venerdì 23 settembre 2016

Racconti dell'iperspazio - pillole - Ugo Arioti



Aspettando il nuovo Sole

Eravamo ragazzi e fare l'alba era una delle nostre passioni. Si marciava, zaino in spalla, per due o tre chilometri dentro la pineta per arrivare alla vetta del Monte che si apre sull'antico granaio della Sicilia. Amare è il primo pensiero di un ragazzo di quasi diciotto anni, Anche di uno che attraversa un bosco; gli alberi e le pietre gli sorridono e l'adrenalina toglie ogni paura. Ci sono molte discrepanze tra come le cose appaiono e come sono in realtà, una cosa è pensare una canzone e canticchiarla una cosa è pensare alle tette della tabaccaia e sentirne sulle labbra il senso. Ragazzi. Ciccio, esperto di giornaletti osé, che il suo genitore nasconde in un cassetto del tavolino da lavoro che sta in garage, ci espone il suo pensiero sulla bellezza e sulle donne (nude) che, spesso, usa come bersaglio. Luigi, il filosofo del gruppo, lo ammonisce a pensare ogni tanto al genere femminile non come altra cosa, ma come vita umana pari a quella maschile. Stefano ride sempre e io seguo un mio percorso mentale, una traccia diversa che ogni tanto si combina con quella degli altri e nascono pantani letterari inenarrabili (filastrocche e barzellette sconce).Una cosa non permanente, in questo orizzonte notturno, può sembrare permanente. Anche le fonti di dolore, come gli eccessi alimentari, la sigaretta fumata di nascosto, talvolta paiono fonti di piacere, ma a lungo andare non lo sono affatto. Ciò che in ultima analisi porta alla sofferenza non viene visto per quello che è davvero, ma viene scambiato per una via verso la felicità. C'è chi la risolve masturbandosi, c'è chi legge e galoppa con la fantasia, c'è chi ride sempre per non essere sgradito agli altri, c'è chi fa il capo e questo lo soddisfa e c'è, in fine, chi si preoccupa che questo modo di fare superficiale ci porterà alla rovina, ma, fortunatamente, non sappiamo la data del disastro finale! Così tra gli aghi dei pini che ci fanno da tappetino Luigi (Gigio) ci illumina con una sua perla, l'avrà letta in qualche libro di suo nonno (ex sindaco del paese che, nel suo studio, ha una ricca libreria in castagno, nera come la scrivania, alta quanto la parete della stanza ... ad occhio e croce ci saranno più di mille volumi): “Vogliamo la felicità, ma per la nostra ignoranza non sappiamo come ottenerla; sebbene non vogliamo il dolore, a causa delle nostre false convinzioni, errate, di ciò che lo causa ci adoperiamo per ottenere proprio cause di dolore. Ecco perché la vita è sofferenza. Perché volutamente scartiamo il bene, arduo e semplice, e ci rifugiamo nel male più facile da realizzare. A nostro danno!”

Questo basta a farvi capire perché lo chiamiamo “Gigio il saggio”! Uno che è riuscito a farmi amare la musica jazz e che possiede una collezione di duecento lp di musica classica. A me, comunque la mettiamo,  piacciono i cantautori italiani, e, in primis, de Andrè, Guccini, i Nomadi e De Gregori, i fratelli Bennato, presi singolarmente, Pino Daniele, Franco Battiato, Ivan Graziani, Fossati, Dalla, Battisti; per dirla tutta amo i Pink Fleud, Kith Emerson, i Queen, Led Zeppelin, Piter Gabriel e la Nuova Compagnia di Musica popolare napoletana … va bene?  E sufficiente? Devo ammettere che, quando sento un duetto del Duca e Ella, vado in brodo di giuggiole! La musica afro americana mi è entrata nel sangue e lo ha infettato tutto. Sta notte, canteremo l'internazionale, per non sentire i morsi del freddo e della paura, uomini o bambini, siamo gli anti scout delle parrocche, l'avventura ci scorre nel sangue e ci fa sognare: W la Rivoluzione sempre!

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