lunedì 25 gennaio 2016

ISLAMISIMO e CRISTIANESIMO

 

ISLAMISIMO e CRISTIANESIMO

 
Venerdi 29 gennaio alle ore 18,30 presso il Centro Culturale Kalliope (vico de Notaristefani, 6 / Massafra) si terrà un dibattito sul tema "Islamismo e Cristianesimo - Confronto tra Culture".

Spesso siamo indotti a credere che islamismo è uguale a terrorismo. In verità lo scontro tra civiltà può / deve diventare un incontro di Culture. La violenza non può essere la bandiera di una religione. Le religioni afferiscono l'intimo di ogni uomo, qualunque esse siano. La strumentalizzazione delle stesse, ai fini di tutt'altra natura, porta all'odio e al razzismo.

Il Cristianesimo non può avere diffidenze nei confronti di altri monoteisti, né deve però ricevere "espropri" in casa propria.

All'incontro interverranno la prof.ssa Maria R. Piccinni, il sig. Hassan China, referente dell'associazione dei musulmani UMAT, don Nino Borsci, direttore della Caritas di Taranto e il prof. Francesco Silvestri.

Il 29 siamo chiamati a discutere!
Vi aspettiamo!

sabato 23 gennaio 2016

Ha fotografato il momento in cui l'anima lascia il corpo


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L’esatto momento in cui l’anima lascia il corpo sembra essere stato catturato dallo scienziato russo Konstantin Korotkov, direttore del Research Institute of Physical Culture di San Pietroburgo, che avrebbe fotografato una persona con un dispositivo bioelettrografico nel momento esatto in cui è deceduta.
Korotkov ha scattato la foto con la tecnica Kirlian: il metodo, adottato dal Ministero della Salute russo ed utilizzato da oltre 300 medici in tutto il mondo come forma di monitoraggio per malattie come il cancro, è stato perfezionato da Korotkov con tecnica GDV (Gas Discharge Visualization) che ha poi applicato su una persona in punto di morte. L’alone azzurro nell’immagine a sinistra rappresenta il momento in cui, secondo lo scienziato, l’anima sta abbandonando il corpo che, una volta spirato il soggetto, diviene rosso.


Secondo Korotkov, l’ombelico e la testa sono le parti che per prime perdono la loro forza (cioè l’anima) mentre l’inguine ed il cuore sono le aree che vengono abbandonate per ultime.
Lo scienziato ha affermato che le immagini da lui ottenute dimostrerebbero che l’anima ritorna più volte nel corpo, specie in caso di morte violenta o improvvisa, come se manifestasse uno stato confusionale e ritornasse nel corpo nei giorni seguenti alla morte: lo scienziato ascrive il fenomeno ad energia non utilizzata che è contenuta nell’anima. Per Korotkov più la morte è improvvisa e non naturale, più l’anima, rappresentata dalle onde elettromagnetiche fosforescenti, resta a lungo vicino al corpo, quasi stentasse ad accettare l’improvvisa separazione.
Per Korotkov, la tecnica potrebbe essere utilizzata per monitorare tutti i tipi di squilibri biofisici, per le diagnosi in tempo reale ed anche per svelare se una persona possiede poteri psichici o meno.

venerdì 22 gennaio 2016

Per una nuova Rivoluzione Culturale

Il terzo millennio già cammina sulle rovine del secondo che era deflagrato con due guerre mondiali e con le rivoluzioni. Un secolo di sommovimenti virali che ha costruito e distrutto poggiando i suoi piedi su grandi ideali. Tutto dimenticato, oggi il mercimonio, questo cancro umano, ha metastatizzato tutto e le sue cattedrali sono le Banche e le Multinazionali. Il Capitalismo è arrivato al suo capolinea con l'ultima e più devastante fase, quella della Speculazione Economica Globale Asincrona. Quale scenario si prepara è difficile stabilirlo con buona approssimazione, sicuramente ci stiamo preparando a un involuzione che porterà l'uomo verso un imbarbarimento e un appiattimento dell'intelletto mai visti su questo Pianeta. Già, ad est si sviluppa la metastasi costruita da mani occidentali e sviluppata da idioti orientali del Terrorismo Agnostico (la matrice pseudo culturale e religiosa che si appiccicano adosso è falsa e non umana certamente). Ma, quel che è peggio, la situazione della coalizione eterogenea e surreale che chiamano "Occidente Civile" è un coacervo di popoli governati dai midia televisivi e gestiti da Banche e Lobbie mafioso - speculative che occupano tutti gli organi di "comando" delle Democrazie (finte) occidentali. Unico antidoto a questo sfascio totale non etico e non democratico o umano è una nuova RIVOLUZIONE CULTURALE che sotto la bandiera dell'uomo di Leonardo da Vinci, iscritto nel cerchio dell'Universo, riconquisti la sua dignità di essere vivente uguale e fratello di tutte le creature che abitano questo Pianeta e che si ponga fine a un MERCATO che nasconde la DITTATURA delle MAFIE BANCARIE e SPECULATIVE che sfruttano oltre misura le risorse della Terra che non sono inesauribili, tutt'altro. Meditate gente, meditate.
Ugo Arioti

martedì 19 gennaio 2016

Sbiadisce la memoria storica di questo Paese



 

Lentamente, un frammento alla volta, la memoria storica di questo paese, sbiadisce come una vecchia fotografia e la mistificazione dei fatti è ormai una prassi quotidiana. Discutevo oggi, con un altro "smemorato", sulla fine del duce, appeso a testa in giù in Piazzale Loreto. È rimasto impresso nella memoria collettiva quel finale grottesco del regime fascista, ma sul perché scelsero di appendere Mussolini pubblicamente pare sia del tutto dimenticato. Condannare l'accanimento del branco sul cadavere di Mussolini mi sembra scontato, ma la motivazione (giusta o sbagliata che sia) che spinse la folla ad appendere il duce non andrebbe mai dimenticata. Solo tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, migliaia di uomini, poco più che ragazzi, furono torturati, fucilati, impiccati (171 furono impiccati solo nell'eccidio di Bassano del Grappa) e lasciati insepolti per giorni e giorni sulle piazzette dei paesi di montagna, in mezzo ai boschi, agli angoli delle grandi città perché la gente vedesse e non osasse ribellarsi all'infamia dell'occupazione nazista e delle violenze sanguinose dei fascisti.
Le persone passavano a fianco a quei cadaveri appesi ai lampioni e guardavano dall'altra parte. Facevano finta di non vedere per paura, per indifferenza o semplicemente perché approvavano l'operato dei fascisti. Oggi, è molto più facile guardare altrove, perché questa memoria storica è pressoché sparita. E per chi ama sottolineare che molti partigiani erano "banditi", ribadisco un concetto semplicismo: potete dipingere TUTTI i partigiani come criminali e TUTTI i repubblichini come bravi ragazzi, ma non avrò mai alcun dubbio da che parte stare. C'è chi combatteva dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. C'è chi liberò l'Italia dal nazifascismo e chi giurò fedeltà ad Adolf Hitler. Chi non riconosce l'impronta fondamentale della Resistenza Italiana nella nostra libertà odierna, ripercorre le orme di quei passanti che superavano i cadaveri impiccati nelle piazze e nelle strade, senza (voler) accorgersi di nulla.
 

