lunedì 2 dicembre 2013

L’arte del presepe in Sicilia


       L’arte del presepe in Sicilia

Varie rappresentazioni, graffiti e storie circolavano e si potevano vedere nella catacombe cristiane, ma fino al XIII Secolo queste restavano manifestazioni locali o legate solo alla narrazione, seppure già nel 352 Papa Liberio fa erigere in Santa Maria Maggiore a Roma delle tettoie sotto le quali si rappresentava o si narrava la buona novella, la chiesa allora si chiamava “Santa Maria ad praesepe”. Dal XIII Secolo il presepe assume una veste solida in forma di scultura, oggi diremmo diorama, che mette insieme la storia “antica” del cristianesimo con la vita contemporanea. Nel XVII Secolo questa arte che ormai si appalesa per la sua identità e singolarità ha un forte sviluppo soprattutto nell’Italia meridionale. I presepi italiani, che traggono forza dal vento della cultura umanistica e rinascimentale italiana, si diversificano nelle varie parti dell’Italia che va verso il suo destino di Nazione unica mantenendo i suoi campanili. In Sicilia l'arte del presepe risente degli influssi della scuola napoletana, specialmente per quanto riguarda l'ambientazione - riproduzione di scene di vita quotidiana in paesi e con personaggi isolani. Tuttavia, anche in Sicilia a partire da XVI e XVII Secolo  si riscontrano quei tratti caratteristici e diversi, caratteri originali variabili a seconda delle provenienze geografiche. Quattro sono le aree dove in particolare si sviluppa un artigianato presepiale fortemente caratterizzato: i territori di Palermo, Siracusa, Trapani e Caltagirone. A Palermo e nel siracusano, dove l'apicultura è molto diffusa, fin dal XVI Secolo si usa la cera per modellare statuine di Gesù Bambino e poi interi presepi. In quest'arte si distinguono i cosiddetti "Bambinai" che operavano a Palermo nella zona della chiesa di San Domenico tra il '600 e il '700; tra loro un caposcuola fu Giulio Gaetano Zumbo del quale si può ammirare un presepe al Victoria and Albert Museum di Londra e Giovanni Rosselli ricordato da una sua opera al Museo Regionale di Messina nonché Anna Fortino, Giacomo Serpotta e Anna La Farina. I Bambinelli sono di fattura raffinata, impreziositi da accessori d'oro e d'argento, ieratici nell'espressione e rappresentati con una croce in mano. Nel '800 sono rinomati i "cerari" siracusani che producono presepi interi o Bambinelli dall'espressione gioiosa o dormienti, recanti nelle mani un agnellino, un fiore o un frutto e immersi in un tripudio di fiori di carta e lustrini colorati dentro teche di vetro (scarabattole). Tra loro eccellono Fra' Ignazio Macca, del quale si conservano alcuni presepi nell'eremo di San Corrado a Noto e nel Museo Bellomo di Siracusa e Mariano Cormaci ricordato dal presepe in cera a grandezza naturale sito nella grotta di Acireale. Notevole anche il presepe conservato nel palazzo Vescovile di Noto, che rappresenta uno spaccato di vita contadina, composto da 38 figure inserite nel paesaggio dei monti iblei. A Trapani per la fattura dei presepi si utilizzano materiali nobili e soprattutto il corallo, da solo, come in epoca rinascimentale, o insieme all'avorio, alla madreperla, all'osso, all'alabastro e alle conchiglie, nel periodo barocco e rococò, quando alla composizione centrale della Natività fanno corona architetture in stile d'epoca dove si rappresentano scene fantasiose e simboliche. Splendidi esemplari quelli esposti ai musei Pepoli di Trapani e Cordici di Erice. A Caltagirone, città produttrice di ceramiche fin dal '500, i presepi sono realizzati in terracotta e rappresentano come cornice alla Natività, scene di vita contadina e pastorale animate da personaggi tipici di quella civiltà come il pastore che dorme, lo zampognaro, il venditore di ricotta o il cacciatore. La migliore produzione qualitativa di presepi in terracotta policroma si ebbe tra la fine del '700 e la prima metà dell'800 con la bottega dei fratelli Bongiovanni, Giuseppe e Giacomo e con il nipote Giuseppe Vaccaro eccellente artista. Tuttavia già agli inizi del '700 operavano artigiani rinomati come i "santari" Branciforti e Margioglio che contribuirono ad imporre Caltagirone anche come "Città del presepe". Più in genere nell'intero territorio isolano ebbe grande diffusione a partire dal '600, il presepe costruito con la tecnica usata nella produzione di statue d'altare: statuine in legno rivestite di stoffe immerse in un bagno di colla per renderle rigide e dai colori brillanti. Tra i più noti presepisti del genere il caposcuola Salvatore Matera, il Nolfo, il Ciotta, i Pisciotta e i Tipa.
Resta radicato, quindi, nell’immaginario collettivo e nella cultura delle tradizioni cristiane, confermate in Sicilia col Regno normanno che oltre a conquistare gli emirati siciliani sgombra l’isola dalla sua cultura ortodossa, il rito della presentazione del presepe in tutte le case, nei luoghi di culto e in alcuni luoghi simbolici della vita pubblica dell’Isola.
La costruzione del Presepe avviene subito dopo i morti, altra festa che illumina l’animo siciliano, dove i morti si svegliano e portano doni ai bambini per rappresentare un arco di continuità vita – morte che non dimentica nessuno. Così nel presepe vengono raccontate anche storie contemporanee e rappresentate istanze dei fedeli verso il Padre eterno che nella nascita è ancora più rivolto alle sue “creature”. Il bambinello, al culmine di questo rito nella notte di natale, verrà inserito nella rappresentazione del presepe per portare salute, gioia e misericordia nelle famiglie dove rinasce a metà della novena dell’Immacolata che si concluderà con l’epifania.
 
Buon Natale a tutti da Ugo e Daniela



 

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