giovedì 20 agosto 2015

Per un Etica della Speranza (Jürgen Moltmann)


Jürgen Moltmann

Per un’etica della speranza

 
Solo una breve presentazione del lungo percorso di un grande teologo. Jürgen Moltmann è conosciuto in tutto il mondo come il teologo della speranza.

Nato presso Amburgo, la grande città anseatica della Germania, nel1926, ha fatto in tempo a essere arruolato nella Wehrmacht a 17 anni, e a trascorrere dopo la guerra sul fronte olandese tre anni di internamento,1945-1948, in campi di prigionia, come prigioniero di guerra (POW = PrisonerofWar) degli inglesi, prima in Belgio, poi in Scozia, e successivamente nell'Inghilterra centrale, nel Norton Camp presso Mansfield nel Nottinghamshire.

Proveniente da una famiglia protestante laica, proprio dietro il filospinato del campo di prigionia ha scoperto la fede in Cristo, leggendo i Salmi di lamentazione dell' Antico Testamento, in particolare il Salmo 39, e poi il vangelo di Marco, in particolare il racconto della passione (un cappellano del campo aveva distribuito ai prigionieri di guerra la Bibbia). Scrive nell'Autobiografia, in riferimento a questa esperienza di prigionia: «Ho ripreso il coraggio di vivere e, lentamente ma con sicurezza, mi ha preso una grande esperienza di risurrezione nel "vasto spazio" di Dio». Ritornato dalla prigionia nel 1948, opta per la teologia (invece che per matematica e fisica), che insegnerà nelle università di Bonn e Tubinga, avendo qui come colleghi: il filosofo Bloch e i teologi Küng e Ratzinger, per citare i più noti.

L'opera, che lo ha fatto conoscere in campo internazionale, è Teologia della speranza del 1964, arrivata in traduzione italiana presso l'Editrice Queriniana nel 1970, vincendo in Italia il  Premio internazionale di letteratura "Isola d'Elba" 1971. Il libro non è semplicemente una trattazione teologica della speranza, che lo scrittore francese Péguy ha dichiarato «la piccola» tra le virtù, ma è una vigorosa e innovativa rilettura del cristianesimo in chiave di futuro e di speranza.

L'opera ha avuto un seguito in altre scritture, tra cui spicca Il Dio crocifisso del 1972, dove il teologo della speranza svolge una impressionante teologia della croce, che mette a tema la  solidarietà del Dio trinitario con l'umanità e con la sua storia di sofferenza, che ha in Auschwitz una cifra conturbante per la Germania e per l'Europa. La speranza cristiana viene, così, ben distinta dall'ottimismo, e viene prospettata come speranza «creativa» in un orizzonte di futuro, ma insieme come speranza «avveduta» della violenza del male nel mondo. Essa si fa concreta nella resistenza contro il male, e nelle azioni della speranza, nell'esperimento della speranza, cui è chiamata la comunità cristiana. Un teologo nordamericano dava conto di queste opere moltmanniane in un articolo dal titolo espressivo «Il tempo invade la cattedrale».

Dopo il ciclo della teologia della speranza - che si può collocare negli anni Sessanta e Settanta – Jürgen Moltmann ha intrapreso, a partire dagli anni Ottanta, un progetto di Contributi sistematici alla teologia in una serie di 8 volumi, da poco conchiusa, come teologia dialogica. La

teologia dialogica di Moltmann si sviluppa in comunione ecumenica con le teologie delle chiese cristiane e pensa ecumenicamente tutti i grandi temi e le grandi parole della tradizione cristiana (Moltmann ha scritto: «Chi nonpensa ecumenicamente è eretico»). Questa teologia dialogica ha le sue coordinate di riferimento, oltreché nella Scrittura come fonte cristiana anche nella comune speranza nel Regno, come orizzonte di riflessione, quale trova espressione nella letteratura, nella filosofia, nelle religioni. Si potrebbe caratterizzare la teologia di Moltmann come "Passione per il

Regno".

