Jürgen Moltmann
Per
un’etica della speranza
Solo
una breve presentazione del lungo percorso di un grande teologo. Jürgen Moltmann
è conosciuto in tutto il mondo come il teologo della speranza.
Nato
presso Amburgo, la grande città anseatica della Germania, nel1926, ha fatto in
tempo a essere arruolato nella Wehrmacht a 17 anni, e a trascorrere dopo la
guerra sul fronte olandese tre anni di internamento,1945-1948, in campi di
prigionia, come prigioniero di guerra (POW = PrisonerofWar) degli
inglesi, prima in Belgio, poi in Scozia, e successivamente nell'Inghilterra
centrale, nel Norton Camp presso Mansfield nel Nottinghamshire.
Proveniente
da una famiglia protestante laica, proprio dietro il filospinato del campo di
prigionia ha scoperto la fede in Cristo, leggendo i Salmi di lamentazione dell'
Antico Testamento, in particolare il Salmo 39, e poi il vangelo di
Marco, in particolare il racconto della passione (un cappellano del campo aveva
distribuito ai prigionieri di guerra la Bibbia). Scrive nell'Autobiografia, in
riferimento a questa esperienza di prigionia: «Ho ripreso il coraggio di vivere
e, lentamente ma con sicurezza, mi ha preso una grande esperienza di
risurrezione nel "vasto spazio" di Dio». Ritornato dalla prigionia
nel 1948, opta per la teologia (invece che per matematica e fisica), che
insegnerà nelle università di Bonn e Tubinga, avendo qui come colleghi: il
filosofo Bloch e i teologi Küng e Ratzinger, per citare i più noti.
L'opera,
che lo ha fatto conoscere in campo internazionale, è Teologia della speranza
del 1964, arrivata in traduzione italiana presso l'Editrice Queriniana nel
1970, vincendo in Italia il Premio
internazionale di letteratura "Isola d'Elba" 1971. Il libro non è
semplicemente una trattazione teologica della speranza, che lo scrittore
francese Péguy ha dichiarato «la piccola» tra le virtù, ma è una vigorosa e
innovativa rilettura del cristianesimo in chiave di futuro e di speranza.
L'opera
ha avuto un seguito in altre scritture, tra cui spicca Il Dio crocifisso del
1972, dove il teologo della speranza svolge una impressionante teologia della
croce, che mette a tema la solidarietà
del Dio trinitario con l'umanità e con la sua storia di sofferenza, che ha in Auschwitz
una cifra conturbante per la Germania e per l'Europa. La speranza cristiana
viene, così, ben distinta dall'ottimismo, e viene prospettata come speranza
«creativa» in un orizzonte di futuro, ma insieme come speranza «avveduta» della
violenza del male nel mondo. Essa si fa concreta nella resistenza contro il
male, e nelle azioni della speranza, nell'esperimento della speranza, cui è
chiamata la comunità cristiana. Un teologo nordamericano dava conto di queste
opere moltmanniane in un articolo dal titolo espressivo «Il tempo invade la cattedrale».
Dopo
il ciclo della teologia della speranza - che si può collocare negli anni
Sessanta e Settanta – Jürgen Moltmann ha intrapreso, a partire dagli anni
Ottanta, un progetto di Contributi sistematici alla teologia in una
serie di 8 volumi, da poco conchiusa, come teologia dialogica. La
teologia
dialogica di Moltmann si sviluppa in comunione ecumenica con le teologie delle
chiese cristiane e pensa ecumenicamente tutti i grandi temi e le grandi parole
della tradizione cristiana (Moltmann ha scritto: «Chi nonpensa ecumenicamente è
eretico»). Questa teologia dialogica ha le sue coordinate di riferimento,
oltreché nella Scrittura come fonte cristiana anche nella comune speranza nel
Regno, come orizzonte di riflessione, quale trova espressione nella
letteratura, nella filosofia, nelle religioni. Si potrebbe caratterizzare la
teologia di Moltmann come "Passione per il
Regno".
