venerdì 2 marzo 2012

Da: Il Barone del Trifoglio ( romanzo di Ugo Arioti @1995)

In una scatola di ciliegio antica, il barone Federico, conservava i ricordi del tempo che fu, da quando cominciò la storia della fotografia e, prima ancora, dal dagherrotipo.
Frugando fra quelle vecchie e sbiadite immagini si poteva trovare una vecchia fotografia, scatto giovanile di un amico di gioventù di Federico, in cui era ritratta tutta la compagnia del Trifoglio con al centro, davanti, la famiglia baronale.
Lo sfondo della foto era l’ingresso della azienda rurale, l’arco e il muro coperto da buganvillee verdi con fiori di un rosso sgargiante.
Don Stefano Malvagno e i suoi uomini avevano costruito in meno di mezzora, perché la foto venisse bene e nessuno potesse essere impallato, due lunghe pedane di legno dove si stava in piedi.
Davanti a tutti, seduti nelle sedie di legno, i familiari del Barone; al centro Donna Anna, alla sua sinistra Federico e a destra Franca; don Stefano ebbe l’onore di stare in piedi dietro la Baronessa madre, con tutti gli anziani a fianco; dietro, nel primo gradino, le donne con i bambini in braccio e dietro ancora, nell’ultima fila, gli uomini.
Don Stefano ne aveva una copia, che custodiva religiosamente, e mostrava ai suoi ospiti o per Pasqua o per Natale.
Il vecchio fattore ricordava con nostalgia quel tempo della sua giovinezza e diceva:
-          U Baruni era un bravu cristianu e ogni duminica faceva veniri du paisi a Don Luigi, u parrinu da matrici, pi fari missa n’ta cappidduzza chi c’è nto bagghiu. Un ci stavamu dintra tutti, ma ascutavamu i sacramenti fino a fora, nto chanu davanti a chesa. Un mancava nuddu, mai una vota. Na dda chiesuzza si vattiavanu i picciriddi, si facevano a prima comunioni, a cresima, quarchi vota … Si ci piaceva a so Eminenza. Mi ci maritavu macari eo cu me muggheri. Eranu avutri tempi …”

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