Tra gli incontri decisivi, che lo hanno condotto in questa direzione,viene ricordato il teologo olandese riformato Arnold van Ruler di Utrecht, che proponeva una "teologia dell'apostolato" con le categorie dell'esodo e del regno di Dio, e si esprimeva così: «Sento il profumo di una rosa e sento il profumo del regno di Dio». Scrive Moltmann: «Mi lanciai sul "regno di Dio", senza sapere che questo tema del futuro mi avrebbe tenuto con il fiato sospeso per una vita intera».

Tra questi 8 volumi della serie dei Contributi merita particolare segnalazione la suggestiva opera Dio nella creazione del 1985, dove il teologo sostiene che di fronte alla crisi ecologica ci sono delle correzioni da apportare anche in campo teologico. In ambito cristiano si era infatti tacitamente conclusa una spartizione di competenze: la natura è stata abbandonata alla scienza e alla tecnologia, e la teologia si era riservata la storia, che interpreta come storia di salvezza. Ma, così, la teologia non ha reso culturalmente operante la fede nella creazione. Da qui la necessità di «raffreddare la storia», cioè di passare dall' antropomorfismo della culturamoderna al teocentrismo cosmologico biblico: l'uomo e la sua storia vanno inseriti all'interno del più vasto «eco-sistema Terra». In questa sua trattazione Moltmann svolge le linee di una Dottrina ecologica della creazione. L'eco di quella trattazione si trova anche nella Lectio di Catanzaro-Messina, dove la scienza appella all'integrazione della sapienza.

Ma si deve anche ricordare un altro volume Lo spirito della vita (1991), e il più breve e bellissimo testo La fonte della vita (1997), che possono essere considerati come un punto d'arrivo del suo pensiero. LoSpirito Santo è presentato come la forza della vita nuova, vita per il corpo e per l'anima, per lo spirito e per i sensi, per il tempo e per l'eternità. Una teologia della speranza, dunque, che si sviluppa in una teologia della vita nella pluralità delle sue dimensioni.

La lectio magistralis si ispira al suo nuovo libro, Etica della speranza (Queriniana 2011).

Scrive nella Prefazione della nuova opera: «Mi rivolgo alla cristianità per fare proposte pratiche in seno a orizzonti pieni di speranza. Essa cerca di inculcare un éthos riguardante la vita messa in pericolo, la terra minacciata e la giustizia negata». Ma non è il nostro tempo, tempo di crisi? Moltmann avverte fin dall'inizio: «Un'etica della paura vede le crisi, un' etica della speranza riconosce le possibilità insite nelle crisi ( ... ). L’"euristica della paura" suscita la responsabilità per il presente», e cita un verso dell'inno intitolato Patmos del poeta Hölderlin, che lo accompagna da sempre nelle sue riflessioni: «Ma dov'è il pericolo, cresce anche ciò che salva».

L'opera inizia con un interessante capitolo teoretico sull'escatologia, in quanto «ogni etica cristiana è influenzata da una escatologia presupposta». Moltmann sintetizza la sua posizione, argomentata in molte opere, come escatologia in dimensioni messianiche, dove il futuro escatologico rimane futuro, ma viene anticipato nel presente: «L'etica del regno di Dio è un'etica della sequela, e l'etica della sequela di Gesù è un'etica dell'anticipazione del suo futuro». Etica della speranza come etica messianica, come etica trasformativa: «Un'etica della speranza vede il  futuro nella luce della risurrezione di Cristo. La ragione da essa presupposta e utilizzata è il sapere trasformativo. Essa introduce all'azione trasformativa per anticipare più che si può la nuova  creazione di tutte le cose, che Dio ha promesso e inaugurato in Cristo».

Rosino Gibellini

Nessun commento:

Posta un commento

  La solitudine di Israele e la sua maledizione (Ugo Arioti @2024 ) Gli ebrei furono scelti da Dio per essere "la proprietà...