Tra
gli incontri decisivi, che lo hanno condotto in questa direzione,viene
ricordato il teologo olandese riformato Arnold van Ruler di Utrecht, che
proponeva una "teologia dell'apostolato" con le categorie dell'esodo
e del regno di Dio, e si esprimeva così: «Sento il profumo di una rosa e sento
il profumo del regno di Dio». Scrive Moltmann: «Mi lanciai sul "regno di
Dio", senza sapere che questo tema del futuro mi avrebbe tenuto con il
fiato sospeso per una vita intera».
Tra
questi 8 volumi della serie dei Contributi merita particolare segnalazione
la suggestiva opera Dio nella creazione del 1985, dove il teologo
sostiene che di fronte alla crisi ecologica ci sono delle correzioni da
apportare anche in campo teologico. In ambito cristiano si era infatti tacitamente
conclusa una spartizione di competenze: la natura è stata abbandonata alla
scienza e alla tecnologia, e la teologia si era riservata la storia, che
interpreta come storia di salvezza. Ma, così, la teologia non ha reso
culturalmente operante la fede nella creazione. Da qui la necessità di «raffreddare
la storia», cioè di passare dall' antropomorfismo della culturamoderna al
teocentrismo cosmologico biblico: l'uomo e la sua storia vanno inseriti
all'interno del più vasto «eco-sistema Terra». In questa sua trattazione
Moltmann svolge le linee di una Dottrina ecologica della creazione. L'eco
di quella trattazione si trova anche nella Lectio di Catanzaro-Messina,
dove la scienza appella all'integrazione della sapienza.
Ma
si deve anche ricordare un altro volume Lo spirito della vita (1991), e
il più breve e bellissimo testo La fonte della vita (1997), che possono
essere considerati come un punto d'arrivo del suo pensiero. LoSpirito Santo è
presentato come la forza della vita nuova, vita per il corpo e per l'anima, per
lo spirito e per i sensi, per il tempo e per l'eternità. Una teologia della
speranza, dunque, che si sviluppa in una teologia della vita nella pluralità
delle sue dimensioni.
La
lectio magistralis si ispira al suo nuovo libro, Etica della speranza
(Queriniana 2011).
Scrive
nella Prefazione della nuova opera: «Mi rivolgo alla cristianità per fare
proposte pratiche in seno a orizzonti pieni di speranza. Essa cerca di
inculcare un éthos riguardante la vita messa in pericolo, la terra minacciata
e la giustizia negata». Ma non è il nostro tempo, tempo di crisi? Moltmann
avverte fin dall'inizio: «Un'etica della paura vede le crisi, un' etica della
speranza riconosce le possibilità insite nelle crisi ( ... ). L’"euristica
della paura" suscita la responsabilità per il presente», e cita un verso
dell'inno intitolato Patmos del poeta Hölderlin, che lo accompagna da
sempre nelle sue riflessioni: «Ma dov'è il pericolo, cresce anche ciò che salva».
L'opera
inizia con un interessante capitolo teoretico sull'escatologia, in quanto «ogni
etica cristiana è influenzata da una escatologia presupposta». Moltmann
sintetizza la sua posizione, argomentata in molte opere, come escatologia in
dimensioni messianiche, dove il futuro escatologico rimane futuro, ma viene
anticipato nel presente: «L'etica del regno di Dio è un'etica della sequela, e
l'etica della sequela di Gesù è un'etica dell'anticipazione del suo futuro».
Etica della speranza come etica messianica, come etica trasformativa: «Un'etica
della speranza vede il futuro nella luce
della risurrezione di Cristo. La ragione da essa presupposta e utilizzata è il
sapere trasformativo. Essa introduce all'azione trasformativa per anticipare
più che si può la nuova creazione di
tutte le cose, che Dio ha promesso e inaugurato in Cristo».
Rosino
Gibellini
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