Commentiamo e
riflettiamo su una notizia: Cambia sesso e, deluso, ricorre all'eutanasia. La storia di Nathan
scuote il Belgio - Il 44enne ha scelto la «dolce morte» dopo aver
sofferto per una vita. L'ultima intervista 24 ore prima dell'iniezione letale ….
Il fatto:
“Nathan soffriva da quando era nato.
Anzi, nata: soffriva da quando si chiamava Nancy ed era a tutti gli effetti una
donna. Non era riuscito a trovare pace nemmeno dopo aver cambiato sesso con una
serie di operazioni dolorose: non si piaceva. Di più: si detestava. Per questo,
a 44 anni, ha deciso di ricorrere all'eutanasia. E così è morto, con
un'iniezione letale che per lui era diventata l'unica strada verso quella
serenità che aveva sempre inseguito. In Belgio, il Paese di Nathan, la «dolce
morte» è infatti consentita non solo per sofferenze fisiche insopportabili ma
anche psicologiche. Ventiquattro ore prima di togliere il disturbo, in un
ospedale di Bruxelles, ha rilasciato un'intervista al quotidiano fiammingo Het
Laatste Nieuws.”
Credo non
esistano avvenimenti nella vita e nella fine della vita di un essere umano più
complessi di questo. Portano alla luce tanti meccanismi, per certi versi ancora
arcani e per altri biochimici o fisici, ma coinvolgono la stessa natura dell’ESSERE.
La libertà di decidere quando staccare la spina e la difficoltà di vivere in un
“mezzo” che non si riconosce e che, permettetemi la metafora, non si sa guidare
fino al traguardo. In poche parole l’insostenibile leggerezza dell’essere. Ma,
se l’etica della ragione da forza alla legge universale del libero arbitrio,
quella che ha creato l’incidente del big bang dal quale proveniamo, il
razionalismo si perde nelle acque profonde dell’irrazionale e del dualismo
anima corpo. Nathan non aveva mai accettato il suo contenitore vuol dire che
era dentro di questo e che la sua scelta si giustifica con la possibilità di
cambiare oggetto. Così si innesca l’annoso dubbio sul fatto che un essere umano
lo si possa chiamare tale dal momento che acquisisce un anima, cioè un motore
che determina le sue azioni e le codifica attraverso una serie di scelte che
chiamiamo “vita”. Ma quando avviene questo innesco? Altro tema caldo è quello
della libertà sessuale, cioè la determinazione cosciente della propria
sessualità. Certamente non possiamo biasimare o disprezzare chi sceglie di
vivere con un compagno dello stesso sesso, questa, per certi versi, la si può
identificare come una scelta culturale. Allo stesso modo chi non ha problemi a
dividere la sua corporeità sessuale con
individui di entrambi i sessi. La letteratura è piena di questi casi. Da Leonardo
a Michelangelo Oscar Wilde, Pasolini etc etc. tutti con il massimo comun
divisore della fantasia e dell’intelligenza sviluppati oltre il normale. Questo
mutamento culturale non ha imposto a queste persone il cambiamento radicale del
proprio corpo, mentre Nathan dal corpo di una donna, Nancy, ha voluto
faticosamente uscire fino a diventare un uomo. Qua intravediamo un altro grande
problema del mondo occidentale di oggi: la solitudine. L’isolamento delle
persone in difficoltà e l’emarginazione. In questa società “ opulenta” devi
essere un burattino colorato, non importa chi tu sia o chi tu voglia essere ma
devi far parte del teatrino sociale. È la forma di razzismo peggiore. Non sono
un profeta ne uno psicologo, ma credo che Nathan o Nancy abbiano sofferto di
questa malattia sociale. Infine l’eutanasia. In Belgio è possibile scegliere la
“dolce morte”. Questo è un presupposto di quel libero arbitrio che è anche una
regola etica e morale forte, ma dai risvolti decisamente ambigui e frastagliati.
Se è giusto che un corpo non sia portato fino alla sua totale consunzione da
strutture artificiali, macchine, è pur vero che in quei casi a staccare la “spina”
sono persone esterne all’individuo soggetto. In questo caso no. Si tratta di un
testamento biologico nel quale si stabilisce anche la data. Giusto o non
giusto? I limiti della discussione sono come i confini dell’Universo e sappiamo
di altri universi paralleli, quindi non mi voglio avventurare in questo verso,
ma credo che se da un lato è una libera scelta dell’individuo, come in questo
caso, dall’altro è sicuramente una sconfitta della società che non ha saputo
dare un ruolo e una connotazione sociale all’individuo. Quindi alla libera
scelta del singolo si risponde con un atto di vigliaccheria sociale. Mentre nel
caso di chi ormai è ridotto ad appendice di una macchina, come abbiamo già
scritto per il caso di Manuela, siamo convinti che sia giusto non andare oltre
il limite del “ possibile ritorno”.
Certamente
non abbiamo, con questo articolo, messo dei punti fermi nella discussione su
questi fatti, ma solo dei commenti e delle riflessioni aperti ad uno
svolgimento che, credo, finché ci saranno uomini su questo Pianeta continuerà. È , comunque, importante porsi questi
interrogativi e cercare, attraverso il nostro libero pensiero, una via.
Grazie,
Ugo Arioti
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