domenica 17 febbraio 2013

Capitolo 33 -lpi

33

Trascorsero, dal giorno del pranzo con Tantillo, quasi due mesi di “normalità” e di serena passione per la vita quotidiana!
Callisto, teneva al passo le sue attività extra lavoro e misurava con gioia le belle giornate che la vita gli regalava. Aveva un lavoro, una casa e una donna. Cosa poteva chiedere di più? Non sognava più Marì e non sentiva più quel dolore sordo che ti prende alla bocca dello stomaco quando il ricordo ti assale e non riesci a capire perché è successo e perché tu, disgraziatamente, sei rimasto fuori dalla sua vita senza un ultima parola. Ma, tutte le nostre parole, alla fine, vengono interrotte. A cosa serve essersi trovati a tenere la mano mentre queste frasi si spegnevano e restava un solo grande buio dal quale bisogna sempre, gioco forza, uscire? Insomma il solito tran tran! La vita riprende da una parola interrotta e ne scaraventa addosso altre che forse non hanno lo stesso senso, ma che rappresentano quello che chiamiamo: andare avanti! Gina era serena e non le faceva più dispetto la vista di Paolino Cilestra o di “mastro Ciliegia” ( questo era il soprannome che aveva afferrato a Ciccio Cardella). La loro dimensione di coppia si era affermata in tutta l’area sociale del Mercato di Ballarò. Ora Gina era la signora Tansic con tutti gli onori e gli oneri.
Il sole splende, come succede in questa magica città che ha sempre ispirato poeti e Re, sempre alto spazzando via le nuvole invernali per dar lustro al giorno dei morti, la festa che fa uscire dalle tombe i defunti per comprare giocattoli e dolci ai bambini, a Palermo una tradizione!
I morti, in qualche modo, cercano di far dimenticare con giochi e sorprese ai vivi che anche loro, un giorno che si augura sia sempre più lontano possibile, saranno nella loro stessa condizione.
La pace del Signore sia con tutti noi. Padre Luigi Marsicano, un vecchio benedettino di “scuola cassinese”, passeggia tra le bancarelle cercando un nesso esistenziale che lega la vita alla morte attraverso il cibo che mangiamo nelle feste dedicate al Signore. Lo incrocia un ragazzotto in tuta da ginnastica con una cesta di pesci.
- Don Luigi chi fa ciu pozzu dari un capituni ppi l’armuzza santa i me matri?- lo apostrofa Gianni un rigattiere di pesce che il frate ha visto nascere e crescere in quel quartiere antico come la camminata a piedi!
- Dammillu! E … Sia lodato Gesù Cristo.-
- Sempre sia lodato!-
La persona educata bene niente chiede e niente rifiuta, soprattutto! Queste regole sono Legge per Don Luigi, reciterà una preghiera per l’anima di donna Rosaria Croce in Lo Faso, morta un anno prima di un brutto male mentre mangiava la torta del suo ottantesimo compleanno. Era la madre naturale di Gianni Giovannelli cresciuto per strada tra i vicoli del Conte di Cagliostro e la sacrestia del Carmine.
Più in la Mimmo Lo Baido “abbannia” le sue arance brasiliane grandi come palloni di calcio.
Pippo Lo Biundo e il suo aiutante tunisino, Karim, tagliano a trance abbordabili un grande tonno da quattrocento chili. Oggi il tonno è regalato a Ballarò!
- Mancu ppi fallu arristari ca è sacrilegiu, viniti, viniti ca vu vinnu a dudici euri o chilu! Amunì ca chistu è carni e sangu e fa saluti, accattativillu stu pisci ca è bonu! A dudici euri o chilu!-
La folla è come un fiume a doppio senso con due correnti avverse che si intrecciano senza scontrarsi, un crogiolo di borse e borsette, carrelli della spesa e carrozzelle che danzano sulle balate lucide e sdrucciolevoli del mercato senza cadere o incocciarsi.
 “Senta Signor Lei, mi dia, mi dona, mi da quattro sigari da quattro e una cartata di tabacco per soffiarmi il naso!”  “ Ma stu pisci è friscu?” “ Chu friscu d’accussì unnu trova mancu o Polo Nordi Signura!” “ Chi l’haiu friscu! Chi l’haiu friscu!”
I colori e i sapori sono forti e risaltano ancora di più tanto più forte si accende in cielo il Sole di novembre. I bambini tirano per le gonne le mamme, hanno fretta di mangiare la pupa di zucchero a cui già manca qualche pezzo … 
Tutto viaggia come deve e ogni suono, ogni grido, ogni contrattazione fa coreografia e scena nel teatro di ogni giorno a Ballarò. Anche i cani randagi seguono senza deragliare i loro percorsi. La vecchietta che all’angolo di Via del Bosco vende teste d’aglio è sempre sorridente e tra le botti ed i tini, nelle taverne, scorrono fiumi di parole, interrotte da sorsi di vino o di birra o di marsala e contornate di centinaia di uova sode ingoiate come fossero bon bon al cioccolato o bignè alla panna!
La campana del Carmine da il rintocco delle undici, perdendosi sempre l’ultimo, come fosse l’ora legale di Ballarò, batte dieci per undici!
Il cinese entra in farmacia per riscuotere il canone d’affitto mensile dal dottor Graziano Caruso, uno strano farmacista, che per far fesso il fisco ci cala l’asso dell’affitto e delle spese e degli stipendi che fanno arrivare ogni anno quasi in pareggio il suo bilancio DARE – AVERE  ma, se gli chiedi una medicina, difficile da trovare, lui te la trova e te la da magari a credenza! Quanto è lunga la lista dei suoi debitori, ma lui sorride sempre e si preoccupa della salute della gente più umile e povera del quartiere. Non sa dire di no, è ricco di famiglia, non ha moglie o figli, vive solo e la farmacia è tutto il suo destino. Anche lui è una parola interrotta! Totò Lo Cicero ha un traffico di cicoria e verdure raccolte in campagna e ogni settimana passa dalla Farmacia Caruso per comprare la solita scatola di aspirina, consce solo questo farmaco per ogni malattia possibile che lo può colpire e interrompere il suo verbo lavorativo.
- Dutturi Grazianu mi duna a midicina mia!- chiede ogni volta che entra nel medicamentario dell’Albergheria.
- Aspirina?-
- Ca chi fa u nu sapi vossia?-
- Te cca! Chista è a tua aspirina, ma vedi che per quella tosse che ti perseguita devi andare da un medico, non puoi curarla con due aspirine al giorno! Mi capisci?-
- Dutturi a Natura vinci sempri supra a Scienza! Quantu custa?-
- E quantu avi a custari? Sempri tri euri!-
- Ma po mettiri nto cuntu ca poi a fine mese ci la pagu?-
- A fine di quale mese? Vabbè la scrivo nel quaderno! Quando hai i soldi me la paghi, ok?-
- Grazie dottore, Lei è un Signore!-
E il destino si accanisce a segare le frasi che gli uomini costruiscono con grande impegno, come se non dovessero finire mai nel buco nero dell’oblio eterno. Si affannano a creare ricchezze, a conquistare il “Potere”, ma alla fine della giostra anche le migliori proposizioni finiscono nel cesso infinito e si troncano senza completare il discorso.
Parole, tante parole interrotte!

