Che cos’è il Manifesto di Ventotene È uno dei testi fondamentali dell’europeismo moderno ed è molto diverso da come l’ha descritto Giorgia Meloni alla Camera
Che cos’è il Manifesto di Ventotene
È uno dei testi fondamentali dell’europeismo moderno ed è molto diverso da come l’ha descritto Giorgia Meloni alla Camera
Mercoledì alla Camera dei deputati
la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha letto provocatoriamente
alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, il nome con cui è noto il
documento Per un’Europa libera e unita – Progetto di un manifesto,
scritto nel 1941 dagli antifascisti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi
mentre erano al confino sull’isola del mar Tirreno (da qui il nome) in
quanto oppositori del regime. Meloni lo ha fatto per polemizzare sulla manifestazione per l’Europa di sabato a Roma e per distogliere l’attenzione dalle divisioni della sua maggioranza sulla politica estera. Si è soffermata su alcune frasi del testo,
fuori contesto e non lette per intero, per darne un’interpretazione
falsa: in sostanza per presentarlo come antidemocratico, cioè il suo
esatto contrario.
Gli storici considerano in modo unanime il Manifesto uno
degli scritti fondamentali dell’europeismo moderno e che hanno posto le
basi dell’Europa unita: perché la immaginò in senso federale già
allora, in piena Seconda guerra mondiale. Maturò in ambienti di
sinistra, anche se oggi questa connotazione è passata in secondo piano,
ma di una sinistra diversa da quella a cui ha alluso Meloni, cercandovi
tendenze radicali e repressive.
Il testo fu pubblicato nel 1944 grazie al socialista Eugenio Colorni,
che ne scrisse la prefazione e lo stesso anno fu ammazzato dai fascisti
a Roma. I suoi autori, Spinelli e Rossi, sono ritenuti a loro volta tra
i fondatori dell’Europa: tanto che per esempio il palazzo del
Parlamento Europeo a Bruxelles è intitolato a Spinelli (che tra gli anni Settanta e Ottanta fu membro della Commissione Europea ed eurodeputato).
L’europeismo federalista di Spinelli e Rossi è comunque distante da
quello su cui si improntò l’integrazione europea fin dall’inizio, che fu
più verticistico (cioè calato dall’alto, il contrario di federale) e
legato a personalità di un’altra area politica rispetto alla loro, più
moderata (come Alcide De Gasperi, Winston Churchill, Robert Schuman o
Konrad Adenauer). Lo è però anche – e parecchio – dall’ideologia
statalista e sovversiva di cui Meloni ha parlato alla Camera. Allora, quale è il problema di un capo di governo di una democrazia? Nessuno se non è, invece, falsamente democratica e più orientata a ripercorrere vie autoritarie che col fascismo sono sorelle! Spinelli e Rossi non erano comunisti, ma esponenti della sinistra
antifascista critica verso lo stalinismo e l’Unione Sovietica. Spinelli
aveva fatto parte del Partito Comunista fino al 1937, poi ne era uscito.
Rossi aveva idee liberali ed era tra i fondatori del movimento Giustizia e Libertà (di cui furono leader Carlo Rosselli e, dopo il suo assassinio insieme al fratello Nello, Emilio Lussu). Entrambi, durante la Resistenza e l’immediato dopoguerra, avrebbero aderito al Partito d’Azione
(in seguito Rossi fondò il Partito Radicale nel 1955, mentre Spinelli
fu eletto deputato ed eurodeputato da indipendente nelle liste del PCI). Il Manifesto fu scritto con contributi di Colorni e di altri
antifascisti non comunisti in un momento in cui quasi tutta l’Europa
continentale era occupata dalla Germania nazista. È diviso in tre parti.
Le prime due, di Spinelli, sono sulla crisi sociale e su come
funzionerà l’unità europea dopo la fine della guerra. La terza, di
Rossi, è centrata sulle riforme e sull’economia.
Mercoledì alla Camera dei deputati la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha letto provocatoriamente alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, il nome con cui è noto il documento Per un’Europa libera e unita – Progetto di un manifesto, scritto nel 1941 dagli antifascisti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi mentre erano al confino sull’isola del mar Tirreno (da qui il nome) in quanto oppositori del regime. Meloni lo ha fatto per polemizzare sulla manifestazione per l’Europa di sabato a Roma e per distogliere l’attenzione dalle divisioni della sua maggioranza sulla politica estera. Si è soffermata su alcune frasi del testo, fuori contesto e non lette per intero, per darne un’interpretazione falsa: in sostanza per presentarlo come antidemocratico, cioè il suo esatto contrario.
Gli storici considerano in modo unanime il Manifesto uno degli scritti fondamentali dell’europeismo moderno e che hanno posto le basi dell’Europa unita: perché la immaginò in senso federale già allora, in piena Seconda guerra mondiale. Maturò in ambienti di sinistra, anche se oggi questa connotazione è passata in secondo piano, ma di una sinistra diversa da quella a cui ha alluso Meloni, cercandovi tendenze radicali e repressive.
Il testo fu pubblicato nel 1944 grazie al socialista Eugenio Colorni, che ne scrisse la prefazione e lo stesso anno fu ammazzato dai fascisti a Roma. I suoi autori, Spinelli e Rossi, sono ritenuti a loro volta tra i fondatori dell’Europa: tanto che per esempio il palazzo del Parlamento Europeo a Bruxelles è intitolato a Spinelli (che tra gli anni Settanta e Ottanta fu membro della Commissione Europea ed eurodeputato). L’europeismo federalista di Spinelli e Rossi è comunque distante da quello su cui si improntò l’integrazione europea fin dall’inizio, che fu più verticistico (cioè calato dall’alto, il contrario di federale) e legato a personalità di un’altra area politica rispetto alla loro, più moderata (come Alcide De Gasperi, Winston Churchill, Robert Schuman o Konrad Adenauer). Lo è però anche – e parecchio – dall’ideologia statalista e sovversiva di cui Meloni ha parlato alla Camera.
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