Ho
trovato e letto questa interessante intervista all’artista e uomo David Lynch
che anticipa, di alcuni mesi, l’argomento del 2015 “ La ricerca della felicità”.
Antico pallino dell’uomo pensante e costruttore. David Lynch rappresenta un
prototipo di quello che, per dirla con le parole di un mio amico fraterno, sagacemente
romano e fatalmente siciliano de Roma
Riccardo Ascoli, si chiama: L’imperfetto! E dove sta l’imperfezione? Sta nell’allargare a 360
gradi il suo campo d’azione per diventare filosofo, pittore e narratore oltre
che cineasta. Siamo troppo involuti nella cultura debole di questo millennio,
al punto che rappresentiamo le persone con il loro semplice titolo e ci
scordiamo che l’essere umano, grazie alla sua imperfezione, è un esploratore di
Mondi. Godetevi questa intervista che ho tratto da Repubblica e …. Meditate gente,
meditate!
Ugo
Arioti
David Lynch e la ricerca della felicità. "Provate
a guardare dentro di voi..."
Il
cinema e l'arte, la musica e la televisione, le paure e i progetti. Incontro
con il regista, diviso fra il rock, Parigi, Los Angeles e la meditazione
trascendentale. "Libero il mio corpo, e ogni volta mi sento di nuovo
libero"
PARIGI - Non andava al cinema, non guardava la tv, leggeva poco.
Ascoltava musica, ma con orecchio non fanatico. La sua vera passione da bambino
a Missoula, nel Montana, dov'è nato nel 1946, era il disegno: che non
l'abbandonerà mai. A spingerlo a mettere in mostra i suoi lavori ("Non ci
avevo mai pensato", dice ora) furono alcune recensioni che nel 1986
vedevano in Blue Velvet
"il film d'un pittore". È stato quello il momento in cui, a
quarant'anni, cineasta già di culto, David Lynch comincia a allargare a
compasso la sua intera personalità - arte, fotografia, musica - fino allora
reclusa su grande schermo. L'"altro Lynch" oggi è una costellazione
frastagliata: dischi e mostre in Francia (in Italia al decimo Lucca Film
Festival in settembre) e un elettrico viavai tra Los Angeles, dove continua a
vivere "in piena voluttà" e Parigi, dove due volte l'anno viene a acquattarsi
nell'antico atelier Mourlot in rue du Montparnasse, divenuto Idem Paris, per
tirare le sue litografie. È qui che l'abbiamo incontrato: pacificato, persino
etereo, dopo una delle sedute di meditazione quotidiane, grandi occhi blu
cielo, capigliatura d'argenteo rocker, tra fil di fumo gentilmente consentiti
dai servizi di sicurezza, concentrato nel suo caratteristico eloquio liquido e
scandito.
Fotografie,
lito, dipinti, come i film, emanano angoscia. Mr Lynch: paure e inquietudini
che dovrebbero evaporare con la pratica della meditazione non tornano per caso
a condensarsi nella sua arte?
"Penso
di no. Son due piani diversi. La meditazione trascendentale libera il corpo da
stress e preoccupazioni, che svaniscono nel nulla. È come togliersi di dosso un
gran peso, fino a sentirsi di nuovo liberi. L'arte non è catarsi d'emozioni.
Neanche il cinema. Ho le mie angosce, come tutti. Ma non ne faccio il soggetto
dei miei lavori".
I momenti più allucinati del grande schermo tornano comunque in primo piano nelle sue opere in cornice, con specularità ossessiva. A loro volta alcune di queste immagini potrebbero diventare il clic di nuovi film?
"Sicuramente.
Lavorando a un quadro o a una foto, può scattare un'idea cinematografica. Anzi,
il cinema m'è apparso un naturale complemento quando a vent'anni seguivo i
corsi di Belle Arti a Philadelphia. Stavo dipingendo un giardino verde su una
tela nera, che un colpo di vento ha fatto vibrare: avrei voluto che l'immagine
continuasse a muoversi, su un'onda musicale. Da quel quadro, o da quella
folata, è nato il mio primo film d'animazione, Six Men Getting Sick".
