L’ombelico del Mondo: Mediterraneo.
Nel novembre del 2001 organizzai a Partinico, per l’amministrazione comunale, con la partecipazione di grandi scienziati del pensiero umano come il Ch.mo prof. Aurelio Rigoli, inventore dell’Etnostoria e allievo del Cocchiara che riorganizzò la collezione e gli scritti del Pitrè, il Prof. Francesco Silvestri fondatore della prima scuola di Ecologia Culturale Italiana, il Prof. Vincenzo Porcasi, docente di Diritto del commercio internazionale e tanti altri, una giornata di lavori che aveva come traccia di lavoro: il disegno etnostorico del territorio. Da architetto e da studioso dell’antropizzazione e della storia evolutiva dei popoli, chiamai a raccolta nella grande sala del “ Gianì”, architetti, antropologi e ricercatori dei Beni Culturali perché credevo e credo profondamente in due cose:
1) Viviamo in un luogo magnifico che è il vero ombelico del Mondo Classico;
2) Calpestiamo continuamente il nostro passato e distruggiamo e facciamo distruggere e razziare dagli altri un patrimonio immenso la cui sola “manutenzione” e “conservazione” unita alla sua rappresentazione e divulgazione basterebbe a creare centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Venerdì 24 febbraio 2012 Accademia delle Scienze Estere Palermo, organizzata dalla “Ruggero II°”, la conferenza di Mimmo Macaluso, medico e archeologo marino, dal tema:La storia in fondo al Mare. Piacevole e entusiasta, coinvolgente, descrizione e racconto di una passione che ha portato il nostro a scoprire che immensa ricchezza di storia umana è il Canale di Sicilia e il Mare Mediterraneo, crocevia di popoli e di culture antichissime. Aggiungerei la vera Atlantide è il Mar Mediterraneo e la Sicilia!
E tutta questa immensa ricchezza oggi è alla mercé di ricchi speculatori e squallidi ladri di “tombe” marine americani, inglesi, russi: PIRATI. Purtroppo sono pirati tecnologicamente forti che strappano tesori al mare e li trafugano impunemente. Contro questi corsari l’associazione di Mimmo Macaluso ha condotto e continua a portare avanti una campagna difensiva e di cooperazione culturale per arrivare a una politica di protezione e salvaguardia di questi Beni Culturali, Storici del Mediterraneo.
Nel 1997 Mimmo Macaluso partecipa, nell’ambito del IV Forum sull’Eredità Culturale del Mediterraneo, alla stesura della “RISOLUZIONE DI MALTA”. Vi trascriviamo il suo intervento che potete anche leggere sul sito di Mimmo: www.divermac.it.
Malta, IV Forum Sull'Eredità Marittima del Mediterraneo
14 ottobre 1997
Intervento di D.Macaluso
Egregio Dr. Espinosa Rodriguez, nel momento in cui ho appreso che era in fase di programmazione il IV Forum sull'Eredità Culturale del Mediterraneo, ho intuito che si trattava dell'occasione migliore per poter rivolgere un accorato appello ai rappresentanti dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, affinché con una forte azione comune, evitino che si ripeta quel che è accaduto la scorsa estate: un saccheggio di reperti archeologici, effettuato con l'ausilio di un sommergibile nucleare. Il Mediterraneo è custode di innumerevoli testimonianze, prezioso giacimento di vestigia che possono aiutare a fare Storia. Ogni relitto è la straordinaria occasione, di potere studiare gli aspetti più diversi del contesto temporale in cui si è manifestato l'evento che ha determinato l'affondamento di una nave. Trovare un relitto e pianificarne lo studio, è avere la possibilità di visitare una pezzo di mondo remoto e di trarne numerosissime informazioni, al di là del recupero della ceramica di bordo. Un antico relitto non è soltanto un “dispenser” di anfore: bisogna dissociare e sfatare il binomio ed il luogo comune relitto=anfore. Analizzando correttamente i resti di un'antica imbarcazione, si possono ottenere reperti e informazioni ancora più interessanti delle anfore, come notizie sulla vita di bordo, sull'architettura navale e sulla tecnica di costruzione, sulla natura e destinazione delle merci trasportate, sulle tecniche e gli strumenti di navigazione e sull'eventuale armamento di bordo. Per ottenere questo, nell'approccio ad un relitto bisogna ricorrere a procedure razionali, che prevedono il rilevamento del sito sommerso, la sua registrazione fotografica, l'eventuale sua elaborazione computerizzata e quindi lo scavo secondo i criteri del metodo stratigrafico. L'archeologo che si accinge a fare