La Corte Costituzionale pubblica le motivazioni della sentenza dello scorso aprile che ha smontato la Legge 40: "Avere figli è espressione della fondamentale libertà di autodeterminarsi. L'illegittimità della vecchia norma, che generava discriminazioni in base alla capacità economica, non provoca alcun vuoto normativo". Chiesto un "limite" alle donazioni
ROMA - Il divieto per le coppie sterili di ricorrere
all'eterologa è privo di adeguato fondamento costituzionale e "la scelta
di tale coppia di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia dei
figli" è "espressione della fondamentale e generale libertà di
autodeterminarsi". Lo dice la sentenza 162/2014 della Consulta, depositata
oggi, che spiega le motivazioni della decisione
dello scorso 9 aprile in cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo il
divieto di fecondazione eterologa imposto dalla
legge 40. Senza contare che con la vecchia legge, continua
la sentenza, molte coppie sterili, non potendo fare l'eterologa in Italia, si
sono rivolte a centri esteri e questo produce "un ingiustificato, diverso
trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla
capacità economica".
"Nessun vuoto normativo". "La determinazione di avere o meno un
figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile", spiega la
Consulta, "concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona
umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori
costituzionali" e ciò anche quando sia necessario ricorrere all'eterologa.
E poi: "L'illegittimità della norma che vietava la fecondazione
eterologa", ossia praticata con gameti provenienti da un donatore,
"non provoca alcun vuoto normativo". Una risposta, tra le righe,
anche al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che all'indomani della
sentenza aveva
annunciato una nuova legislazione per "evitare il caos".
"Solo in caso di sterilità assoluta". Tuttavia, tiene a precisare la Corte, la
bocciatura del divieto di fecondazione eterologa sancita nell'aprile scorso va
riferita "esclusivamente" al caso in cui "sia stata accertata
l'esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o di
infertilità assolute". Tali "circostanze" devono "essere
documentate da atto medico e da questo certificate". Il ricorso alla
fecondazione eterologa "non diversamente da quella di tipo omologo, deve,
inoltre, osservare i principi di gradualità e del consenso informato", si
legge nella sentenza.
Limite alle donazioni. "In relazione al numero delle
donazioni", aggiungono le motivazioni della sentenza, "è possibile un
aggiornamento delle Linee guida, eventualmente anche alla luce delle discipline
stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno
Unito), ma tenendo conto dell'esigenza di consentirle entro un limite
ragionevolmente ridotto".
Una legge smontata pezzo per pezzo. In 10 anni la legge 40 che regola la procreazione medicalmente
assistita in Italia ha già visto per 28 volte l'intervento dei tribunali (con
19 "bocciature") e la "riscrittura" di alcune sue parti con
sentenza della Corte Costituzionale. Sono quattro i "pilastri" della
legge sulla fecondazione in vitro già abbattuti dai giudici: il divieto di
produzione di più di tre embrioni, l'obbligo di impianto contemporaneo di tutti
gli embrioni prodotti, su cui è intervenuta appunto la Consulta nel 2009, e il
divieto di diagnosi preimpianto fino ad arrivare al divieto, ora cancellato, di
fecondazione eterologa.
La speranza di novemila coppie. Sarebbero già circa 9000 le coppie italiane
infertili che vorrebbero poter avere un figlio con la fecondazione e ci
sarebbero già 11 coppie pronte a donare i propri gameti (gli ovociti).
Secondo le stime, nel nostro Paese i bambini nati da fecondazione eterologa -
prima che questa fosse vietata con la legge
40 del 2004 - sono qualche migliaio. Ogni anno, sono
circa 2.500-2.700 le coppie italiane che si recano all'estero per poter
effettuare un intervento di fecondazione eterologa, stima l'Osservatorio sul
turismo procreativo.
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