Come si può
vivere la bellezza? Contemplandola nei nostri pensieri e rendendola strutturale
nel nostro modo di essere e di capire e percepire la vita stessa, nei
sentimenti. Abbiamo scelto questo articolo su un meeting del 2002 il cui tema
era appunto:
“Il sentimento delle cose, la contemplazione della
bellezza”
Rimini
– 18-24 agosto 2002
“Quando
il sonno stacca la presa, il primo sentimento che deve invaderci è il
sentimento delle cose”. Questa riflessione, così vivida e avvincente, è
contenuta nel commento di don Giussani a un inno delle Lodi del monastero delle
Trappiste di Valserena, pubblicato su di un libro che è tra i più belli: Tutta
la terra desidera il tuo volto. Che si intende per sentimento delle cose? La
capacità dell’uomo di prendere coscienza amorosa di quanto lo circonda. Il
sentimento delle cose non è un moto intimistico dell’animo, ma è uno stadio
della conoscenza del reale. Il soggetto “che sente” è così sensibilmente trasportato
verso l’oggetto, cioè verso la realtà delle cose, da porsi subito
nell’atteggiamento dell’attesa. Le cose invadono il suo sguardo e la sua mente;
penetrano con la stessa forza d’urto che si sprigiona nel momento in cui gli si
aprissero gli occhi per la prima volta. Il cuore di questo “osservatore” avido
di verità, pronto a commuoversi, è come in febbrile all’erta. Il sentimento
amoroso delle cose è anche la condizione della loro conoscenza e la condizione
del riconoscimento, nella realtà, del valore originariamente desiderato: la
bellezza. Ma cosa sia la bellezza, quali innumerevoli definizioni siano state
date dalle diverse culture di questa parola, è un argomento molto complesso.
Non solo nella tradizione cristiana, il bello era considerato in un nesso con
il vero e il bene. Se la bellezza si conforma al vero non può che essere in
consonanza con natura e ragione; quindi, per il pensiero cristiano-cattolico,
che da Agostino e Balthasar interviene ripetutamente sul tema, la bellezza,
ontologicamente connaturata all’Essere creatore, si riflette nel creato, come
splendore del vero. Così, essa acquista consistenza e concretezza; non è una
realtà effimera e transitoria. E’ qualcosa che muove la libertà dell’uomo
eticamente. Tra etica ed estetica la parentela è strettissima e nella
contemplazione della bellezza ogni atto morale viene vissuto più intensamente,
perché “l’entusiasmo che nasce dalla bellezza è incomparabile con quello che
nasce dalla dedizione”.
Dal
sentimento delle cose al riconoscimento della bellezza il passo è breve, poiché
se si guarda la realtà con amore, la bellezza non può rimanere nascosta; esce
allo scoperto. Un passo ulteriore è rappresentato dalla contemplazione, parola
caduta in disuso o erroneamente riferita a processi spiritualistici di
sublimazione, privi di qualunque consistenza cognitiva.
La
vita contemplativa non si contrappone alla vita attiva, bensì la integra e la
illumina. Contemplare la bellezza significa riconoscerne razionalmente la
natura rivelata e incorrotta. Contemplazione è sinonimo di stupore, laddove lo
stupore non sia pura reazione sentimentale. Nella contemplazione permane una
tensione razionale che si traduce in lucidità di sguardo, commosso e capace di
riconoscere la bellezza.
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