questo, ha un'enorme responsabilità, poiché lo scavo è una procedura traumatica ed irreversibile. Tutto questo può essere una novità per il profano, ma non può essere ignorato da uno scienziato nel momento in cui si trova davanti ad un antico relitto. Ecco perché è gravissimo quel che è successo nel Mediterraneo, un saccheggio di reperti archeologici, nel corso di una missione definita scientifica. L'operazione nasceva infatti da un progetto comune tra la National Geographic Society, l'istituto per le esplorazioni di Mystic nel Connecticut e sotto l'ègida del governo americano, che metteva a disposizione del geologo Robert Ballard, famoso per aver ritrovato i relitti della corazzata tedesca Bismarck e del transatlantico Titanic, il sommergibile della Marina Militare degli Stati Uniti "Nuclear Research-1"; il tutto con la direzione scientifica dell'archeologa Anna Marguerite Mac Cann. A bordo del sommergibile, anche un altro archeologo inglese, Jonatan Adams, che in una foto pubblicata dal The Times, compare accanto a Ballard, mentre osserva attraverso i monitors l'abilità con cui il braccio meccanico del R.O.V. Jason, recupera reperti. Forse il termine "saccheggio" potrebbe risultare forte, eccessivo, ma non riesco a trovare definizioni più soft per lo scempio perpetrato ai danni non di uno ma di circa otto relitti, mediante quel braccio articolato , che annaspando tra delicatissimi sedimenti, stravolgeva ogni sequenza stratigrafica per recuperare morbosamente oltre cento reperti. Il fatto che si agisse su relitti giacenti ad oltre 800 metri di profondità è ancora più grave, in quanto sono stati danneggiati siti archeologici che si erano eccezionalmente conservati grazie all'alta profondità: a quasi mille metri di profondità l'azione ossidante dell'ossigeno è pressoché nulla. Ma a chi appartenevano i reperti sottratti in quelle che Ballard ha definito acque internazionali? Nel corso della Terza Conferenza delle Nazioni Unite sulla nuova regolamentazione del Diritto del Mare, durante la quale nel 1982 veniva ratificata la cosiddetta Convenzione di Montego Bay, si stabilivano nuove regole.
Il limite delle acque territoriali è fissato a 12 miglia dalla costa ma a 24 miglia, viene fissato un altro importante limite, quello della “Zona Contigua Marittima”.
Accanto alle tradizionali “Acque Interne e Territoriali”, sottoposte al controllo ed al potere dello Stato costiero ed al “Mare Libero”, è stata definita una “Area Internazionale” che inizia a duecento miglia dalla costa (art149). La Convenzione considera beni culturali, oggetti storici risalenti a cento cinquant'anni fa. La Montego Bay regolamenta anche la ricerca scientifica e tutela sia i Paesi costieri che quelli che non hanno sbocco sul mare o ne sono lontani. Nel pianificare una ricerca, anche sulla piattaforma continentale, bisogna avere il consenso dello Stato costiero, che non lo negherà, se la richiesta proviene da un organismo scientifico qualificato. Non bisogna infine trascurare che il Mediterraneo è considerato dalla Convenzione un “mare chiuso o semichiuso” (art. 122), cioè circondato da diversi Stati costieri. Secondo l'art. 123, gli Stati che vi si affacciano, dovrebbero coordinare le loro politiche di ricerca scientifica, mentre quelli esterni, devono fare richiesta di ricerca motivata e precisa ad uno stato costiero, che può partecipare alla spedizione con propri scienziati. Bastava dunque che gli organizzatori della spedizione, avessero chiesto l'autorizzazione all'Italia o alla Tunisia, perché tutto sarebbe stato legale. Il fatto è che la missione, da quel che hanno mostrato le immagini, non era di semplice mappatura, ma di prelievo di reperti e l'articolo 253 recita che lo Stato costiero può chiedere la sospensione della ricerca, se il richiedente non adempie a quanto specificato nella richiesta.
Non è dunque una giustificazione asserire che il tutto sia svolto in acque internazionali, poiché gli oggetti sommersi in questa area, devono essere considerati patrimonio dell'umanità e sono sottoposti al controllo di un'Autorità Internazionale, che ha il compito di tutelarli. Per conto di quale Autorità Internazionale Robert Ballard prelevava materiale archeologico? Quale Autorità Internazionale avrebbe consentito l'uso indiscriminato del braccio articolato per saccheggiare il sito? Quale Autorità Internazionale custodirà i reperti asportati?
