E in fondo era
quello che volevo sentirmi dire
<Sono figlia di una mamma imperfetta. Così
imperfetta che da piccola mi ritrovavo a invidiare le mamme delle mie compagne,
sempre presenti, ordinate, precise, magari un po’ apprensive. La mia no.> disse guardandomi negli occhi
per cercare di capire in anticipo le mie emozioni, ma rispose sua madre, prima
che io mi potessi esprimere. “Gli uomini e la loro lentezza” avrà pensato. <
A volte l’ansia da prestazione travolge le mamme nel desiderio di fare tutto, in casa e al lavoro,
mantenere rapporti sociali, impegnarsi in attività creative, in cucina, nello
sport. Spesso però con uno o più bambini al seguito è difficile rispettare
tabelle di marcia e impegni pressanti, e si finisce per giocare sul tappeto con
i capelli alla meno peggio, magari facendosi recapitare a casa la cena dalla
gastronomia del quartiere. Questo non significa essere imperfette, e nemmeno
sbagliate.> < Mamma! Smettila di cercare scuse. Mi sta bene che sei così,
non ti preoccupare per Giulio! Anche se è un maschio certe cose le capisce.>
Sorrisi e mi avvicinai a Marina.
<
Ma poi che sarà mai questa benedetta “IMPERFEZIONE”?! E’ un modo di essere …>
lanciai, come due dadi di una mano sconosciuta e bastarda, sul tavolo verde.
<E’entrata nella vita di mio padre come un
ciclone.> Continuò Marina e sua madre:<Avevo tredici anni meno di tuo
padre! Ero miss bacio flora allo stabilimento balneare! Tuo padre mi ha …> <
Comprendi? Lei bella, di tredici anni più giovane. Devo dire che ci ha tentato anche ad
uniformarsi al modello di mamma perfetta che la famiglia allargata di mio padre
imponeva. Ma non ci riusciva nemmeno a cannonate. Era più forte di lei! Ricordo
i tuoi pianti notturni, mamma. A un certo punto si sono trasformati in canti a
squarciagola sotto la luna. Forse solo per sopravvivere a una routine che
imprigionava i tuoi sogni, le tue ambizioni. Mentre papà ed io aspettavamo di metterci a tavola, tu eri volata chissà
dove. A cercare erbetta medica per i
tuoi adorati animali (“vorrei essere un coniglio, così forse avresti più cura
di me”, ti rimproverava papà),o a
piantare rose purpuree nel tuo orto. Non mi
hai mai regalato bambole né cucine. “Giochi inutili”, dicevi. Così il mio gioco preferito era
diventato inventare storie e creare film: sceneggiatrice, regista e costumista,
soprattutto, con quello che trovavo nei tuoi armadi stracolmi. Minacciavi
spesso di abbandonarci, e non sei mai riuscita ad amare mia sorella come amavi
me, incondizionatamente. “Sono stata molto male quando l’ho partorita. Tra la
vita e la morte per giorni e giorni e mi sentivo sola” hai ammesso recentemente
con candore. Non mi hai mai imposto né
chiesto di fare lavori domestici. “Dipingimi un quadro, piuttosto. Te lo pago”, mi dicevi. E in
fondo era quello che volevo sentirmi dire … >
Lo sfogo di Marina prosegue! < Quando ti rimproveravo di essere una mamma
imperfetta tu mi dicevi che era giunto il momento di spiccare
il volo, proprio come fanno gli uccelli che lasciano il nido, spinti fuori
dalla mamma se hanno titubanze. Ti ho
desiderata convenzionale molte volte, eppure, lontana da te, mi
sono trovata a piangere a dirotto all’idea di poterti perdere e di non saper
vivere sola. Paura immotivata, tra l’altro, perché stavi benissimo. Finché mi
sono decisa a parlarne con uno psicologo. “Questa faccenda di sua madre le
morde il cuore ... la far star male ed è negativa per il suo Ego”, tagliò corto lui.> Cristina conosceva bene il fuoco che
ardeva dentro Marina e sapeva che la figlia la adorava, nonostante le sue
imperfezioni. Tentò, comunque, di dare e darsi una giustificazione e,
avvicinandosi a sua figlia, la guardò con gli occhi più materni che poteva :< Per svolgere il lavoro di mamma è necessario
sentirsi una donna realizzata che sta bene con se
stessa. Ma come si fa, quando l'orologio è una presenza costante e incombente
nella vita di tutti i giorni? Una delle cose fondamentali è riuscire a ritagliare del tempo per se stesse e per la propria vita
privata, senza sentirsi in colpa perché non si passa tutto il proprio tempo
libero con i figli.> Ma la ragazza sorridendo le rispose:< Tu sei la mia mamma imperfetta di cui ero
innamorata, ma la cui forza continua a farmi paura. Predicavi un
lavoro sicuro, parsimonia, ma poi ti sei sempre divertita a spendere fino
all’ultimo centesimo nelle tue passioni, che cambiano di volta in volta.
Investimenti, li chiami tu. Come quando il merciaio del paese ha chiuso bottega
e tu hai rilevato tutto, accatastando bottoni, nastri, colletti, guantini e
meravigliosi libroni con i campioni di stoffe nel salotto dove io ho imparato
ad apprezzare la moda. Diciamo che la coerenza non è mai stata il tuo forte. Ma
ora capisco come deve essersi sentito spiazzato papà, lui così abitudinario e
impreparato a fronteggiare l’uragano che gli avrebbe cambiato per sempre la
vita. Ovviamente nessuno è riuscito ad
arginati. Il tuo
spirito va più veloce di ogni regola, di ogni affetto. E sei rimasta te stessa.
Il famoso psicologo ti paragonò alla torre di Babele a cui tutto ruota intorno.
Io mi sono sempre rifiutata di spezzare quella catena che mi tiene stretto il
cuore e, purtroppo, spesso mi intrappola la mente nel terrore di aver preso
solo i tuoi difetti. Però so che è grazie alla tua meravigliosa follia se ho
avuto il coraggio di inseguire i miei sogni.>
Non è un racconto originale, ma è tratto da
articoli vari connessi e organizzati a mò di dialogo a tre tra la figlia prediletta, la madre e, come uditore, un ragazzo (possibilmente il suo Boyfriend!). Succede che, nello scrivere e accoppiare le sequenze di un
dialogo immaginato, ho capito che molte cose vanno raccontate e dette perché sono
le pietre miliari del nostro viaggio, sempre uguale nella sua direzionalità, ma
sempre diverso per la varietà di forme pensate, immaginate e sognate da noi,
esseri umani, che crediamo nel dualismo anima corpo e nei sentimenti che li
tengono insieme.
Ugo
Arioti
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