venerdì 8 gennaio 2016

MICHELE PERRIERA - Breve biografia



• Palermo 1 agosto 1937 – Palermo 11 settembre 2010. Scrittore. Drammaturgo. «La banalità ci sovrasta ovunque e gli intellettuali, a forza di dissacrare, hanno finito per smarrire il senso stesso dei valori».

• «Militò nella cosiddetta Scuola di Palermo, parte integrante del nucleo storico del “Gruppo ’63”. All’epoca aveva ambizioni narrative. Aveva appena pubblicato il romanzo Principessa Montalbo e il teatro era un pensiero nascosto, sfociato (era il 1961) nel dramma Il signor X. Aspetterà il 1970 per fornire la prima prova ufficiale di regista e drammaturgo con la riscrittura e la messa in scena del Faust di Marlowe, da lui ribattezzato Morte per vanto. La svolta grande, e tutt’oggi visibile, avviene nel 1979, quando Perriera fonda la Scuola di Teatro Teatès. Ha trascorso anni corrugati. Ha meditato sul teatro d’avanguardia, che gli appare privo di un rigoroso senso del mestiere, ha misurato l’assenza della tradizione, che per lui coincide con mito e memoria. E allora fonda Teatès, tuttora uno dei gangli vitali di Palermo. Da alcuni anni è riuscito a trovare nei cantieri della Zisa la sua sede stabile. Qui si creano attori e suggestioni» (La Stampa). Tra i romanzi Finirà questa malìa? (Sellerio, 2004), La casa (Sellerio, 2007).
• «Il titolo “La Scuola di Palermo” non fu scelto né da me né dagli altri due scrittori palermitani che la Feltrinelli volle pubblicare insieme a me (Gaetano Testa e Roberto Di Marco, ndr). Quel titolo fu inventato da Valerio Riva, allora caporedattore della casa editrice milanese (…) una novecentesca “Scuola di Palermo” faceva infatti l’occhiolino alla duecentesca “Scuola siciliana” (quella voluta da Federico II e che raccolse molto dei più innovatori scrittori italiani del duecento)».
• «Aveva fatto la scelta di rimanere nella sua città e che da Palermo probabilmente non ha ricevuto l’attenzione che avrebbe voluto (...) Perriera è sempre stato un “ospite” dei teatri cittadini, ormai quasi tutti scomparsi, dal Corallo al Piccolo, dall’Europa fino al Biondo, istituzione con la quale non ebbe mai un rapporto felice. “Qualche volta ho pensato di fuggire, per il silenzio degli addetti ai lavori – disse in un’intervista a proposito dei momenti bui vissuti – Mi ha ferito l’assenza di una solidarietà critica. Ma ho sempre deciso di restare. Ho trovato più esaltante scrivere e fare teatro in un contesto difficile”» (Mario Di Caro) [Rep 11/9/2010].
• Di recente ha parlato dell’aria che si respirava attorno al Gruppo 63 come di un «tanfo da camerino», che faceva subodorare «una spruzzata di colonialismo» nell’atteggiamento dei neoavanguardisti del Nord verso i colleghi siciliani. Il commento di Edoardo Sanguineti: «Per carità, nessun razzismo, questo è solo controleghismo insulare».
• Scomparso dopo una lunga malattia.
• Era sposato con Lisa e padre di Granfranco e Giuditta.
Giorgio Dell’Arti

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