Iniziamo, con questo mese di aprile 2017, una rassegna mensile dedicata a Poeti e Letterati che hanno rappresentato e continuano a essere dei punti cardinali del Pensiero umanistico e socio eco culturale. Questo mese lo dedichiamo a Giacomo Leopardi.
Ugo Arioti e Daniela La Brocca
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
In questo idillio, come è noto, Leopardi vuole suscitare nel lettore principalmente due sensazioni: una visiva e una uditiva. La prima porterà alla percezione di un infinito spaziale e la seconda temporale. Tali percezioni di infinità - come ha ormai certificato la critica moderna - non concedono niente alla teologia, alla metafisica e, più in generale, all’ambito del sacro, ma sono tutte interne alla finzione immaginativa e poetica. È più giusto dunque parlare, come osserva Walter Binni, di un canto “sorretto da un sobrio e solido processo intellettuale, da un movimento di esperienza interiore, quasi un itinerarium mentis in infinitum”. L’idillio è insomma - coerentemente alla definizione che si legge nei Disegni letterari - “un'avventura storica dell'animo” del poeta, che racconta di un'estasi dei sensi, i quali, di fronte alla figurazione momentanea dell’infinito, prima si “spaurano” e poi “naufragano dolcemente”. Per rendere questo duplice piano psicologico-percettivo Leopardi adotta precise tecniche espressive, che esemplificano al meglio la sua idea di poesia “vaga e indefinita” teorizzata a più riprese nello Zibaldone (cfr. almeno pp. 514-16, 1430-31, 1744-47), la quale, a sua volta, trova il principale nucleo ideologico nella famosa "teoria del piacere" (pp. 165-72), dove, tra l’altro, si parla proprio dell’“inclinazione dell’uomo all’infinito” (Zibaldone, luglio 1820)
RispondiEliminala domanda è: perchè tutto quello che mi circonda e nel quale vive la mia anima è smisuratamente grande? Perchè?, dove vivono le immensità infinite dello Spazio e dello Spirito? Il poeta ci avverte che noi siamo l'infinito e l'infinito vive in noi alimentando la nostra sete di ricerca verso il punto d'inizio di tutto.....
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