Nelle sale per soli tre giorni il
biopic del regista austriaco Dieter Berner che racconta la tormentata
esistenza del genio dell'espressionismo viennese
La biografia ispirata alla sua vita si intitola Il Pornografo di Vienna
ed è già tutto lì, in quel titolo. C’è la tensione, lo scandalo, quello
che sembra ma non è. C’è la predestinazione al tormento di un uomo che
in nome dell’arte, e della libera espressione dell’arte, accetta di
subire: umiliazione, sofferenza, incomprensione. Finora quello che
sapevamo su Egon Schiele, che non derivava dall’osservazione diretta
della sua opera, era quanto scritto in quel libro, ma adesso il regista
Dieter Berner ci offre un racconto per immagini della vita dell’artista
austriaco, deriso e offeso dalla maggior parte dei suoi contemporanei,
agli inizi del Ventesimo secolo, oggi considerato "il genio del primo
Espressionismo viennese".
Egon Schiele: La morte e la fanciulla,
distribuito da Draka, in collaborazione con Twelve Entertainment, sarà
in sala solo il 27, 28, 29 novembre. Berner lo ha scritto insieme con
sua moglie, Hilde Berger, autrice del romanzo che porta lo stesso titolo
del film: "il libro è suddiviso in cinque storie – ci dice il regista –
ognuna delle quali è il racconto di Egon Schiele dal punto di vista di
una delle sue modelle. Per il film abbiamo scelto di unire la
narrazione". Ma il punto è lo stesso: il rapporto di Schiele con le
donne e il corpo delle donne. "Il film è quindi sì un omaggio alla sua
arte, ma soprattutto è il racconto della vita di un uomo". Una vita in
cui la sessualità era ciò da cui tutto partiva e a cui tutto tornava.
Aspetto che nella pellicola è forse declinato in maniera troppo delicata
rispetto alla frustrazione con la quale era costretto a convivere
l’artista, in quell’epoca di repressione. Suo padre ebbe moltissime
relazioni, morì di sifilide quando Egon aveva quattordici anni, "per lui
la sessualità – continua Berner – era contemporaneamente pericolo ed
eccitazione".
In realtà, un tentativo non troppo
convincente di portare la storia di Schiele sul grande schermo lo aveva
già fatto, nel 1981, Herbert Vesely, quando per il suo Inferno e Passione aveva
reclutato Mathieu Carrière per il ruolo di Egon e Jane Birkin per
quello della sua musa e modella Wally. Oggi a indossare i panni non
facili del pittore c’è Noah Saavedra che esordisce così in un ruolo da
protagonista. Ci riesce ed è quasi tutto merito del suo sguardo, quello
che si poggia sulle modelle alle quali poi Egon chiede: “resta ferma
così”, come Moa, la ballerina nera con capelli corti e riccissimi che,
quando non nuda, Schiele dipinge avvolta in tessuti coloratissimi. O lo
sguardo che indugia sulle donne che non sono ancora sue modelle ma che
lui già immagina, o meglio desidera che posino per lui. Wally, forse
l’unico amore della sua vita, la vede per la prima volta nello studio di
Gustav Klimt, all’epoca uno dei pochi, lungimiranti, a sostenere l’arte
di Schiele. Lei e le sue calze verdi diventeranno protagoniste di
numerose opere dell’artista, fino al definitivo La morte e la fanciulla,
che ritrae i due amanti in un abbraccio ormai rassegnato, prima che
Schiele lasci Wally per sposare Edith Harms, donna che gli chiederà di
essere la sua sola musa.
Ancora, lo sguardo disgustato che Egon rivolge al giudice che lo accusa di aver mostrato immagini pornografiche a una minorenne e quello infiammato, sempre diretto al rappresentante della legge che sta bruciando pubblicamente il suo disegno giudicato “osceno”. Non deve essere stato semplice cercare di guardare il mondo come lo guardava Schiele, quando le sensazioni erano tutte esasperate e il bisogno che urgeva era sempre quello di fissare quanto visto su carta. Se non fosse stato così forte, oggi non ci ritroveremmo con trecentoquaranta dipinti e duemilaottocento tra acquerelli e disegni realizzati in quei pochi anni. "Volevo trovare un attore molto giovane – continua Berner - perché il pubblico immaginasse cosa vuol dire morire a ventotto anni lasciando una simile eredità. Ho scelto Noah Saavedra quando ancora non era un attore, ma è stato lui stesso a convincermi che poteva essere la persona giusta. Abbiamo lavorato per un anno e mezzo prima che fosse davvero pronto per il ruolo".