In questa caldera umana, il giorno prima della festa dei morti, Gina andava a fare la spesa. Prima da Tano Grasso, il chianchiere[1], per un lacerto pronto da mettere in forno. Poi dal verdumaio, Pippo Strano, di nome e di fatto che segnava i prezzi sul coppo dei pomodori o delle arance e alla fine, senza guardare quello che aveva segnato spara il prezzo totale scontato del 10 per cento e arrotondato per non avere problemi di resto. Una calcolatrice umana. In fine col suo carrellino si avviava verso il supermercato di Filippo Naimi per tutto il resto del vitto della festa. Per i morti aveva in serbo per il suo Carlo una bella sorpresa. E le sorprese, come le parole, sono anche loro interrotte, ma bisogna farle diventare intere comprendendo in esse anche un menù adeguato. Si chiama mettere a proprio agio i commensali.
- Pippo dammi trecento grammi di fontina! Devo fare una fonduta!-
- Allora ci penso io a darle un buon formaggio che fuso diventa un dolce! Viene da San Michele di Ganzaria, Signora Gina, e si scioglie in bocca che è un bigiù!-
- Fai tu, Pippo! Poi mi dai dodici uova e un duecento grammi di prosciutto crudo … ah! La pancetta e il capocollo e le sarde. Hai quelle tue?-
- Come no! Le ha preparate Rosa con le sue sante mani!-
- Ah, ma Rosa dove è che è un mese che non la vedo più in bottega? Sta male?-
- Ma che male Signora Gina! Quella è una Pasqua per ora! Mia figlia Concetta, quella che si è sposata l’anno scorso, ha avuto una bambina proprio ventitré giorni fa e io da allora sono rimasto con Giuseppina e Michele a “putia”. Come si dice per ora tutte le messe all’altare maggiore!-
- Auguri! Mi fa tanto piacere. Allora sei diventato nonno?! Bravo!-
- Grazie, signora Gina, da lei accetto. Conosco il suo cuore. Dovrebbe vedere che bellezza è questa picciridda!-
- E come l’avete chiamata?-
- Come la potevamo chiamare, Carmela Maria, perché siamo devoti alla nostra bellissima Madonna del Carmine!-
Mentre Pippo tagliava il capocollo e Gina dava uno sguardo alle gondole per vedere qualcosa che le potesse servire e che magari in quel momento non ricordava, squillò il suo cellulare.
<Pronto sono Duchessa!>
< Ciao, sono Gina. Allora è tutto a posto?>
< Si, insomma, non è stato facile, ma abbiamo deciso di venire. Non è per me, come ti avevo detto … comunque è felice e speriamo che domani posso metterlo in macchina e venire da voi. >
< Pensi di arrivare per le dieci?>
<Per le dieci?>
< Si, così noi andiamo a Messa e loro restano un poco da soli!>
< Va bene, allora cercherò di essere alle dieci a casa tua!>
< Grazie Duchessa, mi fai felice. Spero proprio che lo siano anche loro!>
< Certamente Gina, stai tranquilla. A domani!>
< A domani, ciao!>
Fatta la spesa Gina tornò a casa e principiò a preparare il pranzo per l’indomani.
Callisto tornò da scuola verso le due pomeridiane.
- Tesoro, c’è un odorino di arrosto che fa resuscitare pure i morti!-
- E’ per domani, ci viene a trovare una mia amica e suo zio. Spero non avrai niente in contrario?-
- Chi io? E perché? Tutto quello che fa piacere a te fa piacere anche a me!-
- Grazie amore mio, sei splendido!-
Callisto si lavò le mani, andò al giradischi e mise l’ellepi di classica sul punto in cui una superlativa Maria Callas cantava “ Casta Diva”.


[1] Il macellaio 

1 commento:

  1. Come direbbe di Camilleri Giovanni Paolo Manganaro benemerito traduttore dall'italiano al francese : "Il fatto è che Camilleri scrive per un tipo di società e di lettore che gli va a genio. Queste condizioni non possono essere identiche altrove. Non c'è piena fusione col tessuto sociale". e aggiungo io: e che c'è di male in questo?

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