giovedì 24 ottobre 2013


Quando la retorica sposa la politica e si fa storia

 
Tratto da un saggio del docente Silvio Lanaro pubblicato  in un volume insieme ad altri che trovano omogeneità e coerenza sul principio di fondo che sorregge la trattazione: i discorsi politici sono utili per delineare il cammino storico

Le parole servono per fare la storia. È questo il criterio che ha seguito Silvio Lanaro, docente di storia contemporanea all'università di Padova, per il suo ultimo lavoro che è recentemente uscito in libreria e ripercorre un sentiero accattivante e lungamente seguito da molti storici all'estero. «Retorica e politica» (Donzelli, pp. 360, euro 28) è il risultato di questo percorso che si snoda attorno agli ultimi centocinquant'anni, limite che spiega il sottotitolo del volume «Alle origini della storia contemporanea». Poche parole che sarebbero il presupposto per affrontare il tema della suddivisione delle epoche storiche, ma che porterebbe molto lontano dal punto di partenza, benché, proprio la parte iniziale del libro, sia dedicata al contemporaneo. Cosa si intende. In cosa consiste. Una digressione che ha coinvolto moltissimi storici e che probabilmente sarà ancora il punto focale di moltissime riflessioni.

L'idea che sorregge «Retorica e politica» è la corrispondenza precisa e puntuale, appunto, fra retorica e politica. Una costante che accompagna tutta la nostra vicenda nazionale, così attuale oltretutto in questi mesi in cui si commemorano i centocinquant'anni dell'Unità. La tecnica dell'argomentazione, così come il racconto persuasivo hanno accompagnato le scelte concrete delle classi dirigenti. Si pensi ad esempio al protezionismo attraverso la suggestiva metafora della «difesa del lavoro nazionale», oppure la costruzione dell'italianità per mezzo dei manuali scolastici, o infine l'invenzione della società rurale maturata nei primi anni dell'industrializzazione.

La parola, quindi, ha fatto spesso rima con l'attuazione pratica di ciò cui certi discorsi si riferivano. E i capitoli del volume rappresentano, in questa chiave, altrettanti saggi già pubblicati in passato in altre sedi e ora raccolti perché, a dispetto dell'iniziale dispersione, mostrano una loro coerente omogeneità che ne giustifica il raggruppamento in un unico testo. D'altra parte non è un costume soltanto italiano quello della corrispondenza fra i discorsi e la realizzazione di progetti politici. Il ricorso a un uso raffinato della retorica come strumento dell'agire concreto non è certo un dato senza precedenti. La Francia ha conosciuto la travolgente oratoria di Georges Clemenceau, gli Stati Uniti quella di Kennedy, la Gran Bretagna quella di Churchill. Ma sono soltanto esempi. A completare il quadro resta infatti il nuovo filone di studi storici che recentemente, più che in passato, hanno preso in esame la tecnica oratoria dei politici, non soltanto nella caccia al consenso elettorale per coronare ambizioni politiche, ma anche in chiave programmatica. Soprattutto in ambito anglosassone, su scala americana, gli studi di questo settore dimostrano quanto stretto sia il rapporto che lega la parola all'azione.

Stefano Giani (2011)

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