martedì 30 giugno 2015

L’EUROPA RINUNCI ALLE PAURE E TORNI A SOGNARE


L’EUROPA RINUNCI ALLE PAURE E TORNI A SOGNARE

La scorsa settimana Obama ha vinto due partite giudiziarie importantissime che incorniciano la strategia politica del presidente americano in una visione più ampia che abbraccia anche la sfera dei diritti personali.

Le sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti ammettono, una, l'estensione del riconoscimento delle nozze gay in tutti gli Stati della federazione e, l'altra - ancor più storica - la legittimità dei sussidi federali per consentire anche ai redditi più bassi l'accesso a una polizza sanitaria in tutti i paesi.

La ripresa economica, in sostanza, deve andare di pari passo con l'accelerazione nel riconoscimento dei diritti civili e sociali.

Qualche repubblicano ha minacciato azioni forti, soprattutto contro il primo dei provvedimenti, che può fare breccia negli animi della parte più conservatrice del paese. E' il caso del Ministro della giustizia del Texas, Ken Paxton, che ha deciso diriconoscere ai funzionari locali che saranno chiamati a trascrivere le nozze gay la possibilità di esercitare l'obiezione di coscienza per motivi religiosi.

Ma sono ipotesi destinate a restare isolate perché i funzionari rischiano la denuncia se rifiutano di celebrare matrimoni gay che ormai hanno il valore di diritto costituzionale.

Gli Stati Uniti danno in questa fase una lezione alla vecchia Europa, dove non solo la crisi resta un dato di fatto, ma aumentano le paure e si mettono sempre più in discussione i diritti fondamentali.

L'Europa non insegue più sogni di progresso. L'allarme economico è stato lanciato qualche giorno fa dal Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco che senza giri di parole ha parlato di stagnazione sia per l'Italia che per l'Europa, per le quali serviranno ancora degli anni prima di tornare ai livelli produttivi del 2008.

Intanto crescono le paure.

Il dramma dei migranti stenta a essere affrontato dalla giusta prospettiva. Ciò che emerge giorno dopo giorno è una totale assenza di responsabilità nell'affrontare l'emergenza, ma anche una mancanza di visione umanitaria del fenomeno. L'esito delle elezioni in Danimarca ne è una diretta conseguenza, come i dibattiti apocalittici che si susseguono di paese in paese. Compresa l'Italia, dove la frontiera è una ferita e il fenomeno viene approcciato con il macabro gusto del business. Un quadro che lascia spazio a un'arretratezza di pensiero che mette in discussione premesse che per un paese europeo dovrebbero essere assiomi: il dovere dell'accoglienza e il diritto a essere felici altrove.

In questi spazi trovano voce le minacce del governatore della Lombardia Roberto Maroni, pronto a togliere fondi finanziari regionali alle amministrazioni locali che si mostrano non semplicemente solidali con i migranti, ma capaci di dare risposte, in attesa che ad altri livelli si studino piani risolutivi. Sempre la Lega, per voce del suo segretario Salvini, invoca stati di polizia, buttando benzina sul fuoco delle paure.

E più le paure crescono, più è forte l'immobilismo. L'Europa, l'Italia, sono come bambini bloccati dal terrore nel buio, un terrore che si alimenta dell'incapacità di muovere un passo verso una via di luce.

E così si affonda nell'oscurità di discussioni inutili a risolvere i problemi. Ne è un esempio il primo atto del neo sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha messo all'indice i libri a disposizione di insegnanti ed educatori delle scuole dell'infanzia della città lagunare, nell'ambito di un progetto sull'integrazione e sulle diverse forme di famiglia. Tra quei libri ci sono storie illustrate da Altan, l'autore della Pimpa, che raccontano di famiglie con due mamme o due papà o storie di famiglie "allargate". Quella di Brugnaro non è solo la negazione di un diritto di espressione, ma un modo per spostare l'attenzione dei cittadini su altro e alimentarne le paure.

Sta succedendo anche in Turchia, dove i risultati delle ultime politiche, che hanno premiato il Partito Democratico dei Popoli dando speranza ai movimenti progressisti e democratici del paese, si schiantano contro il muso duro della politica di Erdogan, che al dialogo preferisce la repressione. È successo di nuovo durante il gay pride di domenica a Istanbul, con la polizia che ha impedito ai manifestanti di riunirsi in piazza Taksim, luogo storico delle proteste pubbliche, aprendo gli idranti e sparando proiettili di gomma sulla folla.

Quel che è certo, è che l'Europa non uscirà dalla crisi se non troverà il coraggio di riprendersi il ruolo di incubatore del progresso.

Redazione - Silvia Savi

 

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