The Guinnes Bar
Dublino è una città che galleggia sul
cielo, calma all’apparenza ma inquietante per la sua effervescenza.
Un mio amico, che anni fa aveva
partecipato, nella capitale dell’Eire, a una manifestazione per la promozione dei
vini da pasto siciliani, mi aveva raccontato un sacco di balle sugli irlandesi
bigotti e sulle ragazze locali, a dir suo, insignificanti. Io trovo bellissime,
lo dico in senso estetico, quelle belle ragazze ricce, rosse e con due smeraldi
d’occhi. Se fossi un uomo mi intricherebbero parecchio, ma, Giorgio Di Bella,
questo ragazzo siciliano, enologo e, a tempo perso, segretario della Pro loco
di Malavannera, non è mai stato, almeno per me, credibile; era un tipo strano, inquietante, oscuro, non
lo mai visto ridere in compagnia. Dublino è una città viva con una scia
minacciosa e lunghissima di bar e pub dove si può bere fino a notte fonda. Joyce,
un irlandese doc, nel suo “Ulisse”, racconta e ammonisce sul modo di evitare
tutti i pub di questa città che fluttua sull’alcool! Povero Joyce, i suoi
personaggi amano bere birra. In effetti se vai in centro c’è una concentrazione
di pub che fa paura. Pablo Escobar, uno che ho conosciuto all’aeroporto, al mio
arrivo, parlando un po’ mentre aspettavo i bagagli, oltre al suo numero di
cellulare e al suo indirizzo di casa, mi ha raccomandato di evitare
accuratamente le zone turistiche, troppo care. Così, ci siamo guardate negli
occhi, io e Nancine, la francesina che deve fare il colloquio dopo di me, abbiamo
deciso, stasera, di uscire e ci siamo fermati al Guinnes bar, a bere,
naturalmente, una lunghissima Guinnes!
Il Guinnes è in st James’s gate a due
passi dal nostro confine per l’avvenire! Che sballo, siamo dentro l’arpa d’oro
e respiriamo il soffio delle sue bollicine.
I muri sembrano piovuti da un medioevo
arcano e misterioso, i cancelli neri e i ponti scuri che attraversano le case
cieche con gli archi murati e i tubi e i camini.
Un distinto signore, un incrocio tra un
ragioniere milanese e un testimone di Geova, con giacca e cravatta, borsa di
pelle, capelli e barba rossi e mezzo sigaro inglese in bocca, scende da una di
quelle carrozzelle trainate da un cavallo che mi ricordano tanto la mia città,
solo che qua non sono nere, e viene verso di noi. In un inglese siculo-francese
gli chiediamo dove possiamo bere una birra e lui abbozza un mezzo sorriso, ci
sfotte, indicando il gate della Guinnes. Dovevamo proprio dimostrare di essere
turiste!
< Vous craignez pour l'entrevue d'emploi de demain …oh mi scusa tu …. volevo chiedere a te …>
esordì la graziosa francesina, un po imbarazzata.
< Aucune crainte!> le risposi velocemente per farla rilassare. <Nessuna paura!>
< Scusa mio italiano … boh, boh, …>
< Non ti preoccupare, io ti capisco bene! Parla pure in francese se vuoi!>
Così ci addentrammo nei meandri delle cose personali e lei si aprì come un ostrica succulenta
e invitante che nasconde al suo predatore un retrogusto duro e pericoloso. Tutto scioglieva la Guinness, pure la lingua e l’espressione!
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