Se tali quesiti non hanno una risposta, Ballard ha probabilmente violato l'art. 149 della Convenzione che dice: “tutti gli oggetti di carattere archeologico o storico trovati entro le 200 miglia sono conservati o ceduti nell'interesse dell'umanità intera, tenuto conto in particolare dei diritti preferenziali dello Stato o del Paese d'origine, o dello Stato d'origine culturale, o ancora dello Stato d'origine storica o archeologica”. Da qui la mia mobilitazione in una serie di iniziative, quali la segnalazione della sottrazione di beni culturali indirizzata al Parlamento Regionale e Nazionale dell'Italia ed agli organi di stampa. Da qui la mia presenza in questa sede, per invitarVi a riflettere su una vicenda che colpisce per la mancanza di etica e per l'arroganza: di fronte ad una sofisticatissima tecnologia che permettere all'uomo di raggiungere ed operare a mille metri di profondità, chi può controllare il rispetto dei limiti e delle regole delle convenzioni internazionali? Chi può evitare questa sorta di imperialismo archeologico? Probabilmente soltanto le Nazioni Unite, che dovrebbero vigilare attivamente sul rispetto delle leggi, ma soprattutto gli Stati Costieri del Mediterraneo, che dovrebbero attenersi al già citato articolo 123, coordinando le loro politiche di ricerca scientifica. E' questo l'appello che sommessamente rivolgo ai Rappresentanti di questi Stati.
Se tali quesiti non hanno una risposta, Ballard ha probabilmente violato l'art. 149 della Convenzione che dice: “tutti gli oggetti di carattere archeologico o storico trovati entro le 200 miglia sono conservati o ceduti nell'interesse dell'umanità intera, tenuto conto in particolare dei diritti preferenziali dello Stato o del Paese d'origine, o dello Stato d'origine culturale, o ancora dello Stato d'origine storica o archeologica”. Da qui la mia mobilitazione in una serie di iniziative, quali la segnalazione della sottrazione di beni culturali indirizzata al Parlamento Regionale e Nazionale dell'Italia ed agli organi di stampa. Da qui la mia presenza in questa sede, per invitarVi a riflettere su una vicenda che colpisce per la mancanza di etica e per l'arroganza: di fronte ad una sofisticatissima tecnologia che permettere all'uomo di raggiungere ed operare a mille metri di profondità, chi può controllare il rispetto dei limiti e delle regole delle convenzioni internazionali? Chi può evitare questa sorta di imperialismo archeologico? Probabilmente soltanto le Nazioni Unite, che dovrebbero vigilare attivamente sul rispetto delle leggi, ma soprattutto gli Stati Costieri del Mediterraneo, che dovrebbero attenersi al già citato articolo 123, coordinando le loro politiche di ricerca scientifica. E' questo l'appello che sommessamente rivolgo ai Rappresentanti di questi Stati.
La seconda Risoluzione di Malta:
Adottata dai partecipanti al "IV Forum sull'Eredità Marittima del Mediterraneo" tenutosi a Malta dal 12 al 14 novembre 1997.
Si riafferma che le risorse culturali giacenti in superficie e nei fondali del Mediterraneo oltre le acque territoriali, ai confini tra gli Stati, costituiscono un eccezionale giacimento di interesse culturale, scientifico ed educativo.
Si riconosce che l'alta tecnologia è diventata accessibile e che questa viene usata per localizzare e danneggiare queste risorse culturali, come è apparso recentemente e manifestato attraverso i media internazionali.
Si nota che gli strumenti legali nazionali ed internazionali sono ancora inadeguati a salvaguardare queste risorse da simili danneggiamenti.
I partecipanti al forum esigono d'urgenza che i competenti organismi nazionali ed internazionali, in particolare l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ed il Congresso Internazionale dei Musei Marittimi (ICMM), prendano immediati provvedimenti per la creazione dei necessari strumenti legali per assicurare che queste risorse culturali vengano protette e studino accordi per effettuare ricerche scientifiche accettabili e sostenibili, in modo da garantire che queste risorse siano tramandate intatte alle generazioni future.
Ecco perché dovremmo pensare a disegnare il futuro etnostorico del nostro territorio e a sviluppare e salvaguardare dai ladri di identità culturali questo immenso patrimonio che la Sicilia e il Mediterraneo hanno conservato per i nostri figli e per il loro avvenire. Aggiungo che senza coscienza di quello che siamo stati non abbiamo futuro e prospettiva ….
Ugo Arioti
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