sabato 27 settembre 2014

i racconti della domenica : Staiu jennu accattari u giurnali, ora tornu, Ginè!

Nel pomeriggio della domenica Tansichi, sgrassati i piatti e sistemata la cucina, indossa un vecchio paio di jeans e una maglietta con le maniche lunghe, rossa, regalo di Paolino Cilestra, che dietro le spalle porta scritto in bianco “TIENI PULITA PALERMO”, ed esce a fare quattro passi senza una meta precisa, tanto per camminare.
Magari vado a comprare il Corriere da Nico! Pensò.
Scese le scale come un monello, saltando i gradini a due  a due e si avviò per via Casa Professa e via Ponticello in Via Maqueda verso il Municipio passando davanti al negozio di abbigliamento di Jing, un cinese naturalizzato, terzo negozio a destra dopo la bottega di Giorgio Scarpavecchia, il ciabattino cieco.
Osserva, senza vederla per quello che è, la munnizza che lo circonda con amore, formidabile esempio di globalizzazione dell' assuefazione al la douleur de vivre”, e procede con gli occhi al cielo e la testa chissà dove.
Alla svolta su Via Maqueda incontra uno che vende galline nella Piazza del Carmine mescolandosi, per non farsi riconoscere dalle guardie che invece sanno tutto di lui e dei suoi parenti e amici sdilinquenti tutti, ai colori e ai sapori delle bancarelle del mercato.
Gnazio Zichitella che, oltre alle galline, dicono rubate, vende canarini al mercato nero, gli sorride e gli mostra una gabbietta piccola con un povero canarino disgraziato che stava portando presumibilmente a un cliente.
- Don Callo, ci u dugnu unu, ca si canta chistu canta puru chiddu suu macari e vossia cummina..!-
- Screanzato e villano, statti arrassu vasinnò ti fazzu mettiri ju a tia nta na aggitedda accussi nica comu a chista. Vigliacco mondo ... Vatinni … va!- rispose adirato e non poco Tansichi. Lui amava gli animali e non sopportava che si speculasse sulla loro “povera vita racchiusa in una gabbietta di dieci centimetri per dieci.
Il suo volto, sereno non appena uscito di casa, si rabbuiò. Guarda caso anche il cielo sin qui limpido e sgombro da nuvole appariva ora  striato da alcune “strisce di nuvole” che ingabbiavano la luce del Sole.
Nella mente di Callisto volavano voci e angosce vecchie e nuove e tanta rabbia per  quei farabutti che mercificavano ogni cosa viva senza averne rispetto.
E gli tornò in mente quello che diceva la sua Marì: non conoscono il valore di una vita … anche loro sono merci che si vendono per trenta denari …
Mentre rimuginava questi pensieri i suoi piedi, in piena autonomia dal cervello, o forse in diretta corrispondenza col cuore lo portarono verso Sant’Antonino.
Un piccolo negoziante indiano Abhisar,  un indiano del Kerala di origine siriana, ossequiosamente lo salutò.
- Signore Carlo io saluto con grande piacere! Fate passeggiata lunga?-
Tansic si fermò davanti a quel buco di putia, sciacquò via le sue brutte intenzioni e guardò con impegno l’indiano e sua moglie che preparavano cibi da asporto in quella che una volta doveva essere stata una bottega d’orafo o di ciabattino o chissà ché!
- Ti saluto Abbisar! Mi fai mezzo pollo?-
- Porta via o mando io a sua casa?-
- No, passo tra quindici minuti contati. Attraverso il vecchio ghetto ebraico e vado a comprare il giornale da Nico Bonasera, quello sposato con tua cugina. –
- Ah! Signor Nico partito … -
- Allora è inutile questa passeggiata per il giornale?-
- No. Anisha lavora certo che non come suo marito.-
- Buono a sapersi … quindi in edicola non c’è nessuno.-
- No. Scusa io volere dire che in giornaliera lavora sua moglie Anisha! Non brava come lui … ma quasi!- e fece un gesto col palmo della mano tipico palermitano( l’integrazione dei gesti!).
Altro che Ghetto ebraico, questo è diventato il ghetto indiano di Palermo, pensò Callisto, un passaggio di consegne avvenuto nel dopoguerra.
- Allora io vado a comprare il giornale e torno!-
- Come vuole Signor Carlo. Io quasi pronto!-
La città cambia ma nessuno intende rendersene conto. Cambia pelle e colore e si divide per zone, proprio come la capitale normanna dove c’erano più razze e religioni della Torre di Babele! E dove c’era un re saggio che lasciava ad ognuno il diritto di essere, nel rispetto degli altri, della sua religione e con i suoi usi e costumi.
-Bei tempi!- scappò di dire a Callisto mentre attraversava via Maqueda dove, tra qualche sparuto gruppo di giapponesi e tedeschi  turisti di ronda, il resto della popolazione aveva una carnagione che virava dall’olivastro fino al testa di moro.
Spiccava Tansic con il suo metro e settanta di statura e la sua pelle bianca come la Luna piena quando è molto vicina alla Terra.
- Dicete Don Callo?!- gli chiese Paolino Cilestra che era andato, anche lui a comprare il giornale.
- Si dice “che dite” non dicete … Paolino!-
- Scusate Don Callo mi sono imparpagliato!
- Ma che compri il Giornale di Sicilia?-
- Si è per via del fatto che nel Giornale di Sicilia, che io non leggo mai perché come dite voi è un giornalaccio da quattro soldi, c’è un articolo sull’omicidio di quella povera prostituta nigeriana.-
- Paolino quando ti vedo penso sempre a qualche disgrazia e tu puntualmente mi accontenti! Di che si tratta?-
- La prostituta nigeriana trovata morta ieri nei pressi del Monte di Pietà. Poveretta … nemmeno vent’anni!-
- Ma scusa la zona dei nigeriani non è quella vicino al Corso Tukory?-
- Vossia, lo dico sempre io, è troppo intelligente!-
- Amunì Paolino svuota il sacco! Sicuramente tu ne sai più di quell’imbratta fogli che ha scritto l’articolo!-
- Don Callo … Don Callo mi facissi leggiri u giurnali ca po ci sacciu a diri. Cca semu assai! – gli rispose il bidello tutto fare che per le sue doti magiche era soprannominato Cagliostro Due!
- Comu dici Tu!- si arrese Callisto, tanto sapeva che entro sera avrebbe avuto posto casa il rapporto completo sull’accaduto e le ipotesi di indagine.
Ormai era quella la sua vita. Quando qualcuno gli diceva che è sempre meglio farsi “quelli propri” e tirare a campare lui gli rispondeva che era un immortale ormai.

Sicuro, aveva superato i cinquanta anni e un amore devastante e tragico quindi la sua vita l’aveva fatta e niente poteva fargli più paura.

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