I pupi siciliani (armati)
Pupi (dal latino pupus, i) sono le
caratteristiche marionette armate del teatro epico popolare, venuto
probabilmente dalla Spagna dell'epoca dello scrittore spagnolo Miguel de
Cervantes Saavedra (El ingenioso hidalgo
don Quijote de la Mancha, più noto a noi come Don Chischiotte della Mancia),
mosse da abili pupari, che diedero vita al teatro dei “pupi” a Napoli e a Roma,
ma soprattutto, dalla prima metà dell’Ottocento, in Sicilia, dove raggiunse il
suo massimo sviluppo. Ancora oggi, questo teatro è vivo nelle voci e nella
forza di antichi e nuovi pupari che raccontano la tradizionale “Chanson de
Roland” o che si evolvono verso nuove forme di rappresentazione sociale.
Con i pupi emergeva un’idea epica
e drammatica del mondo a livello di cultura popolare, e affioravano conflitti e
aspirazioni del “cuore paladino” della gente, unitamente alla questione
dell’essere fedeli o infedeli, cristiani o pagani, dalla parte dell’Occidente o
dell’Oriente, con gran tormento storico del Mediterraneo e, in particolare,
della Sicilia, da sempre teatro di civiltà e di fedi religiose e politiche
contrastanti.
Agli inizi del XIX secolo, quando
l’interesse per il popolaresco e per le sue forme di vita spinse i dotti e la
nuova classe borghese ad interessarsi di quello che si credeva fosse il vivaio
più genuino delle patrie memorie, l’opra non fu più soltanto un semplice
passatempo, ma una cosa molto più seria, quando cioè (scrive Ettore Li Gotti)
"l’anima dei pupi divenne
l’espressione dei sentimenti e delle aspirazioni di giustizia di una classe
sociale". Lo stesso Pitrè ne raccoglie la storia e la inserisce nei
suoi studi sulla cultura del popolo siciliano.
I contrasti, Bene e Buoni contro
Male e malvagi, rende il teatro dei pupi un arena per manifestare consenso o
dissenso in forme “reali”. Gli spettatori, un tempo, portavano con se uova
marce o scarpe vecchie da tirare in faccia ai cattivi di turno per manifestare
la loro intolleranza all'ingiustizia che
era prassi comune nella classe politica che governava (ieri come oggi) con
arroganza e iniquità la cosa pubblica.
Il teatro diviene la sede della
propaganda politica e della insurrezione popolare contro gli oppressori e, non
è un caso che proprio nei teatri dei pupi
nasce e si diffonde il malanimo per i Borbone, ma non in quanto monarchi
arroganti e iniqui, bensì come stranieri oppressori. Lo spirito di ribellione
si muove all'interno di un ventre di popolo povero e malnutrito che aspira a
migliorare le sue condizioni e per questo si allea con le classi borghesi più
liberali (fra massoni) e con i “picciotti” delle campagne (la mafia), ciò
permette a Garibaldi con la complicità della massoneria inglese di conquistare,
con un pugno di uomini malvestiti e male armati, l'Isola e cacciare borboni e compagnia briscola.
Non è da sottovalutare l'apporto
dei cuntastorie allo sviluppo epico di questo teatro che ne acquisisce il
“parlato” con le sue regole e le sue forme.
“Si trattava quasi sempre di povera gente, che viveva alla giornata,
e che non poteva permettersi di acquistare tutti gli attrezzi del mestiere per
divenire puparo. Esso offriva, nelle sue rappresentazioni un comodo repertorio
già in parte sceneggiato e dialogato.
Storicamente il cuntastorie
era un narratore che non utilizzava alcuno strumento musicale (usato molto
tempo dopo dai cantastorie), ma usava modulare la voce con una tecnica tutta
particolare, con regole precise di tempo, ritmo ed esposizione orale che si
tramandava di generazione in generazione. Non importava se era analfabeta o
ignorante, la sua capacità era quella di apprendere e reinventare la vita
usando forme epiche collaterali derivate da motivi storici quale lo scontro tra
cristiani e pagani, dal ricordo cocente di lunghe lotte contro i pirati turchi,
da un forte sentimento religioso che contrappone il trionfo del bene alla
mortificazione del male.”
Il teatro dei pupi siciliani,
nella seconda metà dell’ottocento, volendo mantenere la valenza epica, si è
specializzato in questa direzione, ereditando tutto il patrimonio dei cuntastorie.
Nella prima metà dell’ 800 i
marionettisti girovaghi, rafforzano il carattere professionale del loro lavoro.
Nascono due scuole, quella palermitana e quella catanese.
L'evidenza più forte è rappresentata dalle dimensioni del palcoscenico e dei
pupi, quella più squisitamente tecnica dal repertorio e dalla movimentazione
delle marionette armate.
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