 

Tempo di revisione - racconto di Marco Pomar



– Buongiorno, sono qui per la revisione.
– Bene. Diamo una controllata generale. Quando è stata l’ultima volta?
– Beh, ecco… Veramente io non l’ho mai fatta.
– Ahi.
– È grave?
– No, spero di no. Sarà forse un po’ più costoso.
– Vabbè, comunque è una spesa che va fatta.
– Direi proprio di si. Allora: controlliamo le convergenze sentimentali. Vediamo un attimo… Si, sono da cambiare.
– Da cambiare?
– Guardi lei stesso. Qui c’è l’usura degli anni. A quanto pare ha messo sotto sforzo parecchio le spatole.
– Le spatole?
– Si, che poi se le convergenze sentimentali sono usurate vorrà dire che anche il senso di colpa sarà quasi completamente esaurito. Cosa le dicevo? Un altro po’ e lei mi combinava qualche omicidio…
– Ma quale omicidio?
– Signore mio, senza più un briciolo di senso di colpa si commettono nefandezze inimmaginabili. Mi dispiace ma dobbiamo mettere una fornitura intera.
– Ma non ci sono più abituato ai sensi di colpa. Non possiamo reintegrare giusto un attimino?
– Attimino un corno. Mi faccia dare una controllata al cinismo. Oddio, ecco qui. Lo sapevo.
– Che sapeva?
– Il cinismo ha debordato. Dobbiamo cambiare le guarnizioni e sigillare il tutto.
– Ma perché?
– Perché altrimenti il cinismo supera i livelli di guardia, raggiunge la zona del sentimento, e siamo fritti.
– Siamo fritti?
– Ma certo amico mio. Le pastiglie della serenità almeno le ha cambiate ogni due anni?
– Si, quelle si!
– Sicuro?
– Oddio, proprio ogni due anni forse no. Ma una volta le ho cambiate sicuro. Questo me lo ricordo.
– Io non so come ha fatto ad arrivare sin qui, signore. Non oso pensare in che stato troverò la coscienza!
– No, guardi, la mia coscienza è perfettamente a posto. L’ho usata pochissimo.
– Ecco, appunto. Preparo una coscienza nuova ultimo modello. Quelle marca Zeno non si usano più.
– Ma quanto dovrò spendere?
– Lasci stare. Le farò un trattamento di favore. Vedo che la memoria tutto sommato è in uno stato accettabile…
– Accettabile? Io mi ricordo tutto, egregio signore. Ho una memoria da elefante. Posso dirle pure cosa si mangiava dai miei nonni la domenica.
– Non si illuda, dicono tutti così. È perché non sapete che esistono i falsi ricordi.
– I falsi ricordi?
– Si, coprono con desideri repressi i buchi neri dell’inconscio. A proposito: a inconscio come siamo messi?
– E come siamo messi? Me lo dica lei.
– Per quello devo fare un controllo accurato. Non basta un’occhiata superficiale. Ma sono altri duecento euro, glielo devo dire.
– No, se non è necessario no. Evitiamo.
– Come vuole. Ma se incontra una pattuglia della PS, lei è in difficoltà.
– La Polizia Stradale?
– No, la Pulizia Sentimentale.
– Perché, cosa possono farmi?
– Quelli controllano tutto, e ci mettono poco a scoprire le magagne dell’inconscio. A ritirarle la patente di seduttore non ci mettono niente.
– Ma io non ce l’ho la patente di seduttore!
– Ah, peggio mi sento! Quindi ha sedotto finora senza patente. Senta, io non voglio sapere nulla. Altrimenti dovrei denunciarla alla SUCA.
– A che?
– Alla Società Unica Coscienze Avariate. Loro rottamano senza aggiustare.
– Forte!
– Se le piace così!
– No, a me no. Guardi, mi metta tutto a posto, convergenze sentimentali, coscienze, inconscio e altri cazzi. Voglio vivere sereno.
– Sereno? Allora deve restare in laboratorio almeno un altro mese. La rivolto come un calzino, sistemo tutto, e poi le rilascio la certificazione ISO, UNI, UNESCO, AISCAT, Anica, Amat, Atac e Aci. Sarà un uomo nuovo.
– Un uomo nuovo e rovinato, immagino.
– Non si preoccupi. Tariamo il minimo più basso, così potrà vivere con poco. Abbassiamo il livello delle aspettative, tarocchiamo le ambizioni, e siamo a posto.
– No, guardi, lasci stare. Tarocchi a sua sorella. Io ho alte ambizioni, e la mia coscienza funziona benissimo. Mi tengo il mio cinismo, sto bene così e risparmio pure.
– Ma come fa? Se la fermano?
– Rischio. Arrivederci.
– E se le dico SUCA?
– Lo dica a sua sorella, dopo averla taroccata. Addio.

Marco Pomar

sabato 16 gennaio 2016

Novelle e storie e cunti siciliani raccolti dal Pitrè e da Salvatore Salomone Marino tra 800 e 900 – a cura di Ugo Arioti direttore della Biblioteca del Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo


Novelle e storie e cunti siciliani raccolti dal Pitrè e da Salvatore Salomone Marino tra 800 e 900 – a cura di Ugo Arioti direttore della Biblioteca del Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo




Pubblichiamo, a partire da oggi, favole e racconti che Giuseppe Pitrè e Salvatore Salomone Marino raccolsero e studiarono. Vuole essere un omaggio agli inventori dell’Etnostoria. Due medici che entrano ed escono dalle case della povera gente con la loro borsa piena di farmaci e armamentari sanitari. Due medici alla “emergensì” che si prendono cura del corpo e contemporaneamente, con il rispetto dovuto (sono due scienziati), anche dell’anima popolare.  Così Giuseppe Pitrè a Palermo e Salvatore Salomone Marino a Borgetto, tra una visita e l'altra studiano da vicino come vive il popolo. Ne scrutano gli arredi, ne ascoltano storie e canzoni. E tutto annotano. Siamo nella seconda metà dell'Ottocento. Mentre in Europa soffia il vento del positivismo, in Sicilia un drappello di pionieri raccogliendo le testimonianze del popolo concepisce una nuova disciplina. Nasce l'etnografia italiana, ricordiamo la collana Curiosità popolari tradizionali (16 voll., 1885-99) diretta dal Pitrè, con la quale l’etnostoria si estende a varie regioni italiane, che avrebbe fornito a Verga materiali per intrecciare le sue storie di signorotti, "massari", contadini e pescatori, come "Vita nei campi", "Nedda" e altre novelle. Ciò che li ha, in special modo il Pitrè, fatti entrare di diritto secondo alcuni autori, nell’insieme letterario del ‘900 italiano. Noi pensiamo a loro più come i padri della demoetnoantropologia attiva e dello studio di ciò che si tramanda nei gesti e nei riti, piuttosto. È certo, comunque, che il Pitrè ebbe uno scambio epistolare notevole con scrittori e letterati suoi contemporanei. Una delle raccolte più belle è quella della favole e “cunti”, ascoltati direttamente e trascritti, con le dovute note scientifiche e le introduzioni dai due medici palermitani. Cominciamo cu lu cuntu di “Si raccunta”. Questa novellina mostra che nelle novelle niente è arbitrario; ma vi sono certe formule consacrate dall'uso e perpetuate dalla tradizione orale. Buona lettura, Ugo Arioti.


