il sacco!
Sicuramente tu ne sai più di quell’imbratta fogli che ha scritto l’articolo!-
- Don Callo … Don Callo mi facissi leggiri u giurnali ca po ci sacciu a
diri. Cca semu assai! – gli rispose il bidello tutto fare che per le sue
doti magiche era soprannominato Cagliostro Due!
- Comu dici Tu!- si arrese
Callisto, tanto sapeva che entro sera avrebbe avuto posto casa il rapporto
completo sull’accaduto e le ipotesi di indagine.
Ormai era quella la sua vita.
Quando qualcuno gli diceva che è sempre meglio farsi “quelli propri” e tirare a
campare lui gli rispondeva che era un immortale ormai.
Sicuro,
aveva superato i cinquanta anni e un amore devastante e tragico quindi la sua
vita l’aveva fatta e niente poteva fargli più paura.