giovedì 25 agosto 2016

Identità culturali e aree metropolitane

   



Identità culturale e area metropolitana -   

Identità culturale e disegno del territorio sono, da sempre, la decodificazione e materializzazione del pensiero umano sul luogo dove risiede e vive, o, semplicemente, lavora.
Ragioniamo, allora, su questi due cardini, o, se avete altre visioni particolari, “piani paralleli”, della città contemporanea. Il tema dell'identità culturale è fondamentale per uno sviluppo “armonico” del territorio. Cos’è?, in parole povere, è il catalizzatore della cultura degli uomini in un luogo. Ricollegandomi al pensiero “classico” potrei dire che è la cultura degli uomini che abitano una regione geografica definita da confini naturali e che si amalgama con le potenzialità del luogo creando quello che i romani hanno battezzato: Genius Loci.       
    Da questo "centro" si sviluppa la trama urbana, il suo disegno etnostorico: quello che leggiamo quando visitiamo un paese e ci immergiamo nelle sue aree più "sincere", i mercati. L'altra parallela che dobbiamo considerare, in questo ragionamento sull'identità, è quella dell'area metropolitana.
Cos’è l’area metropolitana?

L’area metropolitana è una zona circostante un'agglomerazione (o una conurbazione) che per i vari servizi dipende dalla città centrale (che chiamiamo per definire l'innesco del sistema: metropoli) ed è caratterizzata dall'integrazione delle funzioni e dall'intensità dei rapporti che si realizzano al suo interno, relativamente ad attività economiche, servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. 
   Elementi necessari affinché esista una vera e propria area metropolitana sono, in particolare, la presenza di una rete di trasporti che colleghi tra loro i diversi ambiti urbani e la presenza di forti interazioni economico/sociali/culturali all'interno dell'area stessa.
    È difficile individuare un chiaro confine dell'area metropolitana perché questo, spesso, è dato proprio dall'esistenza di forti interazioni tra le diverse parti che compongono l'area metropolitana (grande città e cittadine o paesi del circondario individuato come area metropolitana che gravitano sul centro principale).
   Le amministrazioni locali dei centri minori dell'area, gioco forza, devono delegare, molte volte,  parte delle proprie competenze ad un coordinamento centrale che superi gli ambiti locali al fine di garantire una corretta ed economica gestione dei servizi essenziali dell'area metropolitana. 
    In questo caso, laddove esiste un ente di coordinamento centrale, è possibile avere una chiara indicazione dei confini dell'area metropolitana, almeno dal punto di vista legislativo/esecutivo.
    Come è chiaro, allora, non ci sono e non sono stati creati i presupposti socio/culturali per l'integrazione e l'interazione tra le parti, ma parametri economici che rendono obbligatoria una maggiore disponibilità di tutti a partecipare a un servizio a sistema unico come quello dei trasporti e della raccolta dei RSU.
     Questo, naturalmente è un limite, seppur necessario, che pone tutte le città italiane nella condizione di una crescita disordinata e caotica. 
      Mi sposto, ora, nuovamente sul versante dell'identità culturale, perché credo che sia questa la chiave di lettura che i sindaci e gli amministratori dei comuni italiani devono ricercare, e la devono trovare, partendo da un fattore comune a tutti: la presenza di un vastissimo patrimonio storico - culturale.   
     Il tema dell’identità è diventato, oggi, un tema sempre più ricercato dagli urbanisti e dai tecnici della pianificazione territoriale. Spesso, però, viene posto come obiettivo finale delle politiche urbane e territoriali. Ciò, naturalmente, perché per molti dovrebbe risolvere le politiche dell'amministrazione locale, ... è, di più, un tema ricorrente nella ricerca scientifica, nei dibattiti pubblici, perfino tra la gente comune che non si interessa ai problemi filosofico-urbanistici, ma che vede nel luogo dove ha sviluppato la sua vita il centro del suo "piccolo universo", non incline a sperimentazioni dottrinali che, spesso, finiscono per creare i grandi guasti delle città metropolitane: periferie squallide e uguali, senza identità e, talvolta, anche senza servizi.
    Basti ricordare, ad esempio, i grandi interventi sulle cosiddette “centralità” a Roma, gli interventi in zona Garibaldi a Milano o gli interventi per le Olimpiadi invernali a Torino, dove spesso  le politiche pubbliche assecondano, soltanto, le grandi operazioni immobiliari. Realizzazioni che, non solo cambiano radicalmente e direttamente il volto della città, ma – come tutti i meccanismi di valorizzazione economica – determinano trasformazioni indirette ancor più radicali, influendo sull’andamento del mercato immobiliare e causando i grandi processi di espulsione della popolazione e di trasformazione sociale (con il connesso, spesso doloroso, fenomeno degli sfratti).

