sabato 26 maggio 2012

23 e 24 maggio 2012 - vent’anni dopo la strage di Capaci

Tutti a Palermo e poi a Corleone per gli eroi laici della guerra contro le mafie. Tra la gente e i ricordi si stampa immediatamente sui nostri occhi l’immagine dei funerali di Stato per i Giudici Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e ancora per Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Ho negli orecchi il grido forte e fiero di Rosaria Schifani: vi perdono ma inginocchiatevi. Ricordo ancora e mi viene la pelle d’oca a ripensare a quel giorno che ammazzarono, ero con la mia fidanzata al Parco della Favorita(Palazzina Cinese), con un commandos da guerra mondiale, la mafia doveva colpire senza errore possibile e non badava a spese, Ninni Cassarà. Il pianto su quella pagina di giornale quando uccisero Beppe Montana, Roberto Antiochia e quanti altri ancora che allungano la schiera degli EROI VERI, tutti servitori di uno Stato a due facce, tutti padri di famiglia e innamorati del loro lavoro che ha dato un colpo mortale al braccio armato di Cosa Nostra della Mafia e ai suoi gangli politici e occulti che si ramificavano dentro i palazzi del Potere e nelle Sacrestie tra il clero e le sue organizzazioni massoniche. Insieme a loro i martiri cattolici della Chiesa attiva nel territorio: Don Pino Puglisi e il grido che ad Agrigento lanciò, unico e primo di una chiesa tutta rivolta al potere e poco alla gente, Papa Woitila contro la Mafia. Questi purtroppo sono gesti che la Chiesa siciliana in gran parte corrosa dal cancro mafioso, molti preti e pretonzoli hanno celebrato messa nelle case e nelle cappelle dei mafiosi e c’è stato un ultimo doloroso caso di silenzio proprio a Corleone il 24 maggio di quest’anno nella Chiesa madre di Corleone dove monsignor Salvatore Di Cristina, arcivescovo di Monreale, che dopo aver storpiato il cognome di Placido, ha accuratamente evitato la parola:Mafia. Troppi silenzi e troppe connivenze e spalleggiamenti tengono in piedi una struttura militare di potere che a molti fa ancora comodo e che distrugge le potenzialità di una Regione che per prima in Europa è stato uno Stato Moderno retto da una Monarchia che aveva una struttura amministrativa e un Parlamento e governava un Regno, poi impero sotto Federico II, multietnico e multiculturale. Possediamo il 30% del patrimonio storico culturale e artistico di tutto il Mondo e questo, non il traffico di droga e la mafia, dovrebbe essere la RISORSA IN PIU’ DELLA SICILIA e per queste cose e per la dignità di chi lavora Placido Rizzotto non si piegò mai al Dottore Navarra per difendere i suoi e i nostri LAVORATORI, padri di famiglia, e finì nelle foibe con altre vittime di mafia. Forti e chiare, perciò, sento le parole della grande donna che guida il più adulto e mai piegato sindacato dei lavoratori italiani la CGIL:  «Si riaprano i processi per tanti lavoratori assassinati dalla mafia».
La Sicilia nella sua storia dall’unità d’Italia in poi ne è piena perché mafia e potere politico e religioso hanno in questa terra formato un alleanza occulta che ha sempre contrastato ogni conquista di libertà.
Ugo Arioti

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