Identità culturale e area metropolitana -
Identità
culturale e disegno del territorio sono, da sempre, la decodificazione e
materializzazione del pensiero umano sul luogo dove risiede e vive, o,
semplicemente, lavora.
Ragioniamo,
allora, su questi due cardini, o, se avete altre visioni particolari, “piani
paralleli”, della città contemporanea. Il tema dell'identità culturale è
fondamentale per uno sviluppo “armonico” del territorio. Cos’è?, in parole
povere, è il catalizzatore della cultura degli uomini in un luogo.
Ricollegandomi al pensiero “classico” potrei dire che è la cultura degli
uomini che abitano una regione geografica definita da confini naturali e che si
amalgama con le potenzialità del luogo creando quello che i romani hanno battezzato:
Genius Loci.
Da questo "centro" si sviluppa
la trama urbana, il suo disegno etnostorico: quello che leggiamo quando
visitiamo un paese e ci immergiamo nelle sue aree più "sincere", i
mercati. L'altra parallela che dobbiamo considerare, in questo ragionamento
sull'identità, è quella dell'area metropolitana.
Cos’è
l’area metropolitana?
L’area
metropolitana è una zona circostante un'agglomerazione (o una conurbazione)
che per i vari servizi dipende dalla città centrale (che chiamiamo per definire
l'innesco del sistema: metropoli) ed è caratterizzata dall'integrazione delle
funzioni e dall'intensità dei rapporti che si realizzano al suo interno,
relativamente ad attività economiche, servizi essenziali alla vita sociale,
nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
Elementi necessari affinché esista una vera e propria area metropolitana sono,
in particolare, la presenza di una rete di trasporti che colleghi tra loro i
diversi ambiti urbani e la presenza di forti interazioni
economico/sociali/culturali all'interno dell'area stessa.
È difficile individuare un chiaro confine dell'area metropolitana perché
questo, spesso, è dato proprio dall'esistenza di forti interazioni tra le
diverse parti che compongono l'area metropolitana (grande città e cittadine o paesi
del circondario individuato come area metropolitana che gravitano sul centro
principale).
Le amministrazioni locali dei centri minori dell'area, gioco forza, devono
delegare, molte volte, parte delle proprie competenze ad un coordinamento
centrale che superi gli ambiti locali al fine di garantire una corretta ed
economica gestione dei servizi essenziali dell'area metropolitana.
In questo caso, laddove esiste un ente di coordinamento centrale, è possibile
avere una chiara indicazione dei confini dell'area metropolitana, almeno dal punto
di vista legislativo/esecutivo.
Come è chiaro, allora, non ci sono e non sono stati creati i presupposti
socio/culturali per l'integrazione e l'interazione tra le parti, ma parametri
economici che rendono obbligatoria una maggiore disponibilità di tutti a
partecipare a un servizio a sistema unico come quello dei trasporti e della
raccolta dei RSU.
Questo, naturalmente è un limite, seppur necessario, che pone
tutte le città italiane nella condizione di una crescita disordinata e
caotica.
Mi sposto, ora, nuovamente sul versante dell'identità culturale, perché
credo che sia questa la chiave di lettura che i sindaci e gli amministratori
dei comuni italiani devono ricercare, e la devono trovare, partendo da un
fattore comune a tutti: la presenza di un vastissimo patrimonio storico -
culturale.
Il tema dell’identità è diventato, oggi, un tema sempre più ricercato dagli
urbanisti e dai tecnici della pianificazione territoriale. Spesso, però, viene
posto come obiettivo finale delle politiche urbane e territoriali. Ciò,
naturalmente, perché per molti dovrebbe risolvere le politiche
dell'amministrazione locale, ... è, di più, un tema ricorrente nella ricerca
scientifica, nei dibattiti pubblici, perfino tra la gente comune che non si
interessa ai problemi filosofico-urbanistici, ma che vede nel luogo dove ha
sviluppato la sua vita il centro del suo "piccolo universo", non
incline a sperimentazioni dottrinali che, spesso, finiscono per creare i grandi
guasti delle città metropolitane: periferie squallide e uguali, senza identità
e, talvolta, anche senza servizi.
Basti ricordare, ad esempio, i grandi interventi sulle cosiddette “centralità”
a Roma, gli interventi in zona Garibaldi a Milano o gli interventi per le
Olimpiadi invernali a Torino, dove spesso le politiche pubbliche
assecondano, soltanto, le grandi operazioni immobiliari. Realizzazioni che, non
solo cambiano radicalmente e direttamente il volto della città, ma – come tutti
i meccanismi di valorizzazione economica – determinano trasformazioni indirette
ancor più radicali, influendo sull’andamento del mercato immobiliare e causando
i grandi processi di espulsione della popolazione e di trasformazione sociale
(con il connesso, spesso doloroso, fenomeno degli sfratti).
Nel suo saggio sulle identità urbane: pratiche, progetto, senso dei luoghi,
Maurizio Carta, ci ricorda che: "I problemi legati all’identità
esplodono proprio in quei contesti urbani dove “si perde l’identità”, dove le
tensioni trasformative sono più forti e si traducono in conflitti accesi.
Tant’è che la presenza di importanti e significativi movimenti urbani e la
formazione di comitati e associazioni locali sembrano spesso, più che (o non
soltanto) l’espressione di un tessuto sociale attivo, consistente e radicato in
culture e dinamiche preesistenti, il segnale di quanto questo tessuto si senta
minacciato e reagisca in qualche modo alle trasformazioni che sente sempre più
incalzanti e inarrestabili. Ne sono esempi il quartiere San Salvario a Torino,
il quartiere Isola a Milano, il rione Monti a Roma, San Berillo e il Quartiere
Fiera a Catania, il Quartiere Brancaccio a Palermo,".