  Nel suo saggio sulle identità urbane: pratiche, progetto, senso dei luoghi, Maurizio Carta, ci ricorda che: "I problemi legati all’identità esplodono proprio in quei contesti urbani dove “si perde l’identità”, dove le tensioni trasformative sono più forti e si traducono in conflitti accesi. Tant’è che la presenza di importanti e significativi movimenti urbani e la formazione di comitati e associazioni locali sembrano spesso, più che (o non soltanto) l’espressione di un tessuto sociale attivo, consistente e radicato in culture e dinamiche preesistenti, il segnale di quanto questo tessuto si senta minacciato e reagisca in qualche modo alle trasformazioni che sente sempre più incalzanti e inarrestabili. Ne sono esempi il quartiere San Salvario a Torino, il quartiere Isola a Milano, il rione Monti a Roma, San Berillo e il Quartiere Fiera a Catania, il Quartiere Brancaccio a Palermo,".
     Ciò ci porta, quindi, a parlare di identità e contesti urbani socio/culturali, perché la conformazione degli spazi influisce fortemente sull’identità, ma analogamente i processi sociali e culturali conformano gli spazi. Cosa che già il nostro antropologo e medico palermitano, Giuseppe Pitrè, ai primi del Novecento aveva capito, indicando nella cultura popolare un patrimonio immateriale da tutelare e valorizzare. Certo, non è un parametro o una variabile semplice e univoca, ma si tratta di un rapporto biunivoco, che va  oltre la locuzione “fatti sociali formati nello spazio” (Bagnasco, 1994) che ha poi avuto fortuna in Italia negli anni ’90, ma che ancora interpreta lo spazio come uno “sfondo” o che comunque mantiene separate le due dimensioni, quella spaziale e quella sociale in dipendenza dell'unica linea politica scelta dal sistema "Occidentale" del Mercato libero: La Finanza generale (non l'economia territoriale). 
    E qua, rifacendomi proprio agli studi del Pitrè e di Salvatore Salamone Marino, che indicano la strada principale nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio immateriale voglio fare un accenno all'identità e agli immaginari urbani. 
   Non bisogna sottovalutare le dimensioni immateriali che influiscono sulla formazione delle identità e sul progetto urbano. Importante è sottolineare la rilevanza degli immaginari urbani e delle rappresentazioni sociali, sia quelle prodotte localmente nell’ambito delle collettività interessate, sia quelle prodotte in contesti più allargati riguardo ad ambiti specifici. Perché, detto in parole povere, anche la città e l'area metropolitana si comporta come un accumulatore di culture e di pensieri. Tutti possiamo pensare ad  un suo specifico territorio, un quartiere  e, di quello, ne dichiariamo le nostre idee e tabù e, allo stesso tempo, dal quartiere, la gente che lo abita, crea le sue immagini del centro ... più storico, più commerciale, più ufficiale ecc. ecc...
      Il discorso, come si può constatare da questi brevi appunti che vi sto esponendo, è vastissimo e si presta a interpretazioni e interventi multidisciplinari e diversi. Vorrei, allora, riportarlo al suo inizio e concludere! Abbiamo visto che è il luogo che crea una sua gerarchia di rapporti ed è l'uomo che genera i piani su cui questi rapporti trovano sviluppo e soluzione. Che il danno della funzionalità urbana e della sua Economia finanziario/immobiliare ha, sempre più spesso, trasformato queste aree in dormitori e contenitori disordinati di cose che non hanno un identità precisa. Questo è sotto i nostri occhi, ma vediamo, al contempo, che questo disagio crea dibattito e antagonismo con il potere centrale, quindi porta verso una nuova o, semplicemente, diversa interlocuzione amministrativa. 
     Infine, riscopriamo, che è la valorizzazione di questo immenso patrimonio immateriale di culture popolari che va tutelato e valorizzato. Perciò, permettetemi di tirare le fila del discorso dicendo che  si intravede l’opportunità di una riflessione interdisciplinare spinta ad interpretare l’identità in termini di un processo evolutivo, in cui interagiscono componenti ambientali, urbane, sociali e culturali. 
     Abbiamo visto come su questo incidono non solo le componenti legate alla memoria e all’identità storica, ma anche quelle derivate  dalle forme di appropriazione materiale e simbolica, dai processi di significazione, dalle "idealizzazioni" sociali e dagli immaginari collettivi.
    Il problema, dell'area metropolitana e della sua identità, quindi non è  la mancanza di identità, scusate il gioco di parole, in sé e per sé, o l’identità minacciata, o la resistenza ai processi di omologazione globale, tutti fenomeni che pure possiamo facilmente riscontrare nei processi di costruzione della città contemporanea, quanto piuttosto la problematicità delle forme di espansione e riappropriazione di quella capacità progettuale che è già diffusa nel tessuto sociale. 
     Scusatemi l'impertinenza, ma noi siamo talmente ricchi di identità storico culturali che potremmo ridisegnare da capo le nostre città, solo ripartendo da questa eredità attivata, questa volta, dal dibattito culturale territoriale, sviluppato su base paritaria e non obbligato a regole fisse che servono a incrementare o svalutare il costo delle aree metropolitane! La Legge urbanistica del 1942, se da un lato è servita a organizzare la ricostruzione, dall’altro ha cancellato con gli standard unici il meccanismo di riappropriazione identitaria dei luoghi attraverso la cultura dei popoli insediati.
Allora, se, da una parte, è pericoloso pianificare e progettare l’identità, o con l’identità, dall’altra, l’obiettivo che si pone al pianificatore attento è piuttosto quello di favorire le forme e i processi di riappropriazione materiale e simbolica della città, sia in termini partecipativi (cittadinanza attiva), sia in termini di modalità e pratiche concrete di costruzione della città e di definizione dei luoghi che non devono essere legati solo da sistemi macroeconomici e servizi.
    Grazie, per la pazienza, Ugo Arioti architetto

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