mercoledì 29 maggio 2013

Dall’iniqua ricchezza al vincolo di solidarietà - Vincenzo Porcasi

Parlare della Storia delle società umane è compito degli storici e loro ci raccontano i fatti, secondo un loro schema intellettuale ben definito che stabilisce i codici di ogni azione creando un registro dei buoni e dei cattivi. Ma se un professore di diritto internazionale del commercio ci racconta la Storia? L'interessante assunto ce lo propone l'amico Vincenzo Porcasi che, per raccontarci come si è formato il vincolo di solidarietà che sta alla base di ogni società umana organizzata e"civile", parte dal vangelo di Luca che distingue in Gesù la parte della Divinità dedita alla costruzione di una umanita organizzata e solidale, un programmatore oltre che un Giudice e un Motore dell'umanità. Vi invitiamo a leggere, quindi, con molta attenzione, questo saggio - relazione che ha presentatao a un convegno sul MICROCREDITO nel maggio di quest'anno a Bologna. Per dare la possibilità di leggere e comprendere lo scritto di Vincenzo Porcasi lo abbiamo distinto in due parti, la prima, più storico-didattica, viene pubblicata oggi e l'altra, più mirata al microcredito, la publicheremo tra qualche giorno.
Ugo Arioti

Dall’iniqua ricchezza al vincolo di solidarietà

L’evangelista Luca16,9-15 nel dipingere Gesù l’Emmanuele, lo presenta direi per passi successivi, sia come Salvatore sia come l’ideologo: cioè Colui che è capace di programmare la nuova umanità, quella che rinasce libera dal peccato originale.
A cosa è dovuta l’azione programmatrice, a parte l’evento fondativo della Morte in Croce e quindi della Resurrezione, se non la riattribuzione all’essere umano del compito che fu affidato al Padre Adamo, il nonno comune esistito alcuni milioni di anni fa: quello di dare un nome alle cose.
Compito immane, dare un nome alle cose significa scendere nel profondo delle stesse, individuandone l’identità specifica portatrice di pregnante significato, piena di tensioni e pulsioni concrete, nonché geneticamente uniche e irripetibili e che proprio per questo vanno contestualizzate all’insieme con cui devono e possono relazionarsi, interagendo.
Laddove l’insieme di contesto è la natura del tutto affidata aborigene ad una chiave di lettura che non può essere interpretativa, ma solo applicativa o analogica (metodo del Qyias).
Infatti, le leggi della natura tutte: notte e giorno, azione e riposo, flusso delle maree, materia antimateria, se interpretabili sarebbero modificabili, ma il compito di Adamo cioè la ricerca quale che essa sia attiene solo all’obbligo della comprensione e del recepimento del messaggio insito. Non a quella della conoscenza che porterebbe al dominio capace di modificazione che non può essere attuata, in quanto la tensione creatrice, quella del Santo, Santo, Santo di Colui che è, che è stato e che sarà, è stata fissata e determinata da leggi che sono immodificabili in quanto consustanziali a Dio.
Si possono avere chiavi di lettura, ma solo analogiche. L’albero della conoscenza non è edibile, perché l’opera di dare un nome alle cose, principiata ma mai conclusa, nonostante le curiosità animistiche di nonna Eva, che ricordiamolo una volta per tutte era nera, non potevano superare il vincolo della missione incardinata in Adamo.
Certo, si era stufata nonna Eva di vedere padre Adamo sempre impegnato nella sua primaria ricerca. Innanzitutto, di sé, perché se vuoi identificare l’altro da te, innanzitutto devi conoscere te stesso, definendo i tuoi limiti e quindi accettandoli e con quegli occhiali dare un nome alle cose.
La ricerca di Adamo e il suo contestualizzarsi al circostante, identificava la sua mission e quindi era il presupposto che realizzava la sua gioia, la felicità di cui parla Aristotele.
La tensione sempre nuova, che diviene, a prescindere da noi, perché è Dio stesso che è un perpetuo stare ed altrettanto divenire.
Eva si sentiva marginale in tale contesto, ignorando che marginale non vuol dire minimale. Anzi, significa essere assolutamente uguale a tutte le altre essenze, anzi, essendone l’ultima che è anche la più importante. Il suo compito avrebbe dovuto essere la gioia fisica moltiplicatrice, amplificatrice, riproduttrice, elemento fondamentale orgonico che impregna di sé il nuovo che nasce e che viene; ed, al contempo, riposa dall’assillante compito della ricerca.
Ella è il motore che consente al “noumeno” di divenire “fenomeno”. L’albero della conoscenza per Lei tentata, diventa lo strumento per far avverare la sintesi e quindi liberarla dalla condizione di creatrice del nuovo e quindi, della stessa funzione della ricerca che mai riesce ad esaurirsi. E Ade che si impadronisce di Proserpina, mentre Demetra-Gilgamesh, da inizio alla propria ricerca, cadendo così in pieno nella trappola di colui che si sente Dio, il demonio, ma che non può essere Dio perché non può modificarne l’assetto e la propria legge.
Una Donna: Maria, Miriam, o la Madre di Mitra, o Iside, Piena di Grazia, preesistente all’essere, essenza dell’amore o Santo Spirito, viene temporalizzata per far nascere il nuovo Adamo. L’Uomo/Dio che libera tutti coloro che lo hanno preceduto nella ricerca di dare un nome alle cose, tutti i figli di Ulisse: “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute conoscenza”.
Qui da vicino risponde Omar Quayyam: “La mia casa è aldiquà e aldilà del fiume”.
Quando viene il tempo dell’Avvento, guarda caso il “diritto” sulla Terra si è compiuto, con la nascita del principato romano che si fonda sul principio della “romanitas”, cioè il principio della Lux=lex condita esistente a priori, applicabile al caso pratico per via analogica dal generale al particolare.
Roma tuttavia pratica e ricca di commerci, priva di prevenzioni razziali, estende le regole del suo diritto all’intero universo, attraverso l’azione del suo “Praetor Peregrinus”, preposto a fare giustizia delle patologie negoziali fra lo straniero che in questo senso non è più un barbaro e il Cives, talmente non barbaro che sia pure per ragioni fiscali ed erariali (ma sono le ragioni quelle che identificano i doveri del cittadino a fronte delle opportunità che la cittadinanza offre - teatro, strade, vie, terme, acqua potabile, latrine e vespasiani, istruzione e sanità) viene fatto diventare cittadino con Caracalla, non a caso appartenente ad una famiglia imperiale di origine libica.
Roma era concreta sin dalle origini, quando un branco di ladroni, sia pure di origine “divina” e troiana, (parlo dei Silvi: Romolo e Remo), almeno portatori di “Pietas”, quanto meno verso gli antenati, propongono alle loro nuove eve fondatrici di dar vita ai nuovi quiriti.
Di ciò è traccia ancora oggi ad Anversa, dove il principale monumento è quello dedicato al legionario romano che sconfigge il bruto, il gigante.
Il povero legionario o senatore o equite che ha conquistato un territorio, dedotta la colonia, diceva alla compagna dei tre giorni liberi di stupro, “ma mi vuoi sposare secondo le tue leggi, le tue tradizioni”, facendo così di Lei la nuova matrona. Quella Matrona Cornelia che parlando di gioielli presentava i suoi figli: i due fratelli Gracchi, padri del tribunato e cioè i Padri del partito della plebe.
Certo, facile comprendere come tale affermazione potesse venire da una figlia degli Scipioni, sorella degli Scipioni, dal cui convivio nacque il modello di un futuro impero, in cui un tracio, un africano o un siriaco, o un ispanico, o un illirico potevano essere imperatori e da cui potevano con Caligola superarsi definitivamente i conflitti, per matrimonio, con i persiani e attraverso loro con i cinesi. E gli orti degli Scipioni, esistono tuttavia.
Ma gli appunti sparsi che accompagnano le parole di Luca, si coniugano con la pratica del quotidiano: l’essere umano prima di tutto che vive in un contesto organizzato con punti certi di riferimento viene istruito con la dizione: “Dai a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” che comprende anche l’obbligo di sottoporsi al censimento, strumento esso stesso fiscale. Essere rispettoso del censimento, significa essere rispettoso della Legge, cui tutti siamo sottoposti. E’ consente così, ad un maestro d’ascia il buon Giuseppe di ricevere i doni dei Pastori e dei Magi che gli fanno il “funding” per riparare in Egitto e per consentire a Gesù poi, di crescere in bellezza e in sapienza, non solo un buon ebanista, ma anche un dodicenne che interrogava i Maestri del Tempio. L’Egitto sede dello scibile umano (biblioteca di Alessandria) e a suo tempo della prima banca gestore delle materie prime del mondo occidentale: le fedi di deposito di grano e di cereali rilasciate dai sacerdoti dei templi ai contadini depositanti.
Gesù che andando per le vie del mondo incontra lo sguardo di Zaccheo, l’uomo che per vederlo e non infastidirlo era salito sul sicomoro. Lui, pubblicano esattore delle imposte romane, viene invitato a correre a casa per poi riceverlo con tutto il suo seguito: i Discepoli.
Era una casa abbiente, se dopo ciò Zaccheo avrebbe rifuso il maltolto nel quadruplo, senza peraltro impoverirsi, anzi arricchendosi alla luce di una nuova prospettiva intracomunitaria. La questione biblica di Lazzaro e del ricco Epulone, non è pertinente allo sciupio vistoso di Epulone, quanto alla sua non condivisione.
La rivoluzione francese è contro l’autoreferenzialità dei tre stati nei confronti del quarto stato, la mancanza del principio della crescita comune. La mancata crescita comune è il motivo fondante della rivolta inglese contro Carlo I che dinanzi al Parlamento, esaurite le disponibilità del fisco reale, imponeva imposte e tasse per mero proprio diletto: la guerra contro i parenti francesi che, peraltro, depauperava i traffici dei mercanti inglesi. Infatti, quando Carlo II accetta di non imporre tasse, bensì di regnare ma non di governare, cioè di imporre tasse, senza il consenso anzi, la proposta del parlamento, gli viene immantinente restituita la corona.
Gesù figlio di Davide non cresce in povertà, ma in contenuta dignitosa povertà. Egli è educato alla fatica del lavoro manuale perché ciò distingue l’uomo dal bruto bestiale, ma viene certamente coltivato nella sua qualità di essere umano, ma anche figlio di Dio, nelle scienze dell’uomo e della natura, nella loro simmetria e nella correlativa asimmetria.
I Magi hanno fornito a Giuseppe oro incenso e mirra. Giuseppe è possibile che abbia recuperato presso gli egizi quei reperti portatori della conoscenza umana cui Gesù da essere umano oltre che Dio, si è dovuto applicare come normalmente avviene negli anni più verdi per tutti i figli del popolo di Israele. Gesù figlio di Davide, siede da pari fra tutti i saggi e per questo non riesce ad essere compreso nella sua città e vive durante la sua predicazione, circondato dai suoi discepoli, che manda a casa di colui presso il quale sarà stata preparata la Pasqua.
Maria, invitata alle nozze di Cana, non entra in una casa di miserabili, altri passi biblici ci dicono che per andare alle nozze bisogna essere ben vestiti e profumati. Non sono poveri quelli che accolgono Maria, Gesù e i discepoli, bensì hanno servi e maggiordomi, hanno molti invitati e non l’olio, bensì il vino finisce. Il padrone di casa non può perdere la faccia e quindi la propria dignità anche sociale oltre che quella verso di sé (si può vivere in povertà, ma tenendo la testa alta in dignitosa povertà).
La Madre come tutte le madri, anticipa con la propria dignitosa umiltà sottesa agli sguardi che corrono fra il Magister cerimoniae e i padroni e senza domande chiede l’intervento del Dio vivente, il figlio che soccorrevole interviene risolvendo. Lui, non ha denaro, non ne ha bisogno ma i discepoli hanno un tesoriere Giuda, che provvede alle piccole spese, che forse avrebbe voluto usare quelle disponibilità per armare un esercito e per rifondare la grande Israele e che infine venderà il Maestro che cavalca sul migliore e più versatile degli animali: l’asino.
Ma il denaro comune serve per i poveri e negli Atti degli apostoli, laddove si parla delle prime comunità si sottolinea come le disponibilità fossero distribuite in funzione dei bisogni dei singoli fra tutti i membri delle stesse.
Il cenacolo è parte del convivio, Gesù guarisce la figlia del centurione ed è il capo del manipolo romano che lo riconosce sul trono, redentore della Croce: figlio di Dio.
Le braccia trapassate e sollevate abbracciano l’intero mondo liberandolo. A casa dell’altro Lazzaro, ormai putrescente, egli è atteso e non è casa di poveri, quella di Maria e di Marta che tuttavia indulge a mantenere la dignitas familiare. Ma in Lui, predomina la pietas dello stare insieme. Mai togliere a qualcuno la speranza è il suo insegnamento. Da cui il consiglio al saggio giovine che rispetta più di 600 disposizioni della legge ebraica. Bene, vendi tutto, distribuiscilo ai poveri e poi seguimi, ed il giovane turbato si allontana. Egli non comprende che nell’invito è contenuto il messaggio, non basta l’elemosina o la Zakat, occorre fattiva compresenza, assistenza ed assistenza tecnica atta a ridare speranza e la comunità che deve crescere con l’individuo e non solo l’individuo con tutte le sue sostanze. Egli non è ancora capace di sapere che la dignità conviviale non sarà mai povera. Oggi Yunus col microcredito ridà la dignità del proprio lavoro al paria altrimenti senza speranza che poi diventa inclusione sociale nel “social business”.
Nella scala valoriale accanto ai 4 bisogni fondamentali della alimentazione, della vestizione, dell’abitazione e della locomozione, stando poi i bisogni specifici dell’essere umano: il lavoro e poi l’amore. La questione cardine del lavoro viene affrontata nel mondo occidentale in primis da Diocleziano, l’imperatore illirico. Egli raccoglie lo scettro non più dalle mani di un’evoluzione di forma di Stato o da quella di una forma di Governo, bensì dalla considerazione che la pressione esterna di una massa demografica immane si accalca ai confini, in ciò spinta dall’estremo oriente, dall’altro impero di mezzo, quello cinese, anch’esso in crisi d’identità ed economica. L’impero cinese sa bene da secoli di commercio che fra Persia e mondo romano, si sono accumulate enormi ricchezze, da cui sono scaturite nuove forme di stato e nuove forme di governo capaci di assicurare da Augusto e Caracalla, per i cittadini e per gli uomini liberi dei popoli federati un’elevatissima qualità della vita, sia pure assicurata sull’asservimento della natura e di una parte stessa dell’umanità attraverso il mantenimento della schiavitù,
Ma guerre, pestilenze, devastazioni naturali come l’esplosione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia, hanno drasticamente ridotto la situazione demografica dell’impero. Dai circa 60 milioni di abitanti a poco meno di 20 milioni di abitanti. Le campagne sono abbandonate. La forza di Roma costituita ideologicamente da contadini, grandi agricoltori, allevatori, artigiani e costruttori si esaurisce intorno ai centri urbani, il vuoto attanaglia il circostante. La leva cittadina è venuta meno e sempre più soggetti sono da reclutare per mantenere l’assetto delle legioni. Anche dei popoli amici e federati e poi dai popoli che premono ai confini, alcuni da sempre affascinati da Roma: i Germani, nerbo della guardia imperiale e poi da quelli lontani, semplici invasori, trasformati in difensori perché conquistatisi uno spazio vitale e riproduttivo ricco di elementi hanno qualcosa da perdere dall’arrivo di nuove genti dal lontano oriente[1].
Con Diocleziano, non solo il crollo demografico aveva raggiunto il suo apice, ma anche l’ascensore sociale rappresentato dalla categoria degli equiti, agricoltori e mercanti di tutto, prima schiavi, poi liberti, poi fiduciari, poi equiti e se nel caso pubblicani, non funzionava più.
Marxianamente parlando, non è più quella del controllo dei mezzi di produzione o della relativa proprietà eminentemente all’epoca fondiaria, il tema bensì quello di procurare comunque e quantunque risorse all’erario e al fisco imperiale, da qualunque fonte traessero origine, anche tenuto conto del fatto che gli attori del primo stato, i grandi latifondisti “upperclass” della società imperiale erano sostanzialmente esonerati dal pagamento delle imposte anche se poi erano proprio questi soggetti a favore dei quali lo stato doveva sopportare i maggiori costi per garantire la loro sicurezza.
Diocleziano cristallizza così la società imperiale, secondo un modello di programma che si sta incominciando a riproporre oggi.
Ciascuno è assegnato ad una categoria o ad un mestiere, da cui anche per le generazioni avvenire non potrà più uscire o liberarsi e ciascuno membro della novella corporazione o della congregazione a seconda del censo, deve come categoria assicurare ai due tesori un certo gettito annuo, a prescindere dal reddito effettivamente realizzato nell’esercizio economico nel dato periodo di tempo. Con Giustiniano Imperatore che cristallizza anche il diritto con la sua tendenziale compilazione per tutti i tempi avvenire, per effetto degli enormi lavori pubblici chiamato a realizzare e per effetto della anche inutile antistorica guerra gotica, il prelievo sul reddito non da latifondo arriva al 90%, determinando così il venir meno della qualità del rapporto fra costi e benefici che all’interno di uno stato va assicurato ai cittadini in termini di benefici > dei costi, così come puntualmente avviene nella più grande democrazia del mondo, il Regno Unito, unico, diretto erede della tradizione giuridica romanistica pre-giustinianea.
L’effetto combinato delle politiche dioclezianee e giustinianee, fa sì che gli stessi rappresentanti imperiali in M/O come in Nord Africa si affettassero a chiamare gli amici arabi della penisola, ormai unificata dal Profeta Maometto, per sostituire loro al potere imperiale ricevendone in cambio una piena liberalizzazione finanziaria facendo così diminuire il prelievo sul reddito dal 90% al 10% per i convertiti e al 20% per i protetti fedeli comunque del libro, ferma restando l’esenzione totale per coloro i quali prestassero servizio militare; nonché trasferendo loro la forma di stato e quella di governo di cui erano sprovvisti e dotando il Califfato anche se con “nomen” giuridico diverso dell’appellativo di XIII apostolo, cioè di mediatore con Dio grande e misericordioso, unificante nella Umma (da tradurre con RES PUBBLICA). L’iniqua ricchezza che porta con sé le rivolte contadine in Germania e la trista paura dell’eresia catara sfociata nella crociata contro gli Albigesi, Huss. Dolcino e poi allo sfascio delle riforme di Lutero e di Calvino che portano alla fine tutta la bilancia in favore dell’assolutismo regio cooperato dal primo stato l’aristocrazia di sangue che sopprimendo i benefici ecclesiastici, elimina quel sistema di società mutualistica che viveva intorno ai grandi conventi fondati da Benedetto e Francesco, con l’impagabile aiuto dei monaci irlandesi e così ben descritto nell’apologo del “ciclo della fondazione” di Isaac Asimov, sopprimendo anche le istanze decresciute nel clima dell’interculturlità sopravvissuta alla caduta del regno arabo-normanno-germanico e alla riconquista avvenuta in Spagna, inter alia Mainmonide, Averroè, Gioacchino da Fiore, Tommaso Campanella e Francesco Di Paola.
Pio VII, finalmente sulla via di ritorno per Roma, a Cuneo nelle alpi marittime – territorio albigese – nel tornare a benedire identifica la presenza di una questione sociale, cui la chiesa cattolica dovrà fare fronte e che principierà nell’individuazione qualche decennio dopo con la Rerum “Novarum”.
Intanto, viene scritta “La guerra civile in Francia”, “Il Manifesto del partito comunista” e lo splendido “Il Capitale”, mentre si vanno organizzando le prime società mutualistiche e le prime forme di casse rurali che si evolveranno nelle società cooperativistiche in Olanda, Francia, Regni germanici, Impero Absburgico, Regno di Sardegna e perché no, nelle comunità comunistiche del Regno di Napoli.
Ma dietro il movimento che ispirerà la dottrina sociale cattolica sta anche, l’avventurosa esperienza comunistica dei padri gesuiti nella Guadalupa e nelle “Misione” nell’America Latina dei Guaranì conclusasi con la sconfitta militare e con lo scioglimento della stessa congregazione, voluta dal Marchese di Pombal di cui testimonia il povero Aramis nei tre moschettieri.
L’esperienza delle casse rurali e del fabianesimo sarà molto incisiva ancora oggi infatti, Grameen Bank, vuol dire cassa rurale.
La liberazione delle energie, con il Concilio Vaticano II, nel cattolicesimo porta dritti alla teologia della liberazione, “Hic et Nunc” del fratello “Ti uccido perché ti amo”, liberazione dalle transnazionali e dai brevetti e da tutte quelle nuove forme che il primo Stato assume, cioè il capitalismo puro coniugato con il neocolonialismo, cui fa riscontro nel mondo islamico il modello socialista nasseriano che porta alla nascita delle esperienze apparentemente laiche, in Libia, Egitto, Iraq e Siria, tragicamente poi conclusesi per mano delle cosiddette “primavere”.
Intanto, posto alla base il tema portato avanti da Yunuss, nasce intorno al programma del “Millenium goal” di Kofi Annan il microcredito tunisino, quello libico, quello giapponese, portato avanti fra l’altro dallo “Jica Research Institute”.
Nel mentre la conferenza episcopale polacca avvia soluzione con nuove forme di aggregazione associativa il problema dell’invenduto dei contadini polacchi e mentre la congregazione salesiana espulsi, perché coinvolti nella teologia della liberazione, Don Lutte e Don Gutierrez, forte dello stimolo di Don Gemmellaro, Don Toso, Don Bertone, portano nuovi incroci e metodi di allevamento negli armenti in Brasile e trappeti per la trasformazione dei prodotti agricoli in Libano e in Palestina e mentre l’Unesco e Padre Pittau danno vita insieme al Presidente Ben Ali al microcredito in Tunisia al turismo minerario e all’utilizzo economico dell’ulivo di montagna e alla facoltà di agraria a Bongor in Tchad, in Vietnam, in Sardegna e in Honduras.
Ora mentre in Arabia si stimola la ripopolazione delle campagne con appositi programmi, da noi si mantiene purtroppo poco attivo il credito di esercizio in agricoltura, la relativa assicurazione “fata” e la cambiale agraria cui si accompagnavano benefici fiscali. Intanto però il concetto di iniqua ricchezza, trova riscontro e applicazione nella legislazione anti money laundering, anti birbery e di autoriciclaggio. Solo la ricchezza è  legittima frutto di attività anche meramente speculative, come gli investimenti di portafoglio, purchè siano puntualmente pagate le imposte relative alle transazioni compiute.
Si deve notare come le linee guida fornite dalle parole dell’Emmanuele, collocabili nelle tradizioni dei figli di Israele di una proprietà che affidata ma che compiuto il tempo stabilito doveva tornare alla collettività permea di sé la Sharia islamica che non vieta il commercio e la formazione della ricchezza, che però non è fine a se stessa, bensì pagate le imposte col rimanente occorre far partecipe la comunità per crescere insieme.
Secondo lo specifico umano: qualità della vita e quindi gioia di vivere.
Il combattimento contro l’auto riciclaggio e il riciclaggio, presupposto dell’azione dell’Ocse e delle Nazioni Unite, impregna di sé la dichiarazione del millennio, in particolare la sessione III intitolata “Sviluppo ed eliminazione della povertà” che mette l’accento sulla solidarietà in quanto valore fondamentale ed universale che deve ispirare le relazioni internazionali nel XXI secolo. In conseguenza di ciò, è secondo il modello dei micro finanziamenti diretti alla gente e non ai governi, come avviene fra l’altro, in maniera preclara in Africa da parte delle istituzioni giapponesi, nel quadro della 57a sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite è stata adottata, contro l’iniqua ricchezza e per sopperire alle condizioni drammatiche nelle quali vivono quasi la metà delle popolazioni del pianeta, il 20 dicembre 2002, la Risoluzione A/RES/57/265 con la quale si è decisa la sistemazione effettiva ed immediata del Fondo Mondiale di Solidarietà definendone i suoi meccanismi di finanziamento. Il Fondo che stante la crisi stenta ad avere strumenti finanziari adeguati, riporta alla necessità politica di azionare anche di più il comparto della collaborazione anche per privata. Infatti, numerose iniziative sviluppate anche da Ong e dalla società civile in generale si manifestano anche con doni in natura (anche immateriali), apporto di tecnologie di competenze, partecipazioni di comunità e di individui al lavoro, messa a profitto delle capacità e dalle diverse esperienze in materia di sviluppo e promozione delle comunità più disagiate.


[1] La questione si ripete oggi in ordine alla possibilità di estendere la cittadinanza europea ai nuovi venuti e soprattutto ai loro figli di prima o seconda generazione, in applicazione del c.d. principio dello “Jus soli”, nel contesto di una società ancora opulenta, abituata allo sciupio vistoso, ma che proprio per effetto dello stesso, da qualche decennio non si riproduce più e pertanto non è più in grado di assicurarsi lo stesso tenore di vita che fu immaginato all’atto in cui furono costruiti i sistemi previdenziali.

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