Aveva 87 anni. Pochi giorni fa il suo ultimo tweet: "Mi prendo un po' di riposo"
di DARIO PAPPALARDOROMA - Vittorio Sermonti, morto questa mattina a 87 anni, aveva incontrato Dante Alighieri molto presto, portandolo con sé come un destino. Aveva imparato ad ascoltare la Divina Commedia da bambino: a dieci anni ascoltava già i canti da suo padre, avvocato di fama di origine pisane. Era nato a Roma il 26 settembre 1929, sesto di sette fratelli, in una famiglia in cui si respiravano la legge e la cultura. Suo padrino di battesimo era stato il giurista Vittorio Emanuele Orlando. Ma a frequentare casa Sermonti c’erano anche personaggi come Luigi Pirandello ed Enrico Cuccia. Dopo gli studi classici, gli esami di latino con Ettore Paratore – compagno di libri era stato Cesare Garboli – nel 1950 il ventenne Vittorio viene assunto come funzionario del Terzo programma radiofonico. Inizia così un altro rapporto che durerà tutta la vita, quello con la radio. Sermonti individua presto le potenzialità della relazione tra scrittura e parlato; la necessità di trovare una strada per far rivivere i classici attraverso la voce.
Negli anni Cinquanta, a Firenze, dove intanto si trasferisce, entra nella redazione di Paragone, la rivista del grande storico dell’arte Roberto Longhi. Dirà: “Ricordo interminabili partite a bocce nella sua villa e conversazioni dove parlava solo lui, con la sigaretta accesa, permanentemente incollata su di un lato della bocca. Era geniale, un difetto che hanno in pochi”. Sulla strada incrocia Pasolini, Gadda, Calvino, Parise, Bassani. Pubblica romanzi: “La bambina Europa” (Sansoni, 1954), “Giorni travestiti da giorni” (Feltrinelli, 1960); “Novella storica su come Pierrot Badini sparasse le sue ultime cartucce” (Garzanti, 1968). Dall’esperienza di vita a Praga, ricaverà “Il tempo fra cane e lupo” (Bompiani, 1980). Si dedica all’insegnamento: al Liceo Tasso di Roma è professore di latino e italiano, a metà degli anni Sessanta. Entra poi nel mondo del teatro: dopo aver insegnato tecnica del verso teatrale all’Accademia Nazionale d’arte drammatica, dirige il Centro Studi del Teatro Stabile di Torino, dal 1975 al 1979. Collabora a vari giornali: dall’Unità al Corriere della sera.
Ma Dante resta la sua passione e la divulgazione il suo obiettivo. Così nel 1986 propone alla Rai di realizzare il suo progetto di letture integrali della Divina Commedia per la radio. Coinvolge nell’impresa il critico Gianfranco Contini e porta a termine le registrazioni di tutta l’opera – più volte replicata – nel 1992. Dal chiuso dello studio di registrazione passa poi agli eventi dal vivo. Migliaia di persone lo seguono a partire dal 1995 nella basilica di San Francesco a Ravenna. Poi il tutto esaurito si sposta ai Mercati di Traiano e al Pantheon di Roma, a Firenze in Santa Croce, a Milano, a Bologna. E all’estero: Regno Unito, Argentina, Cile, Uruguay, Israele Turchia.
Ma non si ferma solo a Dante (le letture sono pubblicate da Giunti in cd e ebook), nel 2007 pubblica per Rizzoli “L’Eneide di Virgilio”; nel 2012 ha tradotto le “Metamorfosi” di Ovidio. Quest’anno era entrato nella cinquina del Premio Strega con il libro autobiografico “Se avessero” (Garzanti), in cui ha raccolto settant’anni di memorie e di storia italiana a partire dal fascismo e dal dopoguerra.
Dal suo matrimonio con Samaritana Rattazzi, sono nati Maria, Pietro e Anna. Dal 1992 era sposato con la scrittrice e poetessa Ludovica Ripa di Meana.
Su Twitter lunedì ha lasciato l’ultimo messaggio: “Cari amici, mi prendo qualche giorno di riposo. I vostri commenti mi faranno compagnia”. Sono già tantissimi.
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