Ecco come una bambina, giudiziosa e intelligente, vince la scommessa con un ricco commerciante che, presuntuosamente, sfida il popolo a raccontargli una storia che non comincia con “Si racconta”. La bambina riesce e diventa padrona della bottega e dei beni del commerciante “sbruffone”.  

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Lu cuntu di «Si raccunta»

Si riccunta e si riccunta ca 'na vota cc'era 'na mamma e 'na figghia. Sta mamma avia tanti puddicini, e si nni ija  a la missa, e cci li lassava a la figghia. 'Na jurnata cci dissi: — «Saddaedda, Saddaedda, ti lassu sti puddicini: vidi ca ha' a scupari la casa, ha' a cunzari lu lettu, ca poi vegnu.» Saddaedda cunzau lu lettu, scupau la casa, poi si pigghiau un puddicineddu 'n manu; a stu puddicineddu cci misi a circari piducchieddi, linnireddi; nna 'na pinnicedda cci avia 'na pulisedda, e sta pulisedda cci vinni 'n manu a la picciridda. Ora cc'era un mircanti; stu mircanti vinnía robba; comu vinnía robba era un riccuni di chiddi 'n funnu, e cui cci

dicia un cuntu senza diri «si raccunta,» pigghiava e cci dava la putïa. Tanti e tanti cci ìjanu e tutti cci dicianu:

— «Si raccunta», e iddu cci vincía lu pattu. Cci iju sta picciridda cu sta pulisedda e cci dissi: — «Signuri e mircanti,io sugnu vinuta pi cuntàricci un cuntu senza diri si raccunta.» Pigghiau lu mircanti, quant'agghica, dici:— «Vattinni tu murvusazza! Comu cci la sai a cuntàrimi lu cuntu senza diri si raccunta?» Quantu agghica idda e cci dici:«Nna vota cc'era sta pulisedda, Sta pulisedda parrava e dicia:«Nesci mircanti, chi la putïa è mia». E arristau chidda picciridda patruna di la putïa, e lu mircanti si nn'appi a jiri.Idda arristau filici e cuntenti. E ccà niàtri senza nenti. E lu cuntu accabbau.


Erice

venerdì 15 gennaio 2016

Abstract: Etica e Architettura

 
L’ETICA nella professione dell’architetto raccoglie i doveri e gli obblighi indirizzati al perseguimento di obiettivi collettivi, espletati attraverso la validità e la lealtà del proprio operato. La qualità e il merito, non i fatturati, diventino, pertanto, i fattori discriminanti per tutti i progetti e le gare pubbliche; il concorso ne regoli l’accesso. Anche quando il problema è la sopravvivenza, il comportamento etico è una necessità sociale imprescindibile.
 
