giovedì 25 aprile 2013

Il principio di responsabilità

Il principio di responsabilità
 

 Il clima sta diventando un po’ meno comodo, diciamo la verità. Quindi, ci produce problemi come inondazioni, cicloni e altre cose diverse da quelle che ci aspettiamo.

di Andrea Ermano 

Le parole di cui sopra non sono una metafora politica, ma il commento (qui citato a memoria) che qualche giorno fa un ricercatore ha rilasciato a RaiNews24 in occasione della “Giornata mondiale della Terra”. Ecco il dato più rilevante della settimana. Stiamo prendendo coscienza del fatto che dietro alla crisi morale e sociale e finanziaria, si delinea la crisi vera: quella del nostro modello di civiltà. Di cui il surriscaldamento è un effetto.
    Intanto, nel cielo della Città Eterna parole sibilanti come fuochi d'artificio – “Tradimento!”, “Situazione eccezionale!”, “Sindrome di Weimar!” – hanno rigato di sinistri bagliori un’indescrivibile finale notturno della Grande Esaustione Tattica, esaustione lunga vent’anni e chiamata “Seconda Repubblica”.
    Adesso siamo qui, un po’ allocchiti. E dietro la fine del bipolarismo all’italiana già intuiamo che la Grande Esaustione Tattica è, come dire, più grande: investe l’intera Unione, ben oltre la stupidità con cui è stata gestita l’impresa monetaria comune.
    Ho sentito da poco il filosofo Peter Sloterdijk pronosticare pessimista un futuro aumento in Europa delle conflittualità tra la “periferia meridionale” e il “centro franco-tedesco”. Pareva eccessivo. Invece, nel giro di pochi giorni, il suo pessimismo è stato corretto al ribasso. Anche il centro carolingio sembra entrato in oscillazione.
    Il Louvre, per dire, ospita De l'Allemagne – un’esposizione dedicata a “riflettere intorno ai grandi temi strutturanti il pensiero tedesco”. Poiché l’epoca prescelta è quella che va dalla Restaurazione anti-napoleonica all’aggressione bellica hitleriana, si tratta ovviamente di una riflessione severa. E così, i giornali dell’altra parte del Reno, da Berlino a Francoforte, insorgono contro la rinascita di “umori antitedeschi” a Parigi. La Germania si ribella nel vedere ridotta la sua vicenda a “un sentiero solitario verso la catastrofe”.
    L’Europa torna alle sue vecchie nevrosi? I francesi temono nuovamente la Prussia guerrafondaia e i tedeschi l’indolenza solo apparente della Gran Madre Russia? Ma non si erano già consumati due secoli, sanguinosissimi, di storia contemporanea su questo asse di fobie nazionali?
    Altro esempio. Da Hildesheim l’editore Olms pubblica un libro dal titolo: 2112 – Die Welt in hundert Jahren. È tutto dedicato a come potrebbe essere il mondo tra un secolo. Il volume, curato da un giornalista culturale austriaco, ospita una ventina di saggi che prefigurano i prossimi cento anni in rapporto ai temi più vari e disparati, incluso lo stato dell’UE.
    Sul dépliant si legge: “Dopo la Secessione in Italia nacque l’Unione Mitteleuropea. Intorno al territorio che era stato un tempo quello dell’Impero asburgico, venne a formarsi durante il XXI secolo uno stato federale, da Firenze a Kiel, da Ginevra a Budapest e da Amsterdam fino a Varsavia”. 
    Sembra la macro-regione del dio Po, in stile pangermanista. Dopodiché il pendolo geo-politico della storia universale potrebbe anche allontanarsi dalla pesca del merluzzo nei fiordi verso una nuova centralità mediterranea. E comunque: perché stupirsi se dal Louvre partono le prime salve?
Mi viene in mente l’incontro a Sant’Anna di Stazzema tra Napolitano e il presidente della Repubblica federale, Gauck; incontro promosso da Enrico Pieri, presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna: "Mi fa molto piacere è un momento particolare per l’Europa ed è bene che vengano a rendere omaggio ai martiri di Sant’Anna” – ha detto Pieri dopo la cerimonia con i due capi di Stato.
    “All’epoca dei fatti avevo dieci anni e nella strage persi entrambi i genitori. Verso la Germania avevo molto rancore. Quando De Gasperi nel dopoguerra ci spedì a ‘imparare le lingue’ non mi volevo avvicinare a quel paese. Ho fatto 32 anni di emigrante in Svizzera negli anni 70 poi si stava formando l’Europa. Come potevo portare rancore ad un paese che ne faceva parte? Allora ho mandato mio figlio a scuola di tedesco”.
    Chissà che cosa direbbe il figlio di Enrico Pieri se leggesse in tedesco il menzionato passo sulla “Unione Mitteleuropea da Firenze a Kiel”?
    “Io ho 80 anni”, – spiega il sopravvissuto di Sant’Anna. – “È passato quasi un secolo da quel maledetto 12 agosto. Ora sono e mi sento cittadino europeo. Vedo male il futuro dell’Italia. E il futuro dell’Europa non lo vedo troppo. Però non voglio essere pessimista. Anche stamani ai ragazzi che sono venuti in visita al museo ho detto: voi mi dovete dare una mano. Dovete impegnarvi per il futuro. Dovete costruire l’Europa”. Pieri ha ragione.
    Dobbiamo costruire l’Europa
    Ma per farlo, bisogna dare un senso a questa storia. Che non può essere la Germania nella parte di Biancaneve, mentre Firenze, Kiel, Vienna, Varsavia, Amsterdam e Ginevra si acconciano nei panni dei sette nani. Pensare l’Europa senza pensare all’intera umanità, significa predisporre “ancora una volta per la prima volta” l’autodistruzione bellica dell’intero continente.
    Di più, se il nostro continente non si pone il problema di dare una spinta generosa, molto più generosa, alla costruzione di una Governance pacifica ed equa della globalizzazione, è del tutto evidente che il clima diverrà meno, molto meno, comodo per tutti, ovunque.
    Questa – ripetiamolo – non è una metafora.
    Come dice Al Gore, l’ex vicepresidente Usa e premio Nobel per la Pace, noi non possiamo affrontare il surriscaldamento climatico senza agire “come genere umano”, per quanto questo possa apparirci una stravagante utopia.
    Ecco allora il senso della tensione ideale. La percezione della sfida cosmopolitica getta luce anche sui problemi dell’Italia. Perché l’essenza ultima del Politico è anzitutto l’arte della misura, che si manifesta come capacità di guardandosi dal “Troppo” come dal “Troppo poco”. Lo diceva già Platone.
    Se l’eccesso ideologico è la peste, anche l’assenza totale di tensione è peste ideologica. Inversamente, l’idea di “dare un senso a questa storia” non era sbagliata. Tutt’altro. Ma un Ulisse troppo buono può non preservare dei marinai troppo “senza bandiera” dal loro plateale naufragio politico collettivo.
    In ultima istanza, la serietà politica è riassunta bene nelle parole a doppio taglio di Pier Luigi Bersani dopo la sconfitta: “Se ci sono degli irresponsabili, la responsabilità è del responsabile”.

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