Ciò ci porta, quindi, a parlare di identità e contesti urbani socio/culturali, perché
la conformazione degli spazi influisce fortemente sull’identità, ma
analogamente i processi sociali e culturali conformano gli spazi. Cosa che già
il nostro antropologo e medico palermitano, Giuseppe Pitrè, ai primi del
Novecento aveva capito, indicando nella cultura popolare un patrimonio
immateriale da tutelare e valorizzare. Certo, non è un parametro o una
variabile semplice e univoca, ma si tratta di un rapporto biunivoco, che
va oltre la locuzione “fatti sociali formati nello spazio” (Bagnasco,
1994) che ha poi avuto fortuna in Italia negli anni ’90, ma che ancora
interpreta lo spazio come uno “sfondo” o che comunque mantiene separate le due
dimensioni, quella spaziale e quella sociale in dipendenza dell'unica linea
politica scelta dal sistema "Occidentale" del Mercato libero: La
Finanza generale (non l'economia territoriale).
E qua, rifacendomi proprio agli studi del Pitrè e di Salvatore Salamone Marino,
che indicano la strada principale nella salvaguardia
e valorizzazione del patrimonio immateriale voglio fare un accenno
all'identità e agli immaginari urbani.
Non bisogna sottovalutare le dimensioni immateriali che
influiscono sulla formazione delle identità e sul progetto urbano. Importante è
sottolineare la rilevanza degli immaginari urbani e delle rappresentazioni
sociali, sia quelle prodotte localmente nell’ambito delle collettività
interessate, sia quelle prodotte in contesti più allargati riguardo ad ambiti
specifici. Perché, detto in parole povere, anche la città e l'area
metropolitana si comporta come un accumulatore di culture e di pensieri. Tutti
possiamo pensare ad un suo specifico territorio, un quartiere e, di
quello, ne dichiariamo le nostre idee e tabù e, allo stesso tempo, dal
quartiere, la gente che lo abita, crea le sue immagini del centro ... più
storico, più commerciale, più ufficiale ecc. ecc...
Il discorso, come si può constatare da questi brevi appunti che
vi sto esponendo, è vastissimo e si presta a interpretazioni e interventi
multidisciplinari e diversi. Vorrei, allora, riportarlo al suo inizio e
concludere! Abbiamo visto che è il luogo che crea una sua gerarchia di rapporti
ed è l'uomo che genera i piani su cui questi rapporti trovano sviluppo e
soluzione. Che il danno della funzionalità urbana e della sua Economia
finanziario/immobiliare ha, sempre più spesso, trasformato queste aree in
dormitori e contenitori disordinati di cose che non hanno un identità precisa.
Questo è sotto i nostri occhi, ma vediamo, al contempo, che questo disagio crea
dibattito e antagonismo con il potere centrale, quindi porta verso una nuova o,
semplicemente, diversa interlocuzione amministrativa.
Infine, riscopriamo, che è la valorizzazione di questo immenso
patrimonio immateriale di culture popolari che va tutelato e valorizzato.
Perciò, permettetemi di tirare le fila del discorso dicendo che si intravede l’opportunità di una
riflessione interdisciplinare spinta ad interpretare l’identità in termini di
un processo evolutivo, in cui interagiscono componenti ambientali, urbane,
sociali e culturali.
Abbiamo visto come su questo incidono non solo le componenti legate alla
memoria e all’identità storica, ma anche quelle derivate dalle forme di
appropriazione materiale e simbolica, dai processi di significazione, dalle
"idealizzazioni" sociali e dagli immaginari collettivi.
Il problema, dell'area metropolitana e della sua identità, quindi non è
la mancanza di identità, scusate il gioco di parole, in sé e per sé, o
l’identità minacciata, o la resistenza ai processi di omologazione globale,
tutti fenomeni che pure possiamo facilmente riscontrare nei processi di
costruzione della città contemporanea, quanto piuttosto la problematicità delle
forme di espansione e riappropriazione di quella capacità progettuale che è già
diffusa nel tessuto sociale.
Scusatemi l'impertinenza, ma noi siamo talmente ricchi di identità storico
culturali che potremmo ridisegnare da capo le nostre città, solo ripartendo da
questa eredità attivata, questa volta, dal dibattito culturale territoriale,
sviluppato su base paritaria e non obbligato a regole fisse che servono a
incrementare o svalutare il costo delle aree metropolitane! La Legge
urbanistica del 1942, se da un lato è servita a organizzare la ricostruzione,
dall’altro ha cancellato con gli standard unici il meccanismo di
riappropriazione identitaria dei luoghi attraverso la cultura dei popoli insediati.
Allora,
se, da una parte, è pericoloso pianificare e progettare l’identità, o con
l’identità, dall’altra, l’obiettivo che si pone al pianificatore attento è
piuttosto quello di favorire le forme e i processi di riappropriazione
materiale e simbolica della città, sia in termini partecipativi (cittadinanza
attiva), sia in termini di modalità e pratiche concrete di costruzione della
città e di definizione dei luoghi che non devono essere legati solo da sistemi
macroeconomici e servizi.
Grazie, per la pazienza, Ugo Arioti architetto
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