Quando la retorica sposa la
politica e si fa storia
Tratto da un saggio del docente Silvio
Lanaro pubblicato in un volume insieme ad altri che trovano
omogeneità e coerenza sul principio di fondo che sorregge la trattazione: i
discorsi politici sono utili per delineare il cammino storico
Le
parole servono per fare la storia. È questo il criterio che ha seguito Silvio
Lanaro, docente di storia contemporanea all'università di Padova, per il suo
ultimo lavoro che è recentemente uscito in libreria e ripercorre un sentiero
accattivante e lungamente seguito da molti storici all'estero. «Retorica e
politica» (Donzelli, pp. 360, euro 28) è il risultato di questo percorso che si
snoda attorno agli ultimi centocinquant'anni, limite che spiega il sottotitolo
del volume «Alle origini della storia contemporanea». Poche parole che
sarebbero il presupposto per affrontare il tema della suddivisione delle epoche
storiche, ma che porterebbe molto lontano dal punto di partenza, benché,
proprio la parte iniziale del libro, sia dedicata al contemporaneo. Cosa si
intende. In cosa consiste. Una digressione che ha coinvolto moltissimi storici
e che probabilmente sarà ancora il punto focale di moltissime riflessioni.
L'idea
che sorregge «Retorica e politica» è la corrispondenza precisa e puntuale,
appunto, fra retorica e politica. Una costante che accompagna tutta la nostra
vicenda nazionale, così attuale oltretutto in questi mesi in cui si commemorano
i centocinquant'anni dell'Unità. La tecnica dell'argomentazione, così come il racconto
persuasivo hanno accompagnato le scelte concrete delle classi dirigenti. Si
pensi ad esempio al protezionismo attraverso la suggestiva metafora della
«difesa del lavoro nazionale», oppure la costruzione dell'italianità per mezzo
dei manuali scolastici, o infine l'invenzione della società rurale maturata nei
primi anni dell'industrializzazione.
La
parola, quindi, ha fatto spesso rima con l'attuazione pratica di ciò cui certi
discorsi si riferivano. E i capitoli del volume rappresentano, in questa chiave,
altrettanti saggi già pubblicati in passato in altre sedi e ora raccolti
perché, a dispetto dell'iniziale dispersione, mostrano una loro coerente
omogeneità che ne giustifica il raggruppamento in un unico testo. D'altra parte
non è un costume soltanto italiano quello della corrispondenza fra i discorsi e
la realizzazione di progetti politici. Il ricorso a un uso raffinato della
retorica come strumento dell'agire concreto non è certo un dato senza
precedenti. La Francia ha conosciuto la travolgente oratoria di Georges
Clemenceau, gli Stati Uniti quella di Kennedy, la Gran Bretagna quella di
Churchill. Ma sono soltanto esempi. A completare il quadro resta infatti il
nuovo filone di studi storici che recentemente, più che in passato, hanno preso
in esame la tecnica oratoria dei politici, non soltanto nella caccia al
consenso elettorale per coronare ambizioni politiche, ma anche in chiave
programmatica. Soprattutto in ambito anglosassone, su scala americana, gli
studi di questo settore dimostrano quanto stretto sia il rapporto che lega la
parola all'azione.
Stefano
Giani (2011)
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