Anche la
meditazione trascendentale, o MT, come la sigla familiarmente, appresa da
Maharishi Mahesh Yogi, il guru dei Beatles, è per lei un laboratorio d'idee?
"È
pazzesco come le illuminazioni s'affollino dopo una seduta di MT. John Lennon
diceva di trovarsi ogni volta immerso in un flusso infinito d'idee. Maharishi
gli consigliò di uscire dalla meditazione, annotare e reimmergersi. Ho preso
anch'io questa abitudine: ho sempre un block notes a portata di mano".
In
Italia esce domani un suo strano documentario musicale: Duran Duran Unstaged mentre
la Francia rilancia Twin
Peaks in una leggendaria versione
"director's cut" di quasi quattro ore. Ma tutti attendono, a sette
anni da Inland Empire, una nuova fiction...
"Le
idee non mancano. Ma l'industria del cinema è molto cambiata. Ai Duran Duran
era piaciuto il mio remix di Girl
Panic, canzone del loro album All you
need is now. Di qui l'idea d'un film che restituisse il concerto
live attraverso la patina d'altre immagini, colte al volo. Finora era visibile
solo sul web: è sempre più difficile garantirsi in sala una proiezione di
qualità, per me essenziale. Una volta c'era il circuito d'art et d'essai, dove
circolavano i miei film. Oggi il cinema alternativo è sempre più in angolo,
schiacciato dai blockbusters".
Intanto
la rivedremo, attore, accanto a Tim Roth, in A fall from grace, il
nuovo film della sua figlia maggiore, Jennifer, nata nel '68 dal matrimonio con
la pittrice Peggy Reavey. Ma che ne è di progetti seducenti come The Goddess, sulla
Monroe, o Metamorfosi, l'amato Kafka, cui attingono un po' le sue prime opere, Eraserhead e Elephant Man?
"La
magia di Metamorfosi è il
suo abisso di mondi diversi: quel che insegue da sempre il mio cinema. Marilyn
è l'attrice che ho sempre sognato come mia interprete ideale. Volevo trarre un
film dal libro che svela le responsabilità dei Kennedy nella sua morte.
Produttori sordi alla chiamata. Lo stesso per Kafka. Non credo d'aver fama di
regista da cassetta... ".
Trova
che la tv, di cui la saga Twin
Peaks rimane un minimonumento, sia
più disponibile del cinema ai rischi della creatività? Sta per caso meditando
una nuova serie?
"Ci
sto pensando. Le tv a pagamento, almeno in Usa, sono oggi in grado d'attrarre
l'expubblico d'art et essai. Permettono anche quel che al cinema non è più
possibile: sviluppare una storia nella sua interezza. Non che veda un futuro
senza grande schermo, risucchiato dal piccolo schermo. Continueranno a convivere:
come i dipinti di formato quadrato o rettangolare".
Fellini
diceva che il cinema si guarda dal basso verso l'alto, ed è l'universo, la tv
si guarda dall'alto verso il basso, ed è una scatoletta...
"Anche
per questo amo Fellini. Quando ho visto da ragazzo 8 e ½, è stato come sprofondare in un altro mondo. Un
film deve farmi sempre questo effetto, che non posso provare con il naso
appiccicato al computer, ma solo davanti a un grande schermo, nel buio totale,
trasportato da un suono eccellente: non forte, ma eccellente, come l'ha
previsto l'autore. Un'interruzione e l'incanto si spezza. Fellini è uno dei
rari registi, con Bergman e qualcuno della Nouvelle Vague, che guardavo con
partecipazione da giovane. In realtà, non sono mai stato un gran cinefilo. I film
degli Studios li trovavo ridicoli, Hitchcock escluso. Da una parte c'erano i
film d'evasione, dall'altra gli altri. E io ho sempre preferito gli
altri".
