Sui lievi declivi fino ai golfi, facilmente, come
fango che si plasma e diventa figura, arnese, oggetto, fecero una città.
Dissero che era bella e che la sua fama sarebbe durata per sempre, fino alla
fine dei giorni della Terra e forse oltre!
Case sparse immerse in una vegetazione
lussureggiante e amica, vicine al cuore di Nettuno. La scelsero Sicarba e Kedeshim,
due marinai fenici, commercianti, partiti per aprire nuove rotte. Ispirati da
Agreo, padrone e dio della caccia, e da Babia, dea della giovinezza, dissero: “Tra due fiumi ella stava e si beava.
Giovane ammaliatrice di cuori viaggianti. Qui nascerà, col favore di
Beel-Zedub, la perla del Mare!”.
Due grandi anse … erano due insenature sicure per
le navi. I navigatori la battezzarono: città tutto porto, Panormu!
Così tra moli e “gauloi”,
alture verdi e spiaggia fine, si allargò il suo centro abitato, come una
macchia d’olio! Uscì dal muro che delimitava la parte del castello e si avviò
al mare per abbracciare tutti i “Baalin” che venivano a
liberare il suo cuore. Questa storia l’ho raccolta dalle voci di Ballarò, del
Capo, della Vucciria, di Sant’Agostino, della Cala e dello stazzo dei teatri di
legno al piano della marina!
Dicono che un giorno due saltimbanchi, in uno
spiazzo davanti al mare, cominciarono ad intrattenere un popolo di mille colori
con le loro scene funamboliche e storie di viaggi. Dicono … Erano fenici,
greci, sicani e nordafricani … dicono.
Arrivarono i romani e costruirono una gradinata di
pietra: il teatro! Stava su un altura, a margine di un piano, oggi coperto da
Palazzi e da strade, un posto meraviglioso che dominava il luogo delle trireme
e dei caciucchi. Volevano dare un altro spazio agli artisti di strada che
illuminavano le vie e i mercati di questa città sospesa tra il sogno e la
realtà: Palermo.
Ugo Arioti
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