L’arte del presepe in
Sicilia
Varie rappresentazioni, graffiti e
storie circolavano e si potevano vedere nella catacombe cristiane, ma fino al
XIII Secolo queste restavano manifestazioni locali o legate solo alla narrazione,
seppure già nel 352 Papa Liberio fa erigere in Santa Maria Maggiore a Roma
delle tettoie sotto le quali si rappresentava o si narrava la buona novella,
la chiesa allora si chiamava “Santa Maria ad praesepe”. Dal XIII Secolo il
presepe assume una veste solida in forma di scultura, oggi diremmo diorama,
che mette insieme la storia “antica” del cristianesimo con la vita
contemporanea. Nel XVII Secolo questa arte che ormai si appalesa per la sua
identità e singolarità ha un forte sviluppo soprattutto nell’Italia
meridionale. I presepi italiani, che traggono forza dal vento della cultura
umanistica e rinascimentale italiana, si diversificano nelle varie parti dell’Italia
che va verso il suo destino di Nazione unica mantenendo i suoi campanili. In
Sicilia l'arte del presepe risente degli influssi della scuola napoletana,
specialmente per quanto riguarda l'ambientazione - riproduzione di scene di
vita quotidiana in paesi e con personaggi isolani. Tuttavia, anche in Sicilia a partire da XVI e XVII Secolo si riscontrano quei tratti caratteristici e diversi,
caratteri originali variabili a seconda delle provenienze geografiche.
Quattro sono le aree dove in particolare si sviluppa un artigianato
presepiale fortemente caratterizzato: i territori di Palermo, Siracusa,
Trapani e Caltagirone. A Palermo e nel siracusano, dove l'apicultura è molto diffusa,
fin dal XVI Secolo si usa la cera per modellare statuine di Gesù Bambino e
poi interi presepi. In quest'arte si distinguono i cosiddetti
"Bambinai" che operavano a Palermo nella zona della chiesa di San
Domenico tra il '600 e il '700; tra loro un caposcuola fu Giulio Gaetano
Zumbo del quale si può ammirare un presepe al Victoria and Albert Museum di
Londra e Giovanni Rosselli ricordato da una sua opera al Museo Regionale di
Messina nonché Anna Fortino, Giacomo Serpotta e Anna La Farina. I Bambinelli
sono di fattura raffinata, impreziositi da accessori d'oro e d'argento,
ieratici nell'espressione e rappresentati con una croce in mano. Nel '800
sono rinomati i "cerari" siracusani che producono presepi interi o
Bambinelli dall'espressione gioiosa o dormienti, recanti nelle mani un
agnellino, un fiore o un frutto e immersi in un tripudio di fiori di carta e
lustrini colorati dentro teche di vetro (scarabattole). Tra loro eccellono
Fra' Ignazio Macca, del quale si conservano alcuni presepi nell'eremo di San
Corrado a Noto e nel Museo Bellomo di Siracusa e Mariano Cormaci ricordato
dal presepe in cera a grandezza naturale sito nella grotta di Acireale.
Notevole anche il presepe conservato nel palazzo Vescovile di Noto, che
rappresenta uno spaccato di vita contadina, composto da 38 figure inserite
nel paesaggio dei monti iblei. A Trapani per la fattura dei presepi si
utilizzano materiali nobili e soprattutto il corallo, da solo, come in epoca
rinascimentale, o insieme all'avorio, alla madreperla, all'osso, all'alabastro
e alle conchiglie, nel periodo barocco e rococò, quando alla composizione
centrale della Natività fanno corona architetture in stile d'epoca dove si
rappresentano scene fantasiose e simboliche. Splendidi esemplari quelli
esposti ai musei Pepoli di Trapani e Cordici di Erice. A Caltagirone, città
produttrice di ceramiche fin dal '500, i presepi sono realizzati in
terracotta e rappresentano come cornice alla Natività, scene di vita
contadina e pastorale animate da personaggi tipici di quella civiltà come il pastore
che dorme, lo zampognaro, il venditore di ricotta o il cacciatore. La
migliore produzione qualitativa di presepi in terracotta policroma si ebbe
tra la fine del '700 e la prima metà dell'800 con la bottega dei fratelli
Bongiovanni, Giuseppe e Giacomo e con il nipote Giuseppe Vaccaro eccellente
artista. Tuttavia già agli inizi del '700 operavano artigiani rinomati come i
"santari" Branciforti e Margioglio che contribuirono ad imporre
Caltagirone anche come "Città del presepe". Più in genere nell'intero
territorio isolano ebbe grande diffusione a partire dal '600, il presepe
costruito con la tecnica usata nella produzione di statue d'altare: statuine
in legno rivestite di stoffe immerse in un bagno di colla per renderle rigide
e dai colori brillanti. Tra i più noti presepisti del genere il caposcuola
Salvatore Matera, il Nolfo, il Ciotta, i Pisciotta e i Tipa.
Resta radicato, quindi, nell’immaginario
collettivo e nella cultura delle tradizioni cristiane, confermate in Sicilia
col Regno normanno che oltre a conquistare gli emirati siciliani sgombra l’isola
dalla sua cultura ortodossa, il rito della presentazione del presepe in tutte
le case, nei luoghi di culto e in alcuni luoghi simbolici della vita pubblica
dell’Isola.
La costruzione del Presepe avviene
subito dopo i morti, altra festa che illumina l’animo siciliano, dove i morti
si svegliano e portano doni ai bambini per rappresentare un arco di
continuità vita – morte che non dimentica nessuno. Così nel presepe vengono
raccontate anche storie contemporanee e rappresentate istanze dei fedeli
verso il Padre eterno che nella nascita è ancora più rivolto alle sue “creature”.
Il bambinello, al culmine di questo rito nella notte di natale, verrà inserito
nella rappresentazione del presepe per portare salute, gioia e misericordia
nelle famiglie dove rinasce a metà della novena dell’Immacolata che si
concluderà con l’epifania.
Buon Natale a tutti da Ugo e Daniela
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