Siamo
sofisti, o dialettici? (
etica della retorica) di Ugo Arioti
Il problema che ci
poniamo, l’etica della retorica, richiede alcuni approfondimenti storici e risale
al primo sistema comunicativo dell’uomo: il grido. C’è il grido di decisione,
di
invocazione, di sfida, di vittoria, rappresentati in bandiere o
vessilli, in bandi o in documenti pubblici, in canzoni di gesta e in tanti
altri modi e maniere. Nel vocabolario alla parola grido troviamo la seguente
spiegazione: Voce (suono inarticolato, parola, esclamazione e sim.) emessa con
forza, gridando: fare, dare, mandare, cacciare un g.; si sentì un g. nella notte;
un g.
forte;
un g. acuto, prolungato, tremolante
... attraversò
la notte come un razzo stridente (Pietro Citati); levare alte g.;
il g.
della
sentinella; il g. dei venditori ambulanti, degli strilloni;
le g.
dei feriti;
le g.
della folla,
dei dimostranti;
fu acclamato
dittatore a grido (o a grida) di popolo. Determinando la natura, lo scopo, il
significato del grido: g. di richiamo, d’allarme, d’aiuto; gridi di battaglia, di caccia, di guerra.
Specificando il sentimento, lo stato d’animo che il grido esprime o da cui è
provocato: g.
di dolore,
di
disperazione, di sdegno, di spavento, di sorpresa, di gioia; un g. di esecrazione, di raccapriccio si levò dalla folla;
lanciare un g.
disperato;
Sì forte fu
l’affettüoso g. (Dante). Per estens., invocazione, lamento, anche
non espressi con la voce: il g. dei popoli oppressi; Cara Italia! dovunque il dolente G.
uscì del tuo
lungo servaggio ... (Manzoni); non siamo insensibili al g. di dolore che da tante
parti d’Italia si leva verso di noi (frase di Vittorio Emanuele II
nel discorso della corona pronunciato all’apertura del parlamento subalpino il
15 gennaio 1859). C’è quindi un rapporto preciso tra le prime rappresentazioni
di retorica immediata e la struttura antenata della oratoria che nella Cultura
Classica si diffuse largamente ad Atene, favorita dal diritto di partecipare
alla vita pubblica che la polis democratica riconosceva a tutti i
cittadini. L’oratoria dei filosofi dell’antica Grecia, da Empedocle ad
Aristotele è stata preceduta da una forma di discorso che non ammette replica,
quasi una forma di grido, e che è strutturata per dare ordini e informazioni. È
un allievo di Empedocle, Gorgia, il sofista, che, recatosi ad Atene nel 427
a.C. per un’ambasceria, dove passerà il resto della sua vita, fonda la scuola
oratoria sofista. La culla della retorica si trasferisce dalla Sicilia, dove
nasce con Empedocle e i suoi seguaci (sembra abbiano dovuto difendere amici
loro a cui era stato espropriato del terreno in un assise della parola che
permise di spiegare i motivi dell’ingiusta espropriazione), in Grecia, dove
verrà osteggiata da Platone. Platone, infatti, rifiuta la retorica “cattiva”,
quella tradizionale che mira a convincere anche del falso (quella dei sofisti
come Gorgia, per intenderci), e le contrappone una retorica “buona”, che è la
dialettica, volta ad indagare la vera natura delle idee. Come vedete il
problema dell’etica della retorica anche a quel tempo, come oggi, è importante
e determina scelte costruttive o distruttive. Siamo sofisti, o dialettici?
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