Ugo Arioti

martedì 12 gennaio 2016

FALSO CONTATTO

 
FALSO CONTATTO
Una delle cose più fastidiose che sia capitata all'uomo è il senso d'appartenenza.
Questo pensava Salvatore mentre piantava per l'ennesima volta un basilico caparbio e suicida:troppa acqua poco sole,troppo sole poca acqua.
Per poter crescere ed evolversi bisognava essere soli. 
Nessun legame.
I rapporti erano soltanto una distrazione che lo avrebbero rallentato o accelerato. Insomma non lo avrebbero reso quello che era realmente. Un asociale a velocità moderata. Ma poi,appartenere a chi,a cosa? A un ideale? Gli ideali erano finiti tutti sotto due metri di terra.
Si,c'erano i giovani che ogni tanto passavano sotto il suo balcone. Colorati,vivaci e privi di fondamento. Non era colpa loro. Gli uomini in nero avevano fatto bene il loro lavoro creando abbastanza distrazioni e dipendenze.
Le foglie del suo basilico erano grandi. Più grandi di tutte quelle del vicinato. E il profumo? Bastava sfiorare quei riccioli verdi per essere impregnati di una fragranza che sarebbe stata testimone di giornate assolate e complice di meravigliosi piatti.
Pensò per un attimo ai liguri e si lasciò cullare dai luoghi comuni. Pensò che nei momenti di grande abbondanza,questo popolo meridionale travestito da settentrionale,non aveva goduto della propria ricchezza e che oggi,con una crisi che aveva messo in ginocchio l'intera Italia,si ritrovava con le pezze al culo ugualmente.
Parsimoniosi e con le pezze al culo. 
A volte la cicala non ha tutti i torti.
Una voce
-Sono troppo esposte-
Salvatore mosse soltanto i globi oculari.Non riusciva a capire da dove venisse quella voce. Una specie di eco o per essere precisi risonanza faceva in modo che quelle parole provenissero da tutte le direzioni. Avrebbe potuto essere la madonna se non fosse stato ateo e invece era la la sua vicina che un palazzo anni '60 costruito a ferro di cavallo le dava di diritto un valore aggiunto di dirimpettaia.
Un vento giocoso di lenzuola la rendevano visibile ed invisibile.
Il vento.
Il vento per lui era un acerrimo nemico. Bastava un filo di vento per infiammare il suo setto nasale e donargli un mal di testa che si sarebbe fatto trascinare per l'intera giornata.
-Dicevo,è troppo esposto...il basilico intendo. Dovrebbe creare un paravento per le piccole-
Un paravento?
Cinque dita a pettine tirarono su un ciuffo biondo cenere.
-anche loro con problemi di sinusite?-
-Sinusite?-
-lasci perdere,a volte dimentico il principio fondamentale di una buona battuta 
-ovvero?
-che l'interlocutore deve avere un numero di dati sufficienti per poter godere di una battuta
-quindi oltre ad essere una persona introversa soffre anche di sinusite?
-sembrerebbe anzi è
-a pensarci bene non sono un introverso e glielo dimostrerò invitandola a prendere un caffè da me. Corretto
-per carità,non bevo alcolici
-parlavo di me...sono una persona corretta e quindi può abbassare tutte le sue difese e venire a casa mia a bere un ottimo caffè farcito di chiacchiere e amenità varie.
Nessuna esitazione.
-arrivo
L'appartamento era in perfetto ordine tranne per una moltitudine di libri che non riuscivano a trovare la giusta collocazione.Questa moltitudine di tomi prendeva la forma di torri pendenti,scale inclinate e ponti cedevoli.
Aprì la porta e si trovò davanti due finestre. Da lontano non si era accorto che la ragazza che aveva di fronte possedeva due finestre che davano su un mare d'inverno. Quegli occhi avrebbero avuto il potere di raccontare una vita intensa. Quel corpo apparentemente fragile era stato messo alla prova da una vita fatta di fatiche. Non era la Zumba né tantomeno lo yoga power ad aver formato quella statuetta d'ebano ma una vita di fatiche lavorative che oltre a donarle un bel corpo le faceva assumere una postura da principessa.
-Prego? 
-Eh?
-Desidera?
-ehm...io sarei...anzi sono la ragazza con cui ha parlato un minuto fa...
-non ho ricevuto nessuna telefonata,non so di cosa...
-ma quale telefonata! Abbiamo parlato poco fa dal balcone,sono la ragazza che abita di fronte
-Ah sì 
-Non mi sembra convinto
-Mi perdoni ma soffro di memoria a breve termine e capita a volte...non so come spiegare...ha presente un falso contatto?
Un sorriso bianchissimo disse -mi prende in giro,si è pentito di avermi chiesto...
-ma cosa dice!?! Si accomodi,adesso ricordo,lei è la ragazza che stava stendendo i panni e che abita proprio qua di fronte,la prego entri.
L'uomo pur non rispettando nessun canone di bellezza si poteva definire un bell'uomo. Palpebra sinistra leggermente abbassata per un occhio attento.
Era asimmetrico in tutto con un andamento dinoccolato e a tratti spezzato dall'imbarazzo.Più che altro uno di quei uomini con il potere di passare inosservati per poi ricomparire nei ricordi di chi ha avuto un contatto con lui. Lasciava un segno che diventava sempre più nitido con il passare del tempo. Un fascino a lento rilascio.
L'appartamento era tappezzato di libri. I veri proprietari di quella casa. Vincono gli immortali e lui non lo era mentre le parole risuonano per l'eternità passando da uomo a uomo,da popolo a popolo.
-Certo che per essere un uomo con problemi di memoria a breve termine legge parecchio. Non riesco a capire come faccia. Il senso.
-Lei suona uno strumento?
-No,perché me lo chiede?
-Sa leggere uno spartito?
-No
-però ascolta Chopin e Bethoven. Lo so perché le note arrivano fino al mio balcone
-Non la seguo
-Veda,anche le parole hanno una loro musicalità ed io ascolto quella. I tempi le cadenze le rime una parola onomatopeica. Il battito del cuore di un innamorato come un armonia tribale. Il pianto di un bimbo come un violino impazzito. Il flamenco di una spesa al mercato. Chitarra e basso per un amplesso impetuoso.
Quello non era più un incontro destinato ad essere dimenticato. Quell'uomo era riuscito a far vibrare le corde della sua anima. Ne poteva sentire le carezze e lei sarebbe stata pelle di tamburo.
-Zucchero?
-si,grazie
Uno sguardo scavalco la donna per posarsi su un punto indefinito
-Si sta chiedendo chi sono,vero?
-Le ho già parlato,del mio problema...
-Si,ne ha già parlato,come fa a vivere? Insomma come riesce a convivere con questo andicap?
-Vivo di ottimi attimi signorina...vede...non ci si abitua mai...la presunzione che è in me mi illude che ogni volta è la volta buona finché un dato,un evento,un immagine non rimanga impressa nella mia memoria ma subito dopo scivola via. Ogni tanto ritorna a trovarmi ma il più delle volte non si fa più rivedere.
Il cuore della ragazza premeva sulla gabbia toracica. Come se l'amore di tutto l'universo fosse confluito là dentro. Era bastato un attimo per innamorarsi. Glielo avevano detto e lei non ci aveva mai creduto che potesse accadere a lei e in quel modo. Avrebbe voluto essere la sua pelle,il suo respiro,una custodia per conservarlo. Avrebbe voluto essere tutto per lui. Le sue lacrime il suo sudore. Lo avrebbe divorato,si sarebbe nutrita del suo miele. A partire da quel momento il suo essere era suo. 
L'essere nelle mani dell'avere.
Sarebbe stata la sua memoria. Gli avrebbe ricordato che odia l'aglio cotto,che la birra gli dà sonnolenza,che odia i politici,che ama i gatti. Lo,avrebbe accarezzato ogni giorno per ricordargli che lei era lì. Avrebbe ripetuto il suo nome ancora,ancora e ancora.
Alla fine cos'è l'amore se non ripetere per sempre le stesse parole.
Ti Amo
Maurizio D'Armetta

Quest'anno cade il centenario della morte di Giuseppe Pitrè (Palermo 21/12/1841 - 10/04/1916)

Ricorre ad Aprile di quest'anno il centenario dalla morte dello studioso palermitano che sperimentò per primo la psicologia del popolo (demopsicologia), la scienza che studia le manifestazioni, le tradizioni e la cultura popolari. Ho avuto la fortuna di partecipare e seguire, quando "Palermo" e le sue Istituzioni politiche e amministrative, "animate" dal Professor Aurelio Rigoli, allievo del Cocchiara, già preside della Facoltà di Lettere di Palermo che studiò e raccolse l'immane e immensa opera del Pitrè, davano luogo al Premio Internazionale annuale "PITRE' e SALAMONE MARINO", che ha visto per decenni Palermo capitale  mondiale delle Tradizioni Popolari. Oggi, grazie al Professore Rigoli, esiste una Fondazione che si occupa, internazionalmente, di Cultura e Tradizioni Popolari: Il Centro Internazionale di Etnostoria. Nello splendido complesso di palazzo Steri alla Marina, sede del Rettorato è stata realizzata dal Centro Internazionale di Etnostoria, di cui Aurelio Rigoli è Presidente, la Biblioteca "Vittorietti" che raccoglie saggi e raccolte provenienti da tutto il Mondo. Grazie alla stima e agli insegnamenti dell'amico Rigoli, dal gennaio di quest'anno sono stato nominato Direttore scientifico, proprio nell'anno del centenario dalla morte dello scienziato palermitano, tra i più conosciuti nel Mondo, Giuseppe Pitrè. Al Pitrè, naturalmente, dedicheremo per quest'anno, molti articoli e studi, aspettando con fiducia che Palermo si risvegli e celebri uno dei suoi più grandi figli!
Ugo Arioti


Giuseppe Pitrè
          (Palermo 21/12/1841 - 10/04/1916)
     

