sabato 20 febbraio 2016

Umberto Eco è morto evviva Umberto Eco

Umberto Eco è morto evviva Umberto Eco, sicuramente ricordato per il nome della rosa, fu filosofo che nel weekend si dilettava, lo dice lui, a scrivere romanzi. Erudito e progressista semiologo e narratore, giornalista e saggista, insomma un intellettuale a tutto tondo. In questo spazio ho pensato di inserire, più che le tiritere ufficiali e i coccodrilli dei giornali IMPORTANTI il pensiero di alcuni amici su di lui, sul MAESTRO e di lui sul Mondo!

Ugo Arioti

di Marco Pomar che parla di Eco: 
Come spesso accade di un personaggio famoso e illustre, quando viene a mancare si ricorda una dichiarazione che ha fatto discutere, la frase a effetto che ha spaccato il famoso web. 
Nel caso di Umberto Eco, illustre semiologo e scrittore, si è tanto parlato, a sproposito e non, della sua frase riguardo i social network: “I social danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno l
o stesso diritto di parola dei Premi Nobel.”
I commenti più involontariamente divertenti hanno implicitamente dato ragione a Eco, trasformando i corsivisti da salotto in tanti micheleserra de noantri. 
Eppure quella affermazione, proveniente da un personaggio mai banale, conteneva una semplificazione sacrosanta di una trasformazione radicale dei meccanismi di informazione ai nostri tempi. 
Una notizia una volta era tale per la fiducia implicita nei confronti di chi la diffondeva. Al netto di “I giornali scrivono un sacco di minchiate!” (commento da bar, per l’appunto), vi era una certa affidabilità nel leggere nero su bianco una cosa.
Adesso basta pochissimo, per esempio scrivere di un delfino morto per colpa di turisti che volevano fare i selfie con lui, un paio di foto che non dimostrano nulla, qualche link improbabile, e una bella indignazione collettiva, per credere a una storia. Salvo ignorare che di bufala si trattava, visto che ci sono cascati decine di quotidiani on line e perfino il Tg2. 
Come quando condividiamo qualcosa con leggerezza, la richiesta di sangue per una bambina bisognosa che non esiste (“ma c’era scritto Non è una bufala!”), o la notizia che i gamberoni arrostiti fanno vivere più a lungo e i capelli corti sono sintomo di maggiore intelligenza.
Si, professore, aveva ragione lei. I cretini sono tra noi e adesso coi social network hanno una bella tribuna. 
E però vuole mettere quanto è più facile riconoscerli adesso?

 

Una volta gli adulti evitavano le parolacce, se non all’osteria o in caserma, mentre i giovani le usavano per provocazione, e le scrivevano sulle pareti dei gabinetti della scuola. Oggi le nonne dicono “cazzo” invece di perdirindindina; i giovani potrebbero distinguersi dicendo perdirindindina, ma non sanno più che questa esclamazione esistesse. Che tipo di parolacce può usare oggi un giovane, per sentirsi appunto in polemica coi suoi genitori, quando i suoi genitori e i suoi nonni non gli lasciano più alcuno spazio per una inventiva scurrilità?
Avevo quindi ripreso una vecchia “Bustina”, consigliando ai giovani parole desuete ma efficaci come pistola dell’ostrega, papaciugo, imbolsito, crapapelata, piffero, marocchino, morlacco, badalucco, pischimpirola, tarabuso, balengu, piciu, cacasotto, malmostoso, lavativo, magnasapone, tonto, allocco, magnavongole, zanzibar, bidone, ciocco, bartolomeo, mona, tapiro, belinone, tamarro, burino, lucco, lingera, bernardo, lasagnone, vincenzo, babbiasso, saletabacchi, fregnone, lenza, scricchianespuli, cagone, giocondo, asinone, impiastro, ciarlatano, cecè, salame, testadirapa, farfallone, tanghero, cazzone, magnafregna, pulcinella, zozzone, scassapalle, mangiapaneatradimento, gonzo, bestione, buzzicone, cacacammisa, sfrappolato, puzzone, coatto, gandùla, brighella, pituano, pisquano, carampana, farlocco, flanellone, flippato, fricchettone, gabolista, gaglioffo, bietolone, e tanti altri termini bellissimi che lo spazio mi obbliga a tagliare.
Speriamo bene, per la riscoperta dell’idioma gentile.
- Umberto Eco
 

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