Cuore selvaggio batte
al ritmo di Elvis: quanto è importante il rock nei suoi film?
"Presley è stato uno dei miei miti di gioventù. Insieme a Roy Orbison: Only the lonely è la canzone che 'cammina con me'. Ma tutta la musica m'assorbe: dall'elettronica alla dance music che per combinazioni inattese è finita nel mio primo album di solista, Crazy Clown Time, composto di brani da me scritti e interpretati. Mi accompagno anche con la chitarra, che all'inizio non sapevo nemmeno tenere in mano. Il disco è evoluto nel tempo, per 'incidenti' successivi, tanto che dovrebbe essere all'ospedale anziché in circolazione! È il risultato di varie jam sessions che hanno via via coagulato anche i testi: ero convinto di arrivare a una raccolta di modern blues, e invece ne è uscito tutt'altro. Ma il mio secondo 'solo', The Big Dream, uscito l'anno scorso, mi pare più blues. O no?".
"Presley è stato uno dei miei miti di gioventù. Insieme a Roy Orbison: Only the lonely è la canzone che 'cammina con me'. Ma tutta la musica m'assorbe: dall'elettronica alla dance music che per combinazioni inattese è finita nel mio primo album di solista, Crazy Clown Time, composto di brani da me scritti e interpretati. Mi accompagno anche con la chitarra, che all'inizio non sapevo nemmeno tenere in mano. Il disco è evoluto nel tempo, per 'incidenti' successivi, tanto che dovrebbe essere all'ospedale anziché in circolazione! È il risultato di varie jam sessions che hanno via via coagulato anche i testi: ero convinto di arrivare a una raccolta di modern blues, e invece ne è uscito tutt'altro. Ma il mio secondo 'solo', The Big Dream, uscito l'anno scorso, mi pare più blues. O no?".
Ultimamente
Parigi è diventata il suo covo d'arte, in cui è corteggiato da mille
committenze, le Galeries Lafayette, Dom Pérignon, il night Le Silencio...?
"È
stato dopo la grande mostra alla Fondation Cartier, The Air is on Fire, che mi son legato a Parigi. Grazie
anche a Patrice Forest, direttore della Galerie Item, dove ho poi realizzato la
mostra Works on Paper. È
uno dei luoghi magici della città, da un secolo e mezzo: vi lavorava Picasso, J'accuse di Zola fu stampato qui.
Nelle tirature, mi aiuta il vecchio assistente di CartierBresson e Koudelka. È
la culla della mia grafica e delle mie fotografie, come le Small Stories esposte quest'anno
alla Maison Européenne de la Photograhie".
Lei si batte da anni, con la Fondazione creata nel 2005, per diffondere la MT nelle scuole. In Italia è stato più volte, a Roma e in Sicilia, a questo scopo. Con quali risultati finora?
Lei si batte da anni, con la Fondazione creata nel 2005, per diffondere la MT nelle scuole. In Italia è stato più volte, a Roma e in Sicilia, a questo scopo. Con quali risultati finora?
"Nel
distretto di San Francisco, diverse scuole, con allievi prima 'difficili',
hanno adottato con profitto la MT: la violenza è calata o sparita.
M'incoraggiano registi e artisti amici. Paul McCartney e Ringo Starr si sono
esibiti insieme nel 2009 per una raccolta di fondi al Radio City Music Hall di
New York. Maharishi Mahesh Yogi, su cui ho realizzato un documentario dopo aver
assistito alla sua cremazione nel 2008 in India, ci ha trasmesso una tecnica
antica, che lui ha rivitalizzato. L'unica che abbia tradotto in realtà un
precetto rimasto per anni un miraggio: 'La vera felicità non è fuori ma dentro
di te'".
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