domenica 21 aprile 2013

L’Addio


L’Addio


L’ultima volta che Luigi vide sua moglie, prima di aprire la porta di casa, uscire, e non fare più ritorno, parlarono. Poche parole concentrate, il premio per una fedeltà inutile per un sogno vissuto dentro una bugia. L’aria era tesa e il tono della voce di Luigi sempre più duro e melanconico. Lei, la grande donna, non avrebbe mai voluto farlo quell’ultimo round. Magari poteva ancora pensare di avere qualche ascendente su di lui. Così, invece, sciupava tutto il suo vantaggio. Lo aveva accumulato in tanti anni di menzogne e di compromessi di bassa lega. Ora era la Signora e lui non aveva più alcun motivo di stare accanto a lei. La cosa le dava tanto fastidio che per quasi quattro anni era andata ogni settimana dalla psicoterapeuta per “giustificare se stessa e farsene una ragione”. Soldi sprecati! Ora era davanti a lui, in vestaglia da camera e fissava quella piccola valigia dove Luigi aveva riposto quattro libri due pantaloni e due camicie, pedalini e mutande, il resto degli abiti lo portava addosso. Prese dalla tasca un foglietto e lo diede a lei.
- Ecco le mie dimissioni irrevocabili!- la ammonì.
- Tutto qua?- rispose lei un po’ adirata.
-Cosa vuoi che ti scriva tutta la mia vita e ti argomenti i passaggi più importanti o vuoi solo un resoconto delle mie principali attività? Magari quelle svolte con passione e diletto?-
- Perché te ne vai? Puoi sempre restare in casa. Io dormo … - abbozzò la donna.
- Per liberare te dai tuoi demoni!- sarcastico.
- E il biglietto?-
-Per raccontarti la mia storia!-
- La tua Storia?-
-Si. Le pagine della mia vita che ormai non ha più senso! Gli anni passati appresso a un amore distruttivo, gli anni passati dietro un sogno che tu non volevi realizzabile. E, però, ti ha fatto comodo. Sei diventata una “Signora”. Eccoli gli stracci. Sono tutti la, in una piccola cartella personale delle cose inutili che lasciano una cicatrice nell’animo. Sono stato un ingenuo a credere in te. E non so ancora perché … perché ho vissuto accanto a te, alle tue menzogne ai tuoi “non si dice”?-
- Perché ti ho regalato il mio sesso, ecco perché!-
- Ne sei proprio sicura? Non hai nemmeno fantasia.-
- Cos’altro allora ti avrebbe legato a me visto che mi hai sempre disprezzato?-
- Ma come fai a non riuscire mai ad essere sincera? Non vedevi che io costruivo giorno per giorno il nostro spazio e che qua dentro tutte le cose parlano di te, di me, di noi, parlano dell’esperienze, del dolore, della passione, degli errori, delle domande. È la nostra vita e quella di nostro figlio. Anche questo per te è stato un “regalo”, un pacco natalizio, un gentile cadeau per averti fatto diventare una Signora?-
- Io non ti amo, va bene?- esplose allora lei, indignata dal suo tono arrogante e inquisitorio.
- No. Non c’è più innocenza nelle tue parole, non c’è più delicatezza, non c’è più la speranza della bambina che giocava e mi sorrideva contenta, non c’è l’inconsapevolezza del dolore, della menzogna, non c’è più animo puro. Ormai le tue frasi, gli sfoghi, pieni di rabbia, di angoscia, di dolore, di ossessione, sono sporchi, sporchi per il sangue versato, di sesso consumato, di lacrime e di singhiozzi infiniti, di oggetti rotti e di vite buttate. Sono pagine macchiate di sangue che rappresentano le giornate di un cuore infranto senza infamia e senza lode. Tu mi hai rubato il tempo e ne hai fatto un “rifiuto”. Hai buttato via la voglia, la passione, l’amicizia, la gentilezza, la fraternità, la giustizia, per farne che? Per farne che? Rispondi se sei capace, rispondi?- quasi urlava.
- Ecco lo vedi, mi disprezzi, mi umili e io … - lo rimproverò lei. Era sempre disposta a farlo, perché lei era fatta così, non voleva discutere. Era il suo modo per fuggire al confronto.
- E tu?-
- Insomma, è vero, non ti ho mai amato!- concluse infine, comprendendo che non c’erano più margini di manovra.
- E hai vissuto e ci hai fatto vivere dentro la tua menzogna per dieci lunghissimi anni?! Che schifo. Addio.-
Si lasciò dietro il rumore della porta di casa senza dolore, solo sfogo di rabbia. Poi più niente, tranne un pensiero nella sua testa. “ Povero figlio mio.”
Ma non avrebbe mai continuato a vivere nella menzogna. Per lui solo un lungo esilio e poi il vento della Luna nuova che apre il suo cuore alla speranza di un amore che arriverà.

Ugo Arioti

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