Ancora, lo sguardo disgustato che Egon rivolge al giudice che lo accusa di aver mostrato immagini pornografiche a una minorenne e quello infiammato, sempre diretto al rappresentante della legge che sta bruciando pubblicamente il suo disegno giudicato “osceno”. Non deve essere stato semplice cercare di guardare il mondo come lo guardava Schiele, quando le sensazioni erano tutte esasperate e il bisogno che urgeva era sempre quello di fissare quanto visto su carta. Se non fosse stato così forte, oggi non ci ritroveremmo con trecentoquaranta dipinti e duemilaottocento tra acquerelli e disegni realizzati in quei pochi anni. "Volevo trovare un attore molto giovane – continua Berner - perché il pubblico immaginasse cosa vuol dire morire a ventotto anni lasciando una simile eredità. Ho scelto Noah Saavedra quando ancora non era un attore, ma è stato lui stesso a convincermi che poteva essere la persona giusta. Abbiamo lavorato per un anno e mezzo prima che fosse davvero pronto per il ruolo".
La stessa cosa con Maresi Riegner,
l’attrice che interpreta Gerti, sorella di Egon e sua prima modella,
anche lei giovanissima: "abbiamo ripetuto alcune scene varie volte, ma
per altre ho lasciato che improvvisassero". E il lavoro fatto da Dieter
Berner per questo film non è poi tanto diverso da quello che si trovava a
fare Schiele ogni volta che allestiva un set: "Artisti come Egon o
Caravaggio erano in realtà anche grandi registi. I personaggi dei suoi
quadri sembrano seguire una sceneggiatura". Ma Schiele va oltre, “posava
nudo per i suoi quadri, si fotografava e poi si ritraeva, era allo
stesso tempo regista e attore. Credo che nessun altro, in quegli anni,
lavorasse così”. Egon influenzava le sue modelle in maniera fortissima,
certo anche loro esercitavano un potere su di lui: la sua pittura era il
frutto di un’interazione e poi era qualcosa di estremamente mentale, al
punto che, a volte, l’opera ci rimaneva nella sua testa: quando i corpi
erano solo delineati o, addirittura, spezzati, non conclusi. Ma Schiele
non ha influenzato solo le sue donne: “nella fotografia moderna – dice
il regista - vedo che le pose non sono altro che un ripetersi. Guardate
James Dean, nei suoi scatti assumeva posizioni assolutamente simili a
quelle che Egon aveva nei suoi quadri”.
Schiele ha scelto di guardare il mondo in un certo modo, "quella scelta ha fatto di lui un artista, ma si trattava di un approccio del tutto nuovo e sconcertante per l’epoca, per questo a molti non piaceva". Non solo, per alcuni la sua opera era disturbante: "è vera pornografia" gli dirà nel film il giudice prima di condannarlo a scontare altri tre giorni in carcere, in aggiunta ai ventiquattro già passati, e prima di alimentare le fiamme con il suo disegno. "No, è un'opera d’arte erotica. Io sono un artista" riuscirà a rispondere "il genio dell’Espressionismo austriaco".
Schiele ha scelto di guardare il mondo in un certo modo, "quella scelta ha fatto di lui un artista, ma si trattava di un approccio del tutto nuovo e sconcertante per l’epoca, per questo a molti non piaceva". Non solo, per alcuni la sua opera era disturbante: "è vera pornografia" gli dirà nel film il giudice prima di condannarlo a scontare altri tre giorni in carcere, in aggiunta ai ventiquattro già passati, e prima di alimentare le fiamme con il suo disegno. "No, è un'opera d’arte erotica. Io sono un artista" riuscirà a rispondere "il genio dell’Espressionismo austriaco".