Arrivata alla camera mortuaria la cosa che la colpì maggiormente fu la totale assenza di suoni:dall'esterno non arrivava l'assordante rumore del traffico cittadino,e dentro,gli abitanti si muovevano come chi alzato in piena notte non accende la luce per non disturbare,e lei,immersa nel buio era lì a tentare di non sbattere negli spigoli della sofferenza .
Si abbracciavano in silenzio travasando dolore.
Guardò lentamente tutti i presenti in quella stanza. Loro sapevano che una volta usciti di là,il loro dolore sarebbe stato soffocato da strade tagliate e frenate improvvise,incombenze da coniuge e figli esigenti,sgridate di datori di lavoro ed appuntamenti mancati.
Per lei non sarebbe stato così.
Quella composizione di umanità doveva, per forza di cose,essere formata dai suoi parenti,ma pur sforzandosi non riusciva a trovare nessuna appartenenza. La lontananza cancella i legami ed i parenti diventano apparenti.
Approfittò di uno spazio libero davanti ad una finestra che dava sulla strada principale.
Nevicava da quattro giorni.
Per un attimo la sua attenzione fu attratta da una coppia di babbo natale così finti che le renne di plastica sembravano vive. sputavano doni e sentenze.
Un santaklaus denutrito,dalla barba tinta a scemare che andava dal giallo ocra nicotina al bianco candido,martellava un chiodo invisibile e ballerino con un campanaccio,l'altro guardava un culo come se avesse avuto un apparizione.
I due babbo natale più improbabili della storia dell'umanità.
Una presenza si avvicinò alle sue spalle.Lo percepì più che altro non attraverso i sensi ma ad un intuito,ad una speciale regola matematica..Qualcosa con un piede dentro la buona creanza.
Si fermò ad un millimetro dal suo corpo,poteva percepire il suo calore,emanava un odore come di grano macinato che costringeva il battito del suo cuore a segnare il ritmo dell'imbarazzo.
Un braccio sfiorò il suo orecchio trasformando in un sole naif il cerchio che aveva disegnato sul vetro appannato della finestra.
Ecco cosa era stato lui per lei ed una lacrima fece da virgola al suo pensiero:un sole senza calore.
Uno spiffero di vento solleticò la sua pancia come a ricordargli che era viva.
L'odore del cadavere aveva preso il sopravvento sui fiori o forse era l'acqua dei fiori che dopo un po' somigliava all'odore della morte.
L'aria più che viziata,era stata seviziata da quei fiori,come a voler ripagare del torto subito:I fiori sono felici soltanto dove nascono e schiavizzarli in nome del senso estetico è come segregare per vendetta l'ultima fanciulla che non ha risposto al tuo sorriso.
Pensò che comprare fiori è come andare a puttane:durano poco e non lasciano nulla.
Niente a che vedere con il mare di fiori di campo dove si tuffavano e si ingozzavano di loro.
Si,perchè soltanto la voracità dei cannibali poteve essere paragonata alla loro voglia di unione.
Alto,bello come un dio pagano, il sole aveva bronzato ogni centimetro della sua pelle, una spiga di grano per sorriso e due braccia che stringendola gli toglievano il respiro restituendoglielo copioso dalla sua bocca.
E adesso era li con la sua famiglia,impacchetato in un abito grigio come il colore dei suoi occhi che gli negavano il loro sguardo. E lei,decisa a subire quella negazione,come ospite indiscreto toglieva il disturbo abbassando il suo di sguardo.
L'amore non corrisposto è come curare un fiore reciso.Il fiore muore e tu là a credere che finchè c'è un petalo attaccato lui possa rinascere.
Pensò"ti libero amore mio,vai ad annaffiare i fiori della tua piccola serra perchè io ho ancora tanto cielo da guardare,distesa ed accarezzata da mille fiori di campo.
Vivi"