Studioso italiano del folclore e di tradizioni popolari.  Medico e scrittore scrisse i primi studi scientifici sulla cultura popolare  italiana  e  curò  le  prime raccolte di letteratura italiana orale, dando avvio a studi etnografici sul territorio italiano.  Fondatore  in Sicilia della  "demologia" da lui battezzata  "demopsicologia" (psicologia del popolo), ossia la scienza che studia le manifestazioni, le tradizioni e la cultura del popolo, che  insegnò  all'Università  di  Palermo. A Giuseppe Pitrè, il più importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari, la Sicilia deve essere grata perché - come ha sottolineato Giuseppe Cocchiara, già preside della Facoltà di Lettere di Palermo  -  la sua  opera monumentale  resta  pietra  miliare  per  la ricchezza e la vastità di informazioni nel campo del folklore, in cui nessuno ha raccolto, come e quanto lo scrittore palermitano
.
Egli anzi, nella seconda metà dell’Ottocento, ha tracciato la via ad altri come Salvatore Salomone Marino e accolto nel suo tempo consensi vivissimi tra cui quelli di Luigi Capuana, che trovò materiale per le fiabe nel suo repertorio, Giovanni Verga, che trasse anche ispirazione per le “tinte schiette” e particolari usanze del suo mondo di umili e perfino per argomenti specifici d’alcune novelle come Guerra di Santi, dalla preziosa documentazione a cui Pitrè lavorò tutta la vita.
Come il conterraneo Abate Meli, divenne medico di professione e venne, grazie ad essa, a contatto con i ceti più umili e col mondo dei marinai e dei contadini tra cui spinto da passioni per gli studi storici e filologici raccolse per prima i Canti popolari siciliani attinti anche dalla voce della madre che egli dice “era la mia Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”, dedicandole appunto la sua prima opera.
Nel 1882 fondò l'Archivio per lo studio delle tradizioni popolari e nel 1894 pubblicò una fondamentale Bibliografia delle tradizioni popolari italiane.  
Alla sua memoria fu intitolato il Museo Antropologico Etnografico siciliano a Palermo che egli stesso aveva fondato. 
La sua Opera
Giuseppe Pitrè fu formidabile nel raccogliere e catalogare gli ultimi bagliori del mondo popolare siciliano e non solo siciliano. Prima che radio e televisione pareggiassero o quasi le differenze culturali. Come hanno ben notato gli studiosi di etnoantropologia Giuseppe Pitrè si accostò a quel mondo che non era il suo con sguardo di antropologo e quasi con rispetto di figliolo.
La Sicilia, la sua storia, il popolo e i contadini  siciliani, i loro usi e costumi, i canti, i racconti, i proverbi, le feste e quant'altro proveniva da quel mondo fu messo sotto osservazione, ne furono tratte le corrispondenze e quindi le somiglianze o le evidenti differenze con le tradizioni di altri luoghi.
Tutta la ricerca fu eseguita da Giuseppe Pitrè e dai suoi collaboratori secondo i canoni degli studi demologici, cioè traendoli dalla viva realtà, dalla viva voce dei popolani e dei contadini analfabeti.


Questa sua fatica confluì nei due volumi tra il ‘70 e il ’71 di quella Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, pubblicata poi in venticinque volumi fra il 1871 e il 1913, comprendente nelle sue sezioni oltre ai canti, d’amore, di protesta, legati alle stagioni e culture, giochi, proverbi, filastrocche, fiabe, feste etc., anche medicina popolare, leggende, il costume nella famiglia, nella casa, nella vita del popolo siciliano, le pratiche tradizionali dell'agricoltura
, le usanze religiose o superstiziose, tutte le manifestazioni della cultura orale siciliana e i racconti dei cantastorie.
Ma ci fu un limite nella selezione delle varie tradizioni, furono scartate quelle sconce, quelle sguaiate, quelle erotiche che pur erano un filone importante e fiorente nel panorama di tutte le tradizioni. Giuseppe Pitrè e tanti altri studiosi di tradizioni popolari italiani ebbero ripulsione a riportarle, come se la loro considerazione potesse nuocere a tutta l'impalcatura delle tradizioni popolari stesse, suonasse cioè come mancanza di rispetto verso la"patria" Sicilia o la "patria"di ogni singola regione.
Ci sono ancora nel cuore di Giuseppe Pitrè idee romantiche nei confronti delle tradizioni popolari, mentre nel  pensiero suo più lucido vi è una concezione evoluzionistica delle culture, nel senso che primitivo si contrappone a moderno come popolare a colto. Questo atteggiamento nei confronti delle tradizioni popolari viene dall'Europa e innanzitutto dai F.lli Grimm per i quali le fiabe erano "miti decaduti" provenienti dall'India preistorica degli Arii.  Questi due studiosi tedeschi intravidero nei racconti popolari "i frantumi di una antica religione della razza, custodita dai volghi, da far risorgere nel giorno glorioso in cui, cacciato Napoleone, si risvegliasse la coscienza germanica"(I. Calvino, Fiabe italiane, p.x). Con queste premesse era arduo raccogliere e pubblicare collezioni di raccolte di tradizione erotiche.
Ne sperimentò qualcosa il tedesco Federico Salamone Krauss, direttore di Anthropophyteia, rivista di tradizioni erotiche, che venne denunciato e tradotto avanti il Tribunale di Berlino(Raffaele Corso, Estratto dalla rivista di Antropologia, vol.XIX,Fasc.I-II). E' indubbio che Giuseppe Pitrè e il suo illustre collega Salvatore Salomone Marino raccolsero anche queste tradizioni, ma solo recentemente sono stati pubblicati gli indovinelli sconci del primo e i racconti faceti del secondo. 
In effetti le fiabe e i racconti popolari hanno interessato tutte le persone di tutte le età e di tutte le classi o ceti sociali, rozze, raffinate, colte e incolte. I racconti popolari, da millenni, circolano per le varie culture e sottoculture e qualche volta hanno trovato dei grandi interpreti-narratori.
Quando ciò è successo, cioè quando  un racconto viene ottimamente performato esso entra a far parte viva di quel racconto-tipo come variante, e da variante condiziona in qualche modo per l'appresso tutti gli altri interpreti-narratori del racconto-tipo. La storiella, la trama del racconto continua a vivere e a trasformarsi anche se negli ultimi secoli è stata quasi cristallizzata dall'avvento della scrittura. Per nondimeno autori letterari che avevano ripreso le fiabe, prima dei fratelli Grimm, mai e poi mai le avevano raccontate come se fossero destinate soltanto ai piccoli. Giovanbattista Basile e Charles Perrault non si rivolgevano solo ai piccoli, ma anche ai grandi.
Il Pitrè pare a volte consideri i racconti popolari come narrativa per bambini come era usuale nelle classi colte (Aurora Milillo, prefazione a Fiabe Novelle e Racconti popolari siciliani di Giuseppe Pitrè). C'è appunto il precedente delle "Fiabe del focolare" dei F.lli Grimm, un libro di narrativa per ragazzi scolarizzati. Giuseppe Pitrè nella scelta-filtro dei racconti si fa guidare dal "senso comune". Scarta le sconce, ma non disdegna quelle che presentano i costumi del popolo e dei contadini in maniera paludata. Ha repulsione per la sconcezza sguaiata, ma non può fare a meno di presentare dei racconti che alludono blandamente, come apprezza l'ironia, l'arguzia e l'intelligenza dei popolani. Ma sempre racconti di villani sono quelli che va raccogliendo, di gente che vive ai margini, oppressa dai bisogni e che se riesce a sopravvivere lo deve a un  profondo attaccamento alla vita. 
Come sostiene il Cocchiara, l’opera del Pitrè presenta due aspetti, uno storico e l’altro poetico, rivelando “un’umanità viva e vibrante” per cui egli era convinto che era giunto il tempo di studiare con amore e pazienza le memorie e le tradizioni, per custodirle.  Da questo nacque anche la creazione del Museo Etnografico, dove raccogliere tutti i materiali e gli oggetti pazientemente ricercati per la Sicilia, che come detto nell'introduzione, oggi porta il suo nome, ed è ospitato nella palazzina cinese, all’interno del Parco della Favorita a Palermo.
Nel 1990 fu chiamato ad insegnare demopsicologia (come lui era solito chiamare il folklore), quando già aveva acquistato fama e apprezzamenti nell’élite culturale del tempo. Già nel 1894 aveva, infatti, pubblicato la Bibliografia delle tradizioni popolari in Italia, intrattenendo rapporti con i più importanti studiosi specialmente della scuola toscana.
Instancabile studioso, innamorato della sua terra, scrisse anche Palermo cento e più anni fa, prezioso ed introvabile volume, e saggi su Meli, su Goethe a Palermo, sulla Divina Commedia, raccogliendo anche novelle popolari toscane.
La collaborazione con Salvatore Salomone Marino andò oltre, col Lui fondò nel 1880, dirigendola fino al 1906, la più importante rivista di studi sul folklore del tempo, "Archivio per lo studio delle tradizioni popolari", ed intrattenne una fitta corrispondenza con studiosi di tutto il mondo. Queste lettere sono oggi conservate in una sezione del museo etnografico di Palermo e ad esse continuano a rivolgere attenzione come fonti preziose gli studiosi contemporanei d'antropologia.
Per i suoi meriti e la sua fama fu nominato Senatore del Regno il 30 dicembre del 1914, quando anche in America venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le Edizioni Crane, specialmente i proverbi e le fiabe, la cui radice comune a tanti popoli egli aveva esaltato rivendicando in una lettera ad Ernesto Monaci la loro ricchezza linguistica con queste parole: "Che bellezza, amico mio! Bisogna capire e sentire il dialetto siciliano per capire e sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di bocca ad una tra le mie varie narratrici”.
Da sottolineare le  belle pagine dedicate alle storie dì Giufà (personaggio da lui inventato) e alle feste popolari siciliane, di cui piene di poesia sono quelle del Natale e dei Morti.
Cosa successe?
La prima edizione delle Fiabe  ebbe subito dei riconoscimenti internazionali, ma fu accolta inizialmente dal disprezzo e dallo scandalo di letterati e uomini rispettabili locali (Aurora Milillo, ibidem).
"Il dottor Pitrè ha pubblicato quattro volumi di porcherie" scrisse allora la Gazzetta di Palermo.
Lo rammentava lo stesso Pitrè in una lettera del 1914, dove parlava anche dell'indignazione di clienti rispettabili che gli chiedevano come si fosse persuaso a pubblicare "quelle storie" dal momento che gli erano affidate in cura le loro figlie (Raffaele Corso, Reviviscenze. Studi di tradizioni popolari italiane, p.4).  


lunedì 11 gennaio 2016

E' morto l'uomo venuto dal cielo: Ciao David


 
Gennaio Rock, davanti al suo disco testamento un popolo. Tutti i Mondi che lo hanno conosciuto lo rimpiangono e noi terrestri, cuore del Mediterraneo pulsante al centro dell’Universo, riconosciamo questa maschera talmente viva da sembrare anche un uomo. Era molto di più. Ciao David, il cielo che ti ha inviato è tornato a riprenderti, ma tu ci hai dato la tua fantasia in un delirio d’immenso infinito immane. questa è l'Eternità!
Ugo Arioti

domenica 10 gennaio 2016

‘Eppure quando guardo il cielo’

 
‘Eppure quando guardo il cielo’ , è una frase di Anna Frank scritta nel suo diario, nella pagina di sabato 15 luglio 1944...Dovremmo fare di questa frase la ricerca esistenziale della nostra vita, il nostro cammino verso la luce attraversando il ponte del sogno che vorrebbero, uomini senza fantasia, trasformare in una sorta di giostra degli orrori. NESSUNO PUO' CAMBIARE O COMPRARE LA FANTASIA ed è questa l'etica umana della risposta a qualsiasi inflizione e tortura che si camuffi sotto il nome di Stato, Religione, Regime, Cordone sanitario, Ordine pubblico, etc. etc....
"Eppure quando guardo il cielo"
sono la tua stella e mi sento vicino al tuo sogno.
Vorrei cantare e alzo le mie labbra
e sento
e ascolto
e copro col mio intelletto libero
musiche celesti
arrivano dal vento, cullate dalle nuvole.
Angeli che guardano il mio cuore
e lo illuminano d'amore.........
......ancora e sempre.
Niente può distruggere un anima
e il vento è amico del mare
nelle sere d'inverno che muore
nelle prime luci del cielo d'Aprile
e nelle tomaie dei
luccichii
per una sera d'agosto sotto il cielo
rosso del tramonto
dove appare
la vita della parola e l'amica
dell'uomo ingenuo
e sincero
che nell'inverno che finisce
scopre
la rinascita della primavera!
Così guardo sempre il cielo,
Anna....


(Ugo Arioti Omaggio ad Anna Frank)

venerdì 8 gennaio 2016

MICHELE PERRIERA - Breve biografia



• Palermo 1 agosto 1937 – Palermo 11 settembre 2010. Scrittore. Drammaturgo. «La banalità ci sovrasta ovunque e gli intellettuali, a forza di dissacrare, hanno finito per smarrire il senso stesso dei valori».

• «Militò nella cosiddetta Scuola di Palermo, parte integrante del nucleo storico del “Gruppo ’63”. All’epoca aveva ambizioni narrative. Aveva appena pubblicato il romanzo Principessa Montalbo e il teatro era un pensiero nascosto, sfociato (era il 1961) nel dramma Il signor X. Aspetterà il 1970 per fornire la prima prova ufficiale di regista e drammaturgo con la riscrittura e la messa in scena del Faust di Marlowe, da lui ribattezzato Morte per vanto. La svolta grande, e tutt’oggi visibile, avviene nel 1979, quando Perriera fonda la Scuola di Teatro Teatès. Ha trascorso anni corrugati. Ha meditato sul teatro d’avanguardia, che gli appare privo di un rigoroso senso del mestiere, ha misurato l’assenza della tradizione, che per lui coincide con mito e memoria. E allora fonda Teatès, tuttora uno dei gangli vitali di Palermo. Da alcuni anni è riuscito a trovare nei cantieri della Zisa la sua sede stabile. Qui si creano attori e suggestioni» (La Stampa). Tra i romanzi Finirà questa malìa? (Sellerio, 2004), La casa (Sellerio, 2007).
• «Il titolo “La Scuola di Palermo” non fu scelto né da me né dagli altri due scrittori palermitani che la Feltrinelli volle pubblicare insieme a me (Gaetano Testa e Roberto Di Marco, ndr). Quel titolo fu inventato da Valerio Riva, allora caporedattore della casa editrice milanese (…) una novecentesca “Scuola di Palermo” faceva infatti l’occhiolino alla duecentesca “Scuola siciliana” (quella voluta da Federico II e che raccolse molto dei più innovatori scrittori italiani del duecento)».
• «Aveva fatto la scelta di rimanere nella sua città e che da Palermo probabilmente non ha ricevuto l’attenzione che avrebbe voluto (...) Perriera è sempre stato un “ospite” dei teatri cittadini, ormai quasi tutti scomparsi, dal Corallo al Piccolo, dall’Europa fino al Biondo, istituzione con la quale non ebbe mai un rapporto felice. “Qualche volta ho pensato di fuggire, per il silenzio degli addetti ai lavori – disse in un’intervista a proposito dei momenti bui vissuti – Mi ha ferito l’assenza di una solidarietà critica. Ma ho sempre deciso di restare. Ho trovato più esaltante scrivere e fare teatro in un contesto difficile”» (Mario Di Caro) [Rep 11/9/2010].
• Di recente ha parlato dell’aria che si respirava attorno al Gruppo 63 come di un «tanfo da camerino», che faceva subodorare «una spruzzata di colonialismo» nell’atteggiamento dei neoavanguardisti del Nord verso i colleghi siciliani. Il commento di Edoardo Sanguineti: «Per carità, nessun razzismo, questo è solo controleghismo insulare».
• Scomparso dopo una lunga malattia.
• Era sposato con Lisa e padre di Granfranco e Giuditta.
Giorgio Dell’Arti

giovedì 7 gennaio 2016

Amare non è sinonimo di picchiare

Amare non è sinonimo di picchiare
 
Non sapeva cosa significasse l'amore. Aveva forse sei anni, sette, o giù di lì. Non sapeva cosa fosse, ma era curioso di saperlo.
-Mamma cos'è l'amore?-.
-Quando due stanno insieme- disse la madre mentre lavava i piatti. Lo disse con un tono quasi frettoloso, giusto perché suo figlio chiudesse la bocca. Il bambino se ne andò soddisfatto, tuttavia. Per tutto il giorno guardò il mondo come se fosse pieno d'amore: tutte le persone sedute a fianco nel tram, spalla a spalla al bancone di un bar per un caffè, a salire insieme una scala, ad entrare in una porta. Sembravano tutti innamorati e il bambino sorrideva.
Poi una sera i cartoni animati avevano finito di divertirsi in tv e il bambino scese dalla sua cameretta a dare la buonanotte a mamma e papà. Ma quando scese giù in cucina, c'era solo un gran frastuono. Si affacciò furtivo e vide suo padre sbraitare gesticolando fortemente. Tra una parola e l'altra poi lo vedeva tirare degli schiaffi sul viso della madre che piangeva a dirotto. Il bambino pianse e scappò in stanza disperato. La mamma si accorse del piccolo e ancora in lacrime e piena di lividi lo seguì in stanza. La porta della cameretta era chiusa e si sentivano i suoi singhiozzi di sottofondo. La madre allora si rassettò, cercando di asciugarsi le lacrime e aprì piano la porta cigolante. Nel buio della cameretta, tra mille giochi in disordine il piccolo continuava a piangere e mugugnare.
-Ehi piccolo, perché piangi?-.
Il bambino si girò di scatto con gli occhioni gonfi.
-Perché mamma sei una bugiarda. Quello non è amore-.

lunedì 4 gennaio 2016

Isis, curdi e peshmerga, sciiti e sunniti: il glossario del Medio Oriente


Isis, curdi e peshmerga, sciiti e sunniti: il glossario del Medio Oriente

Quali sono le definizioni delle parole e delle sigle che meglio spiegano i conflitti religiosi, militari e politici in corso nella regione mediorientale

 

Sentiamo parlare del Mondo Islamico in tutti i telegiornali per sigle e per idiomi, ma ci sono ragioni storiche e politiche che hanno, oltre agli interessi a controllare il petrolio, complicato e radicalizzato lo scontro interno alle componenti della galassia “islamista” post seconda guerra mondiale. Per aiutarci e aiutarvi nella comprensione di questo sistema abbiamo scelto questo sintetico quadro fatto dalla redazione del corriere della Sera. (Ugo Arioti e Daniela La Brocca)  

 

ALAUITI

O Alawiti, termine coniato dall’amministrazione francese per indicare la setta musulmana sciita dei Nusairī e la regione da essi abitata, fra Tripoli e Laodicea, sopra le falde occidentali del gebel Ansāriyya. Staccata dal Libano nel 1920 ed eretta in amministrazione autonoma con la denominazione di Territorio degli Alauiti, poi di Stato alawita, nel 1922 la regione entrò a far parte della Federazione siriana, dalla quale uscì nel 1924 ricostituendosi come Territorio autonomo degli Alauiti, poi divenuto (1930) Governatorato autonomo di Laodicea. Prefettura della repubblica siriana dal 1935, di nuovo territorio autonomo nel 1939, con la definitiva cessazione del mandato francese (1945) è stata reincorporata nella Siria. Il presidente siriano Bashar al-Assad è alauita. (Fonte: Treccani).

 

CALIFFATO

È stato proclamato il 29 giugno del 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell’Isis che si auto definisce Califfo. Viene usato impropriamente come sinonimo di Isis (vedi sotto alla voce Isis). In passato il califfato è stato una forma di governo adottato dal primissimo Islam, il giorno stesso della morte di Maometto e intende rappresentare l’unità politica dei musulmani, ovvero la Umma.Nel corso di questi secoli, oltre i primi quattro califfi “ortodossi” (definiti, secondo una traduzione impropria, “ben guidati”) e quelli omayyadi di Siria e abbasidi di Baghdad e Samarra, altri due califfati si sono affermati: quello sciita-ismailita fatimide fra il 909 d.C e il 1171, e poi quello omayyade andaluso, attivo tra il 929 e il 1031.

 

CURDI

Popolazione iranica la cui regione storica, il Kurdistan, è attualmente suddivisa fra Turchia,Iran, Iraq, Siria e Repubblica di Armenia. La consistenza numerica dei curdi, di difficile valutazione per la mancanza di dati ufficiali sufficientemente attendibili, si aggira sui 20-30 milioni di persone, distribuite soprattutto fra la Turchia sud-orientale, il Nord-Ovest dell’Iran e il Nord-Est dell’Iraq, mentre assai minore è la presenza curda nella fascia più settentrionale della Siria e nella regione transcaucasica (specialmente in Armenia). I curdi erano suddivisi in numerose tribù patriarcali, dotate di un’organizzazione di tipo semifeudale. Elementi di tale assetto tradizionale sono tuttora presenti. La religione predominante è musulmana di rito sunnita. La lingua è indoeuropea della famiglia iranica, con tre grandi gruppi dialettali: l’orientale, il settentrionale e l’occidentale; il lessico è caratterizzato da numerosi prestiti dal persiano moderno e dall’arabo, questi ultimi quasi sempre per il tramite del persiano o del turco. (Fonte: Treccani)

 

ISIS

L’Isis è lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria,spesso abbreviato in Is, ed è un gruppo terroristico di natura jihadista guidato da Abu Bakr Al Baghdadi. Il 13 ottobre del 2006 venne annunciata la fondazione del Dawlat al Iraq al-Islamiyah (Stato islamico dell’Iraq, Isi). Il 9 aprile 2013, dopo essersi espanso in Siria, il gruppo adottò il nome di Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, conosciuto anche come Stato Islamico dell’Iraq e di al-Sham.Il nome viene abbreviato in Isis o Isil. La s finale nell’acronimo Isis deriva dalla parola araba Sham (or Shaam), che nel contesto di una jihad globale si riferisce al Levante o alla Grande Siria. Il 14 maggio del 2014 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato la sua decisione di usare Islamic State of Iraq and the Levant (Isil) come nome principale del gruppo ma a seconda dei paesi e della traduzione vengono usati acronimi diversi (EI, IS, ecc). L’equivalente arabo, Al dawla al islamiya fi al Iraq wal Sham, può essere abbreviato in Daesh. Isis segue un’interpretazione estremamente anti-occidentale dell’Islam, promuove la violenza religiosa e considera coloro che non concordano con la sua interpretazione come infedeli e apostati. Allo stesso tempo mira a fondare uno stato islamista orientato al salafismo (vedi sotto) in Iraq, Siria e altre parti del levante.

 

JIHAD

Questa parola araba significa esercitare il massimo sforzo. Si riferisce a una delle istituzioni fondamentali dell’Islam e compare in 23 versi del Corano, il testo sacro per i musulmani. Anche se si discute molto sulla sua vera interpretazione, negli ultimi decenni, le scuole coraniche concordano sul fatto che il concetto di Jihad implichi una battaglia contro i persecutori e gli oppressori. Si distingue dunque tra una concezione difensiva, come era tradizionalmente intesa, e una invece offensiva del concetto, propria degli ambienti radicali.

 

PESHMERGA

In lingua curda indica un combattente guerrigliero che intende battersi fino alla morte. Il nome è stato ugualmente usato per una parte dei combattenti autonomisti e indipendentisti curdi in Iraq, appartenenti al Partito Democratico del Kurdistan. In particolare, Peshmerga è il nome ufficiale delle forze armate del Governo Regionale del Kurdistan nella regione semiautonoma (a tutto agosto 2014) del Kurdistan iracheno. Queste forze si sono in passato scontrate con i militanti dell’Unione Patriottica del Kurdistan (ed anche al Partito dei lavoratori del Kurdistan turco, presente nella parte nord dell’Iraq) e con i guerriglieri islamisti di Ansar al Islam; sempre nell’agosto 2014, alcuni battaglioni della milizia peshmerga sono stati integrati nella Guardia Nazionale Irachena, e sono parte della nuova 2a divisione irachena, di base a Mossul. La storia di questi combattenti è però molto più antica: i peshmerga sono stati attivi nei vari sconvolgimenti della storia dell’Iraq dalla sua indipendenza, nella guerra Iran-Iraq, nella prima e nella seconda guerra del golfo. Durante le guerre del Golfo hanno cooperato con le forze speciali dell’Alleanza contro Saddam Hussein, salvando vari piloti e incursori sul loro territorio, e tenendo occupato l’intero V corpo iracheno nel 2003 a nord, impedendogli di schierarsi contro le forze alleate a sud. Hanno avuto e hanno proprie forze speciali, al 2014 in parte amalgamate con l’esercito iracheno. Il termine peshmerga indica anche i combattenti pathani(pashtun) lungo la frontiera dell’Afghanistan.

 

SALAFISMO

È una scuola di pensiero sunnita che prende il nome dal termine arabo salaf al-salihin (“i pii antenati”) che identifica le prime tre generazioni di musulmani (VII-VIII secolo) considerati - dai salafiti - dei modelli esemplari di virtù religiosa. I primi segnali evidenti, e ufficiali, del mutamento ideologico e strategico del Salafismo, da movimento “riformista” e tollerante a movimento “fondamentalista”, si possono forse riscontrare in Tunisia, verso gli anni trenta del XX secolo. In Egitto, la trasformazione del Salafismo avvenne nello stesso periodo, con l’avvento della cosiddetta “Neo-Salafiyya”. 

 

SCIITI E SUNNITI

Come ha spiegato Roberto Tottoli sul Corriere della Sera, la divisione tra sunniti e sciiti risale alla morte del profeta Maometto nel 632 d.C. Per il «partito di Alì», in arabo shi’at ‘Ali , da cui deriva il nome «sciiti», il legittimo successore di Maometto doveva essere ‘Ali, suo genero. E dopo di lui dovevano regnare i suoi discendenti con il titolo di imam. Ma la questione della successione non fu solo politica: per gli sciiti gli imam erano e sono una guida anche religiosa. Per i sunniti, invece, i primi sovrani, chiamati «califfi», furono scelti tra i compagni di Maometto, senza alcun ruolo religioso ma solo con il dovere di garantire l’ideale unità della comunità. Nel corso dei secoli il sunnismo è stato la via seguita dalla stragrande maggioranza dei musulmani, mentre lo sciismo si è a sua volta frantumato in svariate sette circoscritte ad alcune regioni.

 

SHARIA

Legge sacra dell’islam, qual è dedotta dai quattro ‘fondamenti del diritto’: il Corano, la sunna o consuetudine del Profeta, il consenso della comunità musulmana, e il qiyās o deduzione analogica. Si distinguono nella s. le norme riguardanti il culto e gli obblighi rituali da quelle di natura giuridica e politica. Le varie prescrizioni del diritto musulmano sono suddivise dai Sunniti in ‛ibādāt, le pratiche del culto, e mu‛amalāt, il modo d’agire verso gli altri. In alcuni Stati islamici la s. può essere considerata legge civile e penale. (Fonte Treccani).

 

YAZIDI

Popolo di origine curda, costituito da circa 300 mila persone. Il gruppo principale, costituito da 150 mila yazidi, vive in due aree dell’Iraq: i monti del Gebel Singiar (al confine con la Siria) e i distretti di Badinan (o Shaykhan) e Dohuk (nord-ovest del Paese). Il nord-ovest dell’Iraq è l’area originaria del popolo yazidi, insieme all’Anatolia sud-orientale (province di Diyarbakir e Mardin). Sbagliato è trattare gli yazidi come gruppo entico. La parola va riferita infatti a una specifica religione, combinazione sincretistica di zoroastrismo, manicheismo, ebraismo e cristianesimo nestoriano sui quali sono stati successivamente aggiunti elementi islamici sciiti e sufi. Sono stati perseguitati da Isis, oltre 5 mila donne yazide sono state rapite e ridotte in schiavitù dai jihadisti dopo la caduta di Sinjar.

 

 

 

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