Affrontiamo
i problemi della retorica, il confine tra metafora e bugia e la capacità di
attivare o disattivare nella comunicazione la mia responsabilità e quella
dell’altro; cerchiamo di impostare questi problemi con chiarezza e
correttamente in linea generale, lasciando i casi particolari. Non possiamo
pretendere di trovare delle risposte certe.
Ad
esempio, alcuni anni fa in Svizzera, qualcuno si era costruito un rifugio
antiatomico. Il problema era capire come ci si sarebbe comportati nei confronti
di quelli che non avevano il rifugio quando fossero arrivati e avessero
bussato. Come si risponde a questi? Come risponde la formica alla cicala. A
questo punto la formica è responsabile o no? La cicala non avrebbe neppure
dovuto bussare?
Qualcuno
potrebbe dire: chi bussa? Un bambino, un vecchio, un amico? La risposta l’ha
data La Fontaine: non hai pensato a costruirti una protezione contro il
rischio, peggio per te (La Fontaine ha comunque in mente una società un po’
diversa dalla nostra, di tutte le formiche, oggi forse è un po’ diverso).
Perché
in questo contesto è opportuno prendere in considerazione il problema della
retorica?
La retorica nasce sulla disputa (vedere a proposito “La retorica antica di Roland Barthes”, Bompiani); avevano cacciato un certo numero di proprietari terrieri in Sicilia, quando cambia di nuovo la politica questi rivogliono la terra, si formano perciò dei tribunali per risolvere la questione e nascono le argomentazioni. Dovendo sviluppare in un luogo di conflitto delle pretese ad un diritto, che è sempre legato all’obbligo di un altro (i diritti e gli obblighi devono perciò essere distribuiti), nascono delle strategie del discorso. Esse tentano di risolvere il problema della guerra, ossia la retorica tenta di risolvere il problema grazie ad una mediazione linguistica verso la pace (per evitare di risolvere il problema con le armi); la retorica è, quindi, già una forma di etica perché evita la violenza. Quindi si crea un tribunale, si stabilisce un giudice super partes che possa valutare il peso delle argomentazioni. Questo è l’aspetto positivo: si diranno al giudice, di cui si accetta la giurisdizione, le ragioni a sostegno del proprio diritto (si sottolinea anche che di fronte ad un giudice ci si rivolge al proprio avversario in modo impersonale).
La retorica nasce sulla disputa (vedere a proposito “La retorica antica di Roland Barthes”, Bompiani); avevano cacciato un certo numero di proprietari terrieri in Sicilia, quando cambia di nuovo la politica questi rivogliono la terra, si formano perciò dei tribunali per risolvere la questione e nascono le argomentazioni. Dovendo sviluppare in un luogo di conflitto delle pretese ad un diritto, che è sempre legato all’obbligo di un altro (i diritti e gli obblighi devono perciò essere distribuiti), nascono delle strategie del discorso. Esse tentano di risolvere il problema della guerra, ossia la retorica tenta di risolvere il problema grazie ad una mediazione linguistica verso la pace (per evitare di risolvere il problema con le armi); la retorica è, quindi, già una forma di etica perché evita la violenza. Quindi si crea un tribunale, si stabilisce un giudice super partes che possa valutare il peso delle argomentazioni. Questo è l’aspetto positivo: si diranno al giudice, di cui si accetta la giurisdizione, le ragioni a sostegno del proprio diritto (si sottolinea anche che di fronte ad un giudice ci si rivolge al proprio avversario in modo impersonale).
La
retorica, tuttavia, è uno strumento di pace che sta al posto della guerra.
Introietta una serie di problemi bellici, non è un luogo pacificato ma di
strategie e di controstrategie: ossia occupa il luogo linguistico delle armi.
Essa
è una disciplina del linguaggio, delle immagini, degli oggetti, è la capacità
di convincere gli altri con vari mezzi, Marco Antonio che strappa il vestito di
Cesare e dice che le ferite sono come bocche che parlano. Con vari tipi di
“segni” possiamo tentare di persuadere il giudice. È importante che ci sia un
giudice e se non c’è un giudice dobbiamo tentare di convincerci l’un l’altro.
Perciò
la retorica è una disciplina che mira a ristabilire la pace, introducendo nel
linguaggio delle strategie conflittuali. Se uso la violenza per convincere, non
ho bisogno di argomentazioni; quando uso le argomentazioni ho bisogno di
persuadere l’altro.
Paolo Fabri
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