sabato 26 gennaio 2013

Amintore il pittore


Amintore il pittore (incipit) Ugo Arioti

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  “Salve Signora! Sono Amintore il pittore. Sono venuto per il ritratto di suo marito. Mi ha fatto chiamare lei?!” 
Amintore Centonze, ritrattista, girava per le case dei ricchi borghesi di Palermo ad immortalare con i suoi oli in una tela i grugni dei notabili del tempo.
Allora il dagherrotipo era ancora in gestazione e il lavoro non gli mancava.
Orfano di padre, morto per eccessi di vino e di donne, e con una madre troppo occupata, professionalmente, nell’antica arte del dare piacere, è cresciuto tra le sottane delle sorelle della Divina Carità di Cristo in Croce: in convento come un trovatello.
La sua spiccata sensibilità artistica e la sua voglia di scappare dalla “culla” ne avevano spinto le caratteristiche artistiche e la scuola d’arte ha compiuto il miracolo di fare  di lui un ottimo pittore di Madonne e Santi, per Chiese e Cappelle.
Gratis et amori Deo!
Padre Mammucco, un parrino di origini ebree un marrano, prendeva i soldi dei lavori che Centonze completava e al ragazzo dava un letto di tavole e un vitto da penitenti.
Dobbiamo coltivare il tuo Spirito e salvare la tua anima caro Amintore!
Così aveva, una volta diventato uomo, lasciato il suo benefattore deciso a campare con le sue sole capacità, coltivando da se il suo Spirito e la sua anima, ritraendo a domicilio soggetti meno, diciamo così, spirituali o trascendentali, ma più proficui per la sua borsa: Signori, Nobili più o meno decaduti, ricchi borghesi e le loro amate schiatte!
“S’accomodasse che ci chiamo a Don Ciccio Formoso, lo mio padrone, no mio marito che il Signore lo abbia in Gloria! Don Ciccio lo aspettava tre giorni fa … jè un poco siddiateddu macari, stassi attentu ca avi un carattiri … uh matruzza Santa!”

- Farinazza! Vecchia rimbambita avvisami cu c’è … A cui grapisti? Ah?- urlò il castellano.
- Don Ciccio è arrivato Amintore il pittore. Vuole che lo faccio passare nel suo studio?-
- Ca certo! E subito che questo fitusissimo uomo mi deve fare un ritratto coi fiocchi e i controfiocchi … asinnò finiu di fari un nchappatila ca a Palermo. Amuni fallu trasiri e sbrigati che sono già alterato! Ah Farinazza portami u cafè! Amunì smuoviti!-
- Signore e Amintore lo signore Don Ciccio lo aspettasse subito nel suo studio. È da questa parte, la prima porta a destra! Attento che è già alterato di prima mattina! Lo ha sentito?-
- Non si preoccupi signora so io come rimetterlo in Grazia di Dio!-
Prese le sue cartelle e la valigia dei colori. Portò dentro il cavalletto e portò tutti gli arnesi nello studio del Cavaliere del lavoro Francesco Formoso, nativo di Santa Cristina Gela, ragion per cui lo chiamavano Don Cicciu u grecu.
- Assa binidica don Ciccio, sa che lei ha un bellissimo fisico. Ah si! Proprio così. -
- Dite?-
- Dico si! Quanti pittori veraci come a mia vorrebbero pittarlo a Vossia! Lei nemmeno se lo immagina. Ah si! Siete proporzionato, di bell’aspetto, nobile di carnagione e fine di lineamenti! Ah si! Ve lo dico io che conosco la materia che faccio vivere nella tela per sempre!-
- Se lo dite voi che siete un maestro …. Sono sicuro che conoscete bene il vostro mestiere. Scusate la vostra Arte! Si!?!-
- Voi che dite?-
- Che siete un maestro, un maestro del pennello ed è per questo che mi sono rivolto a voi e non a quel lestofante di Cecco Bonasera. Meglio conosciuto come Checca! Gentaglia, detto tra noi!-
- Bravissimo Don Ciccio. Proprio così! Uno che fa il disegno e poi lo fa completare da quattro poveri figlioli che sanno di panneggio e di colore è uno zoticone che di arte e di ritratto non ne capisce niente. In verità! Sono sincero!-
- Sicuro!Concordo perfettamente con Voi!-

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