venerdì 7 novembre 2014

Comunicare per immagini (1)

Comunicare per immagini una storia, un sentimento, una contestazione sociale, un moto dell'anima crea un passaggio, dall'artista al fruitore attivo dell'icona, una infinità di altri quadri, come fosse un grande albero che sale verso il cielo ramificando. Qualcuno, i cosiddetti puri, va alla ricerca dell'idea originale dell'artista, altri più liberi e fortunati di lui, ne interpretano i contenuti. I cultori del pensiero originale che, a mio avviso, è anch'esso un ramo dell'albero principale, si scandalizzano e si lacerano le vesti e si flagellano, ipocriti, alla "distorsione" dell'immagine e della sua arcana illusione di essere sgorgata da una sorgente unitaria,  senza sentimenti o visioni altre a loro volta provenienti dalla nemesi dell'artista. Io non credo che un quadro, esempio per tutti è la gioconda di Leonardo, debba comunicarci solo quello che con un titolo o uno "slogan" ci ha indicato il maestro, no. Anzi, più significati e comunicazioni nascono e si moltiplicano e si diramano dall'immagine muta e tanto più questa diventa un mezzo comunicativo forte e utile, un opera universale!
 


 


Sono solo quattro viste di una comunicazione tanto fertile da proliferare  anche nelle mode e i nei movimenti artistici odierni. Questa è una grande idea anticonvenzionale. Credo che nemmeno nella mente del genio Leonardo avesse uno e un solo titolo o significato e che l'artista se potesse vedere quello che la sua gioconda (un piccolo quadro) è diventata oggi per noi e quello che sarà nel corso della storia del pensiero umano, ne sarebbe fiero e  felice! Ecco perché non amo i "puri". I bigotti del titolo. La comunicazione è libera e universale e i suoi stereotipi o archetipi, non esistono se non nella mente di chi pretende di essere il custode della "verginità" comunicativa dell'artista. La comunicazione, al contrario, deve creare suggestioni e immagini successive perché sia viva.
 
Questo è un primo approccio con questo tema. Non penso sia il solo, credo che anche questo pensiero provenga da un altro ramo che a sua volta si moltiplica e continua la sua marcia verso un cielo che non conosciamo, ma che proprio per questo cerchiamo di avvicinare, con tutta la fragilità della nostra condizione esistenziale.
 
Ugo Arioti

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