martedì 8 aprile 2014

L’Antigone di Sofocle


RUBRICA TEATRO -  La Tragedia – L’Antigone di Sofocle  "cenni"

Questa mirabile tragedia di Sofocle rappresenta il confronto tra Legge non scritta, quella degli Dei, dovere morale nei confronti dei morti, rispetto per i vincoli affettivi e l'ottusa RAGION DI STATO che in nome della Patria diventa dittatura e tirannide. Antigone, per il suo amato fratello morto, deve contrastare Creonte tutore della Patria e della ragion di Stato. Antigone lo fa senza ambiguità, senza accettare compromessi, in maniera forte e chiara. Splendida l'impalcatura e la struttura etica della tragedia di Sofocle che non ha alcuna ambiguità e lascia allo spettatore la domanda eterna della sua collocazione e della sua stessa natura etica e universale.
Ugo Arioti

 


L’ Antigone, capolavoro di Sofocle – dai più considerato il principe dei tragediografi – , rappresentato per la prima volta ad Atene  442 anni prima della nascita di Cristo, è una di quelle creazioni letterarie che hanno varcato la soglia della Storia per entrare in quelle imperiture della Leggenda e del Mito. Di fatto, il mito di Antigone ha attraversato due millenni di storia della civiltà occidentale, permeata nella sua cultura e nelle sue radici di cultura greca.

 

L’opera appartiene al ciclo tebano, e va vista dunque nella sua complessità, insieme a Edipo re e Edipo a Colono, che narrano la celebre storia del re di Tebe, divenuto anch’esso, con il passare del tempo, un simbolo della civiltà greca. Al centro della vicenda troneggia la figura di Antigone, figlia incestuosa nata dal rapporto tra Edipo e sua madre Giocasta. Ciò che mette in moto la tragedia è la ferma volontà della protagonista di dare sepoltura al fratello Polinice, bandito dalla città e considerato traditore della patria. Dopo l’esilio di Edipo da Tebe, i suoi figli Eteocle e Polinice si erano dati battaglia per conquistare il trono della città; Etocle esilia il fratello Polinice, che marcia con un potente esercito contro Tebe. Entrambi cadono, ma il nuovo re Creonte decreta onori funebri per l’eroe Eteocle e il veto di seppellire il corpo di Polinice. Ricordiamo che, per i Greci, la sepoltura di un cadavere costituiva pratica indiscutibile del rituale religioso. Dopo aver invano cercato l’appoggio della sorella Ismene, Antigone decide di sfidare da sola la volontà regia di Creonte.

 

Non ci interessa, in questa sede, ripercorrere tutti gli step di una trama avvincente, che chiama in causa diversi personaggi e vede sempre la netta contrapposizione di due figure, che duellano in quegli scontri verbali che hanno fatto grande la tragedia antica, decretandone il successo presso il pubblico. Ciò che balza in primo piano è il contrasto, insanabile per natura, tra legge naturale e legge positiva, re e suddito, politica e tradizione. Antigone contravviene al divieto ed accorda gli onori funebri al fratello Polinice. Fermata da una guardia tebana, viene portata dinanzi a Creonte, il quale rivendica la legittimità del suo potere. Si contrappongono due mentalità, due modi di concepire il mondo: Creonte adduce la ragione del diritto positivo, la necessità dell’obbedienza alla massima autorità politica; Antigone fa appello alle leggi della natura, quelle sacre ed inviolabili della tradizione e del vincolo familiare.

Il re di Tebe da una parte, e la protagonista delal tragedia dall’altra, cercano di portare anche le divinità in sostegno della loro causa. È qui che si realizza il senso vero della tragedia greca: Antigone e Creonte non posseggono la ragione assoluta. Ognuno è portatore della sua ragione, di una ragione soggettiva e non sindacabile: ha ragione Creonte perchè è lui la massima autorità di Tebe, e non portargli obbedienza significa trasgredire la legge; ed ha ragione Antigone perchè, prima della legge terrena, c’è la legge degli dei, in una società, come è quella greca, dove i riti religiosi contano più di ogni altra cosa.

Il conflitto insanabile, base dello spirito tragico greco, non trova una soluzione definitiva. Si abbattono mille sciagure su Creonte, che perde figlio e moglie, mentre Antigone si impicca.

 

E l’eroina, martire-mito, diviene simbolo universale della libertà al potere tirannico.

 

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