venerdì 26 maggio 2017

La paura investe l’Occidente e alimenta il nostro tribalismo

L’Europa cambia pelle, riappaiono i muri, gli egoismi nazionali sono di nuovo all’attacco

di PAOLO LEPRI
Penny Byrne (1965), Fukushima Symphony (2011, porcellana, mixed media)
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«Le democrazie industriali si trovano davanti a una doppia temibile sfida che ha origine dall’indebolimento degli Stati nazionali: il jihadismo dall’esterno, il populismo dall’interno. Diverse per genesi, identità e pericolosità, entrambe le minacce possono fiaccare in maniera strategica l’Occidente, e hanno bisogno di risposte urgenti capaci di respingerle e, in ultima istanza, batterle». Non appaiono certo tranquillizzanti le parole che Maurizio Molinari usa nel suo libro Il ritorno delle tribù (Rizzoli) per descrivere l’orizzonte che abbiamo davanti a noi. In questa epoca difficile sono effettivamente a rischio sia i valori della libera convivenza, attaccati in modo efferato dal terrorismo islamico, sia la stabilità di società costruite nel segno di quella integrazione indicata come un nemico dai movimenti anti-sistema.





Maurizio Molinari, «Il ritorno delle tribù. La sfida dei nuovi clan all’ordine mondiale» (Rizzoli, pp. 242, euro 19)

Per vincere questa battaglia l’unico metodo, osserva il direttore della «Stampa», è «combattere il jihadismo come se il populismo non esistesse e rispondere al jihadismo come se il populismo non vi fosse». Le «due emergenze parallele» devono infatti essere affrontate in modo separato «perché in un caso si tratta di ridisegnare la sicurezza collettiva e nell’altro di riprogettare la prosperità collettiva». È un discorso convincente. Senza dimenticare che la non completa percezione della gravità di quella minaccia (che viene analizzata collegando tra loro i più sanguinosi episodi in una stessa trama) è una delle ragioni del grande malessere delle opinioni pubbliche. In questo senso le due emergenze sono anche la stessa faccia della medaglia: un’Europa più efficiente nel combattere il terrorismo, per esempio, è sicuramente un’Europa meno lontana dai cittadini e meno sensibile alla propaganda